Ritorna la P2 nel giorno del silenzio dei giornali?
Roberto Morrione
Il messaggio della giornata del silenzio capovolge l’assunto di quanti temevano un effetto controproducente per chi invoca il diritto di parlare e denunciare nei confronti di coloro che vogliono imporre il bavaglio alle notizie.
Alle volte niente fa più rumore del silenzio. E’ avvenuto nel giorno dello sciopero contro la legge bavaglio voluta a ogni costo dal premier e dalla maggioranza che governa il Paese. Ben al di là dei soliti “giornali crumiri”, Il Giornale, Libero, Il Foglio, Il Riformista, Il Tempo, che ammantandosi di pretestuose motivazioni si sono allineati alle posizioni del potere, magari per lucrare un po’ di copie in più, il silenzio della stampa, di gran parte dei telegiornali, dei siti web, ha comunicato agli italiani il significato di una legge liberticida che, prima ancora dei diritti dei giornalisti, ferisce a morte la possibilità per i cittadini di conoscere la realtà in cui vivono, il volto nascosto di chi tradisce le leggi e il mandato ricevuto. Il messaggio della giornata del silenzio capovolge l’assunto di quanti temevano un effetto controproducente per chi invoca il diritto di parlare e denunciare nei confronti di coloro che vogliono imporre il bavaglio alle notizie.Certo, in quella giornata ben poco si è saputo dell’arresto di Flavio Carboni, antico protagonista ( più volte assolto) di vicende che hanno segnato la Repubblica, coinvolgendo la P2, il fallimento del Banco Ambrosiano, l’uccisione del banchiere Calvi sotto il ponte londinese dei Frati Neri, i rapporti fra le finanze vaticane, la massoneria e la mafia, speculazioni che coinvolgevano la banda della Magliana, fino ad affacciarsi all’”affaire” Moro e al rapimento di Emanuela Orlandi. Ora Carboni è stato arrestato insieme con due notabili campani, Pasquale Lombardi e Arcangelo Martino, su mandato della Procura di Roma, nell’ambito di uno stralcio dell’inchiesta sugli appalti dell’eolico in Sardegna, che vede indagati il Presidente di quella Regione, Cappellacci e Denis Verdini, deputato e coordinatore del PDL. I tre arrestati sono accusati di associazione a delinquere e di violazione della legge Anselmi sulle associazioni segrete, che colpì a suo tempo le finalità eversive della loggia P2 di Licio Gelli. Carboni, Lombardi e Martino sono accusati fra l’altro di aver tentato di influire nel 2009 sulla decisione dei giudici della Consulta in merito al lodo Alfano e di aver compiuto manovre per far presentare alle elezioni regionali in Campania il sottosegretario Cosentino, cercando inoltre di favorirlo nell’iter giudiziario sulle accuse di collegamento con la camorra casalese per le quali la magistratura chiese invano il suo arresto al Parlamento.
A quanto si è saputo dall’ordinanza del Gip romano, le intercettazioni hanno avuto un ruolo decisivo nelle indagini.L’assenza di queste notizie nella giornata del silenzio è molto significativa per chiunque abbia una minima capacità di ragionare: se fosse operativa la legge bavaglio sulle intercettazioni approvata dal Senato e ora all’esame della Camera, dell’intera vicenda giudiziaria, delle sue motivazioni, dei suoi contenuti non si saprebbe nulla, almeno fino a un rinvio a giudizio dai tempi e dai modi assai incerti. E altrettanto si può dire delle tante inchieste giudiziarie che ormai dilagano ogni giorno all’insegna della corruzione, del sistema clientelare delle varie “cricche” di sottogoverno, dagli appalti dei Grandi Eventi al Trani-Gate pendente al Tribunale dei ministri, che vede indagato l’ex-commissario Agcom Giancarlo Innocenzi insieme allo stesso Berlusconi, accusato di minacce e concussione, all’inchiesta della Procura di Perugia che vede coinvolti ex-ministri quali Scajola e Lunardi con la Propaganda Fide del Vaticano…
Fino alle intercettazioni che sostengono l’inchiesta sugli appalti di Trenitalia in corso a Napoli, dalle quali emergono i dialoghi fra imprenditori che ridevano di lavori malfatti o truccati, sulla pelle dei viaggiatori ignari, come nello squallido quadro delle risate “imprenditoriali” nella notte del terremoto a L’Aquila.E’ il silenzio tombale su questo sistema di sottopotere criminale che il governo cerca di ottenere con la legge sulle intercettazioni, usando il sacrosanto diritto alla privacy, peraltro già protetto dalle leggi vigenti, come copertura per attaccare a tenaglia i due strumenti previsti dalla Costituzione per il controllo sociale del potere e l’eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge, cioè l’autonomia dei Pubblici Ministeri e la libertà di stampa. Per la sacrosanta difesa della privacy, infatti, basterebbero poche misure di selezione e controllo a monte da parte della magistratura, a conclusione della fase istruttoria, per impedire abusi sulle intercettazioni che esulino dai procedimenti in questione, integrati da rigorosi controlli “a valle” da parte delle organizzazioni dei giornalisti.Come inutilmente i rappresentanti dei magistrati e dei giornalisti hanno chiesto…Le contraddizioni in cui si dibatte la maggioranza, con il crescente isolamento del premier rispetto all’ala di Fini e per alcuni aspetti alla stessa Lega, come per l’esito del grottesco caso Brancher, la pressione esercitata dal Presidente Napolitano, ben più forte dell’abituale “moral suasion”, non devono indurre a un facile ottimismo.
La posta in gioco è altissima, anche considerata l’incognita delle inchieste delle Procure sulle stragi e la trattativa con la mafia negli anni ’90 sempre pendente sul premier e sul suo consigliere Dell’Utri. L’assoluzione del braccio destro e antico consiglieredi Berlusconi da parte della Corte d’Appello di Palermo dall’accusa di avere trattato con la mafia dopo il ’92, quando emerse la nuova formazione di Forza Italia, non elide la conferma della condanna per concorso esterno in associazione mafiosa che gli è stata inflitta, ponendo enormi interrogativi sulla stessa nascita e la crescita negli anni dell’impero mediatico di Berlusconi, che ebbe Dell’Utri come essenziale protagonista. E resta sospeso l’inquietante interrogativo su quella frase di Dell’Utri quando, dopo avere nuovamente definito “eroe” il mafioso Mangano, che non aveva ceduto alle pressioni dei magistrati per accusare Berlusconi, ha sostanzialmente detto “non so se al suo posto mi sarei comportato allo stesso modo”…E’ stato un inciso casuale o un messaggio,magari nella prospettiva di una definitiva condanna in Cassazione, con conseguente prigione?Inquietante e complessa, dunque, la partita in corso sulla Giustizia e l’informazione. Lo sciopero del 9 Luglio e l’esigenza di sviluppare nelle prossime settimane una più vasta mobilitazione dell’opinione pubblica, contro la disinformazione tuttora operata dalle televisioni e dai giornali espressione del conflitto d’interessi del premier, ne segnano uno snodo decisivo.
Fonte: Liberainformazione
10 luglio 2010