Kabul: conferenza capitale!


Emanuele Giordana - Lettera22


In una sola strada decine di poliziotti, soldati in assetto di guerra, forze speciali di esercito e polizia, 007… a protezione di una città fantasma o di 50 ministri e 20 sottosegretari che stamattina arriveranno per la prima Conferenza internazionale che si tiene a Kabul?


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Kabul: conferenza capitale!

Kabul –  Il soldato afgano delle forze speciali non ha nulla da invidiare a un militare della Nato: mitragliatore e cartucciera, scarponi da montagna, ginocchiere e giubbotto antiproiettile. L'elmetto ben calcato in testa e lo sguardo torvo, ci apostrofa rudemente in dari: “Che fate per strada? Non sapete che ci sono i talebani”?

L'invito ad affrettare il passo è perentorio  e non è difficile metterlo in pratica perché, in questa capitale asiatica di almeno quattro milioni di abitanti – oltre la metà dei quali forse profuga da trent'anni di guerre – per strada non c'è nessuno. Dalla rotonda di Massud a quella di Wazir Akbar Khan, forse quattrocento metri di strada, contiamo solo decine di poliziotti, soldati in assetto di guerra, forze speciali di esercito e polizia, 007. Girano soltanto dei ragazzini in bicicletta e una famiglia allargata che chissà dove va. Attraversa leggera un'infinita sequenza di geep e gipponi, pick up corrazzati, torrette girevoli, suv coi vetri oscurati che sgommano senza necessità. I nuovi blindati americani che adesso hanno le insegne dell'Ana, l'esercito nazionale afgano, ma che sono in tutto e per tutto identici a quelli usati dai militari stellestrisce, sono arrivati in città due giorni fa e presidiano l'intero centro avvolto, da ieri, in un'atmosfera surreale: a protezione di una città fantasma o di 50 ministri e 20 sottosegretari che stamattina arriveranno per la prima Conferenza internazionale che si tiene a Kabul? Proteggono gli afgani o il più grande raduno di diplomatici che si sia mai tenuto nella capitale dell'Afghanistan dalla  morte di re Zhaer Shah?

La flottiglia dei 400 giornalisti accreditati è in spasmodica attesa del proprio “passi” per poter varcare la soglia di quella sorta di città proibita che racchiude la sala stampa allestita davanti al ministero degli Esteri. Appuntamento alle sei e mezza di mattina: un'ora, commentano i colleghi, ideale per sorbirsi qualche razzo (di solito lanciato all'alba), biglietto da visita che attesti la sorveglianza occulta dei talebani. Le autorità hanno già messo le mani avanti: tutto il possibile è stato fatto, ma…L'occasione è ghiotta e i cecchini sui tetti, gli attendamenti sulla collina di Wazir Akbar Khan che osservano la città, gli elicotteri che ossessivamente ne percorrono il cielo, l'aerostato bianco che vede e provvede potrebbero davvero poco se, come si teme, la guerriglia avesse già infiltrato decine di kamikaze che, in punti diversi della città, stanno per preparare l'inferno. L'argomento però non è all'ordine del giorno. Si sa ma non si dice.

In una saletta affollata di donne all'Hotel Serena si parla d'altro. Non dei 15 miliardi che l'Afghanistan chiederà oggi alla comunità internazionale, né del miliardo che Karzai vuole ottenere per “comprare” 36mila combattenti in armi. Alla viglia della Conferenza, le donne e le organizzazioni della società civile, hanno fatto il diavolo a quattro per avere voce in capitolo. E ce l'hanno fatta. L'annuncio è che, tra i 50 ministri, si farà spazio anche per un esponente della società civile, formula vaga ma che sta ad indicare le associazioni senza potere che forse lavorano davvero per ottenere pace e garanzie. Al tavolo di fonte alla vasta platea, sono venuti a sentire le loro ragioni personaggi di rango: il nuovo inviato dell'Onu, Staffan de Mistura, il ministro delle Finanze di Karzai, lo scialbo rappresentante della Ue e lo ieratico Ashraf Ghani, artefice del piano che oggi sarà sottoposto alla comunità internazionale.

I documenti preparati dagli sherpa sono già pronti ma De Mistura promette: “entro sei mesi, non entro sei anni, ogni linea programmatica del nuovo piano di sviluppo conterrà un riferimento alla società civile e alle questioni di genere”. Rintuzza, il nuovo inviato dell'Onu da poco atterrato a Kabul, il timore che circola da giorni tra molti afgani, specie se di sesso femminile: cosa accadrà se si farà un accordo coi talebani? Che succederà dei diritti acquisiti, qui manifestamente disegnati dai veli drappeggiati sulla testa e non dal burqa azzurro, paesaggio femminile tipico delle campagne? Samira Hamidi però, una delle figure di riferimento di un vasto network di organizzazioni femminili, è raggiante. Aver ottenuto lo scranno e il diritto di parola al summit dei grandi è comunque una conquista. E sarà una donna a rappresentare associazioni, Ong e reti sociali. “E sarà una donna della provincia”, dice indicandoci l'unica donna col burqa che abbiamo notato al consesso del Serena. “Viene – aggiunge – da Kandahar”.

Ghani, un abito di foggia tradizionale ma di ottima sartoria con qualche concessione, la camicia coi polsini, alla moda occidentale, rassicura. Ma la parabola di questo personaggio, a metà tra un Gandhi afgano e un finanziare di Wall Street, è un po' paradigmatica di com'è questo strano paese. Formazione negli Stati uniti, ottimo inglese, un buon incarico alla World Bank, diventa ministro dell'Economia nel gabinetto di Karzai. Ma la luna di miele dura poco. Tanto che, appoggiato da Washington, tenta, l'anno scorso, la scalata alla presidenza. Perde ma poi Karzai lo richiama proprio a preparare il summit di oggi. Alleanze. Quale sarà la prossima?

Fonte: Lettera22

Emanuele Giordana da Kabul dove stamane si apre la prima Conferenza internazionale sulla ricostruzione della capitale afgana 

20 luglio 2010

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