Sahel, allarme sulla via della sete


Gigi Donelli


Continua l’emergenza siccità nel Sahel. L’allarme lanciato dal vice segretario generale dell’Onu Holmes ha messo in allerta i meccanismi dell’intervento umanitario.


CondividiShare on FacebookTweet about this on TwitterEmail to someoneGoogle+
Sahel, allarme sulla via della sete

Sulla strada di Maiduguri la sete si misura in chilometri. Chilometri da percorre per bere, per raccogliere e portare l'acqua a casa, per dissetare le bestie che sono la ricchezza delle comuità fulani che abitano questa terra di confine. Chilometri che crescono regolarmente, via via che la stagione secca prosciuga quest'angolo di sahel, letteralmnete incastrato tra i confini invisibili della Nigeria e del Niger, ma anche del Ciad e del Camerun.
 
L'allarme dell'Onu
Precipitazioni scarse nella stagione 2009, cattivi raccolti in autunno. La regola di un'agricoltura di sussistenza priva di sistemi di irrigazione ricade sulle popolazioni locali da una stagione all'altra. Minor racolto vuol dire, anche, minor contante in tasca per raggiungere i mercati e pagare chi l'acqua la vende. I pozzi conosciuti vengono spremuti, le comunità vigilano preoccupate per impedire i furti ma le tensioni aumentano, e intanto i pozzi nuovi devono scendere sempre più in basso per pescare l'acqua. L'allarme lanciato dal vice segretario generale dell'Onu Holmes ha messo in allerta i meccanismi dell'intervento umanitario. Impediranno la carestia ma non potranno portare le piogge e rendere meno faticosa la ricerca quotidiana.
 
Tra i fiumi invisibili
Per chilometri percorro in auto strade dove si alterna l'asfalto e una terra pallidissima. Il caldo è terribile e il vento che soffia da nord strappa l'umidità dalle persone e dalle cose. Tra lo stato nigeriano di Borno, quello nigerino di Diffa, "l'extreme-nord" dell'altrimenti verdissimo Camerun e il Chad meridionale c'è uno spazio grande come l'intero Portogallo dove 5 milioni di persone vivono disperse in migliaia di piccoli villaggi nell'equilibrio incerto della sete. Qui dove la povertà è la norma il ciclo della pioggia colpisce come un maglio: il Chari, il Koussèri e gli altri fiumi segnati sulle mappe sono solo memoria recente dell'acqua tanto attesa. Aspettando l'acqua intere famiglie scavano nel letti asciutti dei fiumi stagionali per cercare le ultime tracce del prezioso liquido.
 
Il pozzo di Kesawa
Nell'angolo nord-orientale del paese più ricco di petrolio e gas dell'Africa sub-sahariana, metà della popolazione passa giornate intere a raccogliere acqua. Taniche gialle da 20 litri o semplici recipienti del bucato sono i compagni inseparabili di donne e bambini. Viaggiano a piedi, in testa, sui carretti e su ogni mezzo di trasporto possibile. Prima di raggiungere ed entrare in Camerun mi hanno consigliato di far tappa a Kesawa. Mi aspetto un paese ma trovo in vece un pozzo presidiato dall'esercito. E' pozzo meccanizzato profondo 200 metri che porta in superficie un'acqua che appare limpida. Secondo le organizzazioni sanitarie è un lusso che spetta solo al 32% della popolazione dell'intera regione: acqua limpida che abbevera gli animali e gli uomini, qui nessuno chiede di più e per questo Kesawa è un luogo di festa.

Fonte: Il Sole 24 Ore

giugno 2010

CondividiShare on FacebookTweet about this on TwitterEmail to someoneGoogle+

Lascia un commento