Brasile: una top model d’eccezione per le commesse di Finmeccanica
Elvira Corona
Sei mesi fa era solo un dubbio, oggi è una certezza. Il viaggio della portaerei ammiraglia della nostra marina militare Cavour verso Haiti oggi sembra essere una passerella internazionale per attirare potenziali clienti delle ditte costruttrici.
Sei mesi fa era solo un dubbio, oggi è una certezza. Il viaggio della portaerei ammiraglia della nostra marina militare Cavour verso Haiti, per la sua "missione umanitaria" in soccorso alle vittime del terribile terremoto che ha devastato il paese lo scorse gennaio, oggi sembra essere stato in realtà un viaggio promozionale, una passerella internazionale per attirare potenziali clienti delle ditte costruttrici. E come si fa nel campo della moda quando si organizza una sfilata con modelle bellissime a mostrare gli abiti più significativi di una collezione, così il Governo italiano, Finmeccanica e Fincantieri hanno organizzato la loro sfilata con una passerella lunga 5mila miglia di oceano aperto, con la più splendente delle loro top model, che è andata a farsi ammirare direttamente dal potenziale acquirente prima e ad Haiti poi, tanto c'è sempre tempo per le missioni umanitarie.
All'indomani del terremoto la decisione del Governo italiano di mandare la portaerei ad Haiti, con tappa in Brasile, suscitò diversi interrogativi da parte dei movimenti pacifisti ma anche molti silenzi da parte del mondo politico, opposizione inclusa. Flavio Lotti della Tavola della pace e Francesco Vignarca di Rete Disarmo presentarono numerose e precise domande sull'iniziativa denunciando che, al di là della diffusione mediatica, l'intera operazione era circondata da scarsissime informazioni ufficiali: “Il Ministro della Difesa e il Parlamento chiariscano subito obiettivi, modalità, tempi e costi della missione” – chiedevano in un loro comunicato congiunto. Il Ministro La Russa aveva parlato di “missione di aiuto a tutta la popolazione, ma in particolare ai bambini orfani”.
Le associazioni domandavano anche trasparenza sui costi della missione e il loro sostegno. E a questo proposito sempre il ministro La Russa rassicurava: “La missione ad Haiti si può svolgere grazie anche alla collaborazione di aziende che hanno contribuito a sostenere i costi alleviando anzi quasi annullando la necessità di risorse aggiuntive. Le aziende saranno in grado di coprire il 90% dei costi dell’operazione e si tratta di società come Finmeccanica, Fincantieri, Eni, molte di queste che lavorano con il militare e che hanno realizzato questa nave”. Costi che come aveva dichiarato lo stesso ministro si aggiravano a circa 200mila euro al giorno.
Niente da dire se Finmeccanica, Fincantieri ed Eni fossero delle semplici aziende private; ma è bene ricordare che il Ministero dell'Economia e delle Finanze è invece l'azionista principale che detiene oltre il 32% delle azioni di Finmeccanica e, attraverso Fintecna, più del 99% di Fincantieri. Insomma l'affermazione del ministro sembra voler dire che tanto pagano loro, ma loro siamo noi, i contribuenti italiani.
Come aveva scritto su Panorama il direttore di Analisi Difesa Gianandrea Gaiani, il 22 gennaio scorso: “la missione costituisce quindi un investimento e non solo una spesa poiché porterà anche a un positivo ritorno d’immagine e commerciale per il made in Italy con possibili ricadute in termini di posti di lavoro e di commesse industriali”.
E come dargli torto? La prima conferma in realtà è arrivata già a fine giugno, durante il viaggio del premier Silvio Berlusconi in Sud e Centro America. A San Paolo si sono firmate infatti intese per complessivi dieci miliardi di euro. Il pacchetto di accordi sottoscritto da Berlusconi e il presidente Lula prevede infatti anche commesse per fregate, pattugliatori e sistemi satellitari ad alta tecnologia per il controllo delle coste e dei giacimenti petroliferi per le quali sono in pista Fincantieri e Finmeccanica. Una partita da oltre sei miliardi di euro. Alla quale si aggiunge il progetto delle Ferrovie dello Stato di inserirsi nell’alta velocità brasiliana. E' a Brasilia che si è parlato di accordi commerciali soprattutto nell'area della difesa. I giornali brasiliani hanno scritto che la parte più consistente degli accordi vede come protagonista Fincantieri per la fornitura di navi e di attrezzatura per la perforazione e realizzazione di piattaforme in mare.
La conferma definitiva è nelle dichiarazioni fatte gli scorsi giorni da La Russa alla fiera di Farnborough in Inghilterra – una delle principali rassegne mondiali dedicate all'industria aeronautica e all'aviazione militare – sulle trattative tra Italia e Brasile in materia di forniture militari: Fincantieri e Finmeccanica invieranno al governo di Brasília una proposta concernente la vendita di fregate multi-missione della classe Fremm. L'offerta comprenderà cinque fregate, quattro pattugliatori e un rifornitore d'appoggio.
Il presidente e amministratore delegato di Finmeccanica, Pier Francesco Guarguaglini, ed il direttore generale, Giorgio Zappa, nel corso della conferenza stampa sulle attività del gruppo aerospaziale italo-britannico-americano, alla giornata inaugurale salone aerospaziale di Farnborough hanno detto che nel 2011 il gruppo si aspetta ordini superiori ai 22 miliardi di euro, dei quali il 51% provenienti dai Paesi non domestici. Zappa ha dettagliato l'espansione in Turchia, India e Brasile e riguardo a quest'ultimo ha detto che si tratta di un Paese che "purtroppo avevamo abbandonato ed ora è invece tornato di grande moda" anche in vista di due avvenimenti sportivi che organizzerà nei prossimi anni: i Campionati del mondo di calcio nel 2014 e le Olimpiadi nel 2016. "Stiamo tornando anche con il settore navale e speriamo che già nel 2010 parte di queste commesse possa essere contrattualizata". Il presidente Guarguaglini ha ricordato che in Europa "tutti i governi prevedono di ridurre i loro budget per la difesa e questo è un segnale negativo, ma la nostra strategia potrà attenuarne l'impatto".
I segnale positivi per Guaraglini invece arrivano dalla nuova corsa agli armamenti che sembra interessare ultimamente il Sud America e proprio il Brasile in particolare. La maggioranza dei pesi del Sud America ormai ha un governo che si definisce progressista e per questo sempre più riluttanti nei confronti della presenza statunitense, che si sta concentrando però in maniera significativa in paesi “amici” come la Colombia dove stanno aumentando basi militari statunitensi dislocate in tutto il territorio, con la giustificazione di combattere il narcotraffico.
Ma gli equilibri tra i paese sono molto precari, e a tentare di mantenere una leadership nei confronti delle strategie yankee è proprio il Brasile che da tempo mira a svolgere un ruolo guida del Sud America, giustificando il suo protagonismo perché in effetti è il paese più ricco dell'area e quello con una crescita del Pil annuo maggiore. Parametri che hanno poco a che vedere col progressismo, ma poco importa. Da non sottovalutare che secondo l'ultimo Rapporto al Congresso degli Stati Uniti d'America predisposto dal Congressional Research Service, l'ufficio studi della Library of Congress dal titolo "Conventional Arms Transfers to Developing Nations 2001-2008" l'Italia si appresta ad essere il secondo Paese al mondo per esportazione di armamenti, merito anche della promozione del made in Italy e da ora in poi anche grazie alla top model Cavour.
Fonte: Unimondo.org
26 luglio 2010