Afghanistan, le pulci alla corruzione


Emanuele Giordana - Lettera22


Una Ong afgana, Integrity Watch Afghanistan, pubblica, alla vigilia della Conferenza dei donatori di Kabul sulla governance, un dossier sulla corruzione nel Paese di Karzai. Quadro oscuro con molti buchi neri. Ma anche qualche segnale positivo.


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Afghanistan, le pulci alla corruzione

Kabul – Il governo afgano è il maggior responsabile della corruzione ma è anche la risorsa con la quale combatterla.

A meno di una settimana dalla Conferenza dei ministri degli Esteri che sostengono Karzai e che si tiene a Kabul martedi prossimo, il dossier di una piccola ma agguerrita Ong afgana butta il sasso nello stagno. Un  sondaggio eseguito in 32 province su un campione di 6500 persone, documenta la corruzione quotidiana che investe un paese in guerra. Non dunque i grandi numeri delle mazzette sulle grandi transazioni finanziarie, ma la tangente quotidiana che viene pagata dal popolino quando ha a che fare con  tribunali, polizia, rinnova la patente, chiede accesso all'università. Un quadro a tinte fosche ma da cui emerge un dato positivo e forse inaspettato: gli afgani credono che lo Stato, al netto dell'accusa che sia proprio il settore pubblico quello in cui la mancetta vige sovrana, sia uno degli attori principali per combattere un fenomeno che vale almeno un miliardo di dollari l'anno e che costella, quasi quotidianamente e trasversalmente, la vita dell'uomo della strada.

Dietro Kolola Pushtà a Sharenaw, nella piccola ma accogliente sede di  Integrity Watch Afghanistan, Ong già nota per diverse ricerche sulla trasparenza e per avere denunciato l'opacità con cui il governo tratta gli affari che riguardano le miniere, i due condirettori Yama Torabi e  Lorenzo Delesgues, puntualizzano:  “Il governo ha accolto il nostro dossier con sospetto mentre avrebbe dovuto vedervi il dato positivo, e cioè la spinta a fare meglio e di più  che viene  da cittadini che dimostrano ancora fiducia nelle istituzioni. La corruzione quotidiana al contrario ne mina la credibilità e fornisce ai talebani una carta da giocare”. Il documento circola tra ambasciate,  Ong,  media afgani e internazionali e fornisce il background non ufficiale della conferenza incentrata sulla governance cui partecipano una quarantina di ministri degli Esteri (tra cui Franco Frattini) e  il segretario dell'Onu Ban Ki-moon.

Il corposo dossier di Iwa spiega nel dettaglio che per l'afgano medio la corruzione (dopo l'insicurezza e la disoccupazione) è la terza preoccupazione e che per sette cittadini su dieci il governo fa troppo poco per combatterla. Per la stessa percentuale è il settore pubblico la sentina di questo malaffare che invece si crede  interessi solo marginalmente le organizzazioni internazionali (lo pensa solo il 5% rispetto al 14% nel 2007). “Un dato su cui l'afgano medio sa poco – precisa Delesgues – mentre forse sulla quantità, trattandosi di grandi transazioni finanziarie, incide ben  più del  miliardo pagato dal cittadino che vede ogni giorno esempi di corruzione spiccia”,  piccola ma costante ruberia quotidiana. Colpiti sono i più poveri come reddito e coloro che vivono prevalentemente nei villaggi. Chi ha pagato più mazzette (in totale, e direttamente, un afgano ogni sette) lo ha fatto per problemi con la giustizia, la polizia e per fare carte di identità o passaporti. In cima alla classifica dei più corrotti figurano così i ministeri di  Interni e Giustizia e all'ultimo posto (sorpresa) le aziende di Stato. Ma un dato interessante riguarda anche le mance pagate per ottenere diplomi o accesso all'università: meno ricorrente ma più elevato come cifre pagate (se mediamente si spendono  135 dollari per corrompere giudici o poliziotti, se ne pagano 218  per avere accesso all'università e, in molto casi, persino all'istruzione primaria e secondaria) il segmento  indica un desiderio in crescita di accesso a questi servizi.

Se il quadro è nero, l'afgano medio considera però che lo Stato debba e possa farcela: l'84% pensa che Karzai sia in grado di vincere la partita della corruzione contro un 11% che crede il contrario. E sette su dieci stimano che il procuratore generale e il ministro degli Interni potrebbero riparare le falle della macchina giudiziaria e del settore pubblico. Il 67% infine considera i governatori attori in grado di risolvere il problema. Karzai, indica un'altra parte del sondaggio, è addirittura considerato il più affidabile tra i politici, seguito da Ramazan Bashardost (una delle sorprese alle ultime elezioni) con un notevole distacco sui signorotti della politica e della guerra afgani, come Ismail Khan o Rashid Dostum. Società tradizionale e molto religiosa, l'Afghanistan premia anche i mullah: il 55% li considera, a pari col governo, i possibili protagonisti della lotta alla corruzione, seguiti dall'Onu e dalle organizzazioni internazionali, dalla stampa, dal parlamento e dai leader tribali.  Infine la guerra: 50 intervistati su cento pensano che la corruzione stia aiutando i talebani  (la percentuale di “non so” è elevatissima: 41%).
Il dossier è molto parco di opinioni ma indica diverse soluzioni: il problema della corruzione riguarda in particolare le corti di giustizia e i contenziosi sulla terra ma anche la possibilità di accesso a informazioni, archivi e documenti che resta bassissima. Nuove leggi sulla trasparenza sarebbero d'aiuto. A costo zero.

Fonte: Lettera22

15 luglio 2010

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