Viminale sommerso dalle vostre mail. E la protesta monta anche sul Web


Giuseppe Rizzo


Posta elettronica dell’interno fuori uso. Troppi messaggi a sostegno dell’iniziativa de l’Unità pubblicata anche sul nostro sito (in allegato). Mobilitazione su facebook. Scrivi sulla mano “Stop al massacro degli eritrei in Libia”.


CondividiShare on FacebookTweet about this on TwitterEmail to someoneGoogle+
Viminale sommerso dalle vostre mail. E la protesta monta anche sul Web

Esperimenti di una giornata di mezza estate. Il primo lo propone Marina Glado: «Stacchiamoci dai ventilatori. Scendiamo in strada, o usciamo da sotto l’ombrellone. Quanto resisteremo in questa giornata infernale? Gli eritrei che abbiamo ricacciato in Libia lo stanno facendo per giorni in un lager, nel deserto». Il secondo lo avanza Vincenzo Perone: «Io propongo, da qui a stasera, di non mangiare né, soprattutto, bere. Poi, quando saremo stremati, riflettiamo sul fatto che dei profughi non mangiano e non bevono da giorni, nel pieno del Sahara». Entrambi scrivono sulla nostra bacheca Facebook dopo aver letto l’inchiesta sulle centinaia di eritrei e somali prigionieri nel campo di detenzione di Sebha e l’appello per farli liberare. E sono solo due tra le centinaia che ci stanno scrivendo in queste ore. Chi con rabbia, chi con pena, chi con ostinazione. Alcuni hanno anche deciso di scriverselo sui palmi delle mani – 'Stop ai massacri in Libia' – e di inviarci le loro foto. Noi avevamo proposto di scrivere una mail e indirizzarla al ministero dell’Interno. «Ma hanno la posta piena, non me lo fa mandare», avvisa Barbara Siringo. Le fa eco Elena Brindani: «Ho mandato la mail all'indirizzo segnalato su l'Unità, ma è stata respinta, come posso fare? Non posso starmene zitta, non me la sento proprio». Passano pochi secondi e Barbara Costanzo suggerisce l’alternativa: «Appena spedita. Provate anche a questo indirizzo presente sul sito del ministero: corrispondenzaviminale@interno.it». «Ma figurati se al ministro dell'Interno gliene importa qualcosa della fine che fanno quelle persone – aggiunge però Barbara Rocca – a morire ce li hanno mandati lui e i suoi sodali, lo sapevano già da subito cosa sarebbe successo, ma i soldi che fanno col governo libico sono più appetibili di qualche centinaio di 'negri' morituri, e a parte tutto, la sede dell'Onu in Libia pensavate che l'avessero chiusa per cosa?» Interrogativo feroce, che però si pongono in molti. Concetta Lucia Lenza scrive: «Purtroppo l'Italia lo sa! Ha contribuito ad aprire la porta di quel lager e adesso contribuisce a richiuderla alle loro spalle! Mai avrei creduto di dovermi vergognare dell'Italia! Il silenzio della Chiesa poi, mi indigna e mi imbarazza». E più passano le ore, e più su questo silenzio si abbatte la condanna degli internauti. «Il vaticano tace… è troppo impegnato a cercare di stendere veli sul proprio operato», scrive Renato Azioni. «Ma nessuno potrà dire non sapevo – commenta Anna Maria Cappelli – E' questo l'accordo firmato due anni fa con Gheddafi?» Che sia questo o no, come ha scritto Gian Luigi Riccardi, «se si firmano accordi col diavolo, è naturale che quello spalanca le porte all’inferno».

Fonte: l'Unità

4 luglio 2010

CondividiShare on FacebookTweet about this on TwitterEmail to someoneGoogle+

Lascia un commento