Gli sporchi affari dei trafficanti d’armi


Gianluca Di Feo ed Emiliano Fittipaldi - L'Espresso


Sono cinque le procure che indagano sul colosso italiano degli armamenti. E l’inchiesta di Trapani sugli appalti chiama in causa due uomini di punta di Guarguaglini. Con la legge bavaglio non avremmo saputo nulla!


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Gli sporchi affari dei trafficanti d'armi

C’era una volta l’America. L’elicottero della Casa Bianca era di Finmeccanica, l’aereo da trasporto per le guerre dell’Us Army era di Finmeccanica, persino uno dei grandi fornitori del Pentagono era diventato di Finmeccanica. Ma in due anni, con l’arrivo di Obama, molti business a stelle e striscie sono andati in fumo o si stanno rivelando un pessimo affare. Senza dimenticare l’Eldorado degli Emirati, con un contratto da 2 miliardi di dollari che si è trasformato in farsa perché Finmeccanica aveva fatto promesse che non poteva mantenere.
Così per il colosso italiano degli armamenti da 18 miliardi di euro di ricavi l’anno l’orizzonte è diventato grigio. Mentre Washington si allontanava e alleati storici come Lockheed diventavano nemici pronti a tutto, l’azienda guidata da Pier Francesco Guarguaglini ha puntato su paesi instabili o dichiaratamente nemici degli Usa: Russia, Libia, Kazhakistan e persino la Bielorussia di Lukashenko, ultimo dittatore d’Europa.
Per non parlare degli aerei senza pilota Falco, la versione tricolore dei droni dei conflitti futuri, ceduti ai generali pachistani, mossa che ha fatto inferocire gli yankees.
Le inchieste giudiziarie e le polemiche patrie colpiscono Finmeccanica in un momento di transizione che comincia ad avere il sapore della crisi, dopo un decennio di crescita inarrestabile. L’acquisto negli Usa di Drs assomiglia al passo più lungo della gamba: il posto sbagliato nel momento sbagliato. Il gruppone americano, lievitato in fretta dal 2001 grazie ai fondi stratosferici di George W. Bush inglobando una miriade di ditte diverse, è stato pagato a caro prezzo: oltre 5 miliardi di dollari, pochi mesi prima che la crisi del 2008 divorasse i mercati e che il nuovo presidente amputasse le spese del Pentagono. Ma non basta. Anche i militari di casa nostra cominciano a mostrare insofferenza verso la gestione Guarguaglini, a partire dall’Aeronautica, il principale cliente di Finmeccanica, schierata apertamente con la Lockheed nella partita per il futuro supercaccia Jsf .
PROCURE ALL’ATTACCO Se per Finmeccanica le cose andavano male da un po’, per Guarguaglini e i suoi la situazione è precipitata tre mesi fa, quando “L’espresso” ha pubblicato una serie di intercettazioni che collegavano il colosso militare alla banda di riciclatori guidata da Gennaro Mokbel e dal senatore Nicola De Girolamo. I nemici del presidente non attendevano altro: gli americani, Giulio Tremonti e pure la Lega, che vuole da tempo più potere nelle scelte aziendali, hanno cominciato a diffondere la voce che Guarguaglini fosse «al capolinea», mentre Emma Marcegaglia ha subito bloccato la sua nomina (data per certa) a vicepresidente di Confindustria. Ma oggi non è solo il Grande Capo a rischiare il posto: ormai sono ben cinque le procure che stanno indagando sul sistema Finmeccanica, e le inchieste coinvolgono nomi importanti dell’impero militare. Indagini che hanno trovato spinta con l’entrata in campo del nucleo valutario, il reparto della Finanza specializzato nelle inchieste internazionali, guidato da uno degli ufficiali che 14 anni fa condusse l’istruttoria di La Spezia su massoneria, banche e tangenti per cui fu lungamente intercettato e brevemente arrestato lo stesso Guarguaglini, poi scagionato con formula piena.
LOUIS VUITTON CUP Andiamo in ordine cronologico. La procura che sta lavorando da più tempo su Finmeccanica è quella di Trapani. Come “L’espresso” è in grado di rivelare, i pm siciliani e la squadra mobile della questura, sezione criminalità organizzata, dal 2005 hanno messo nel mirino gli appalti per la sicurezza e la video sorveglianza del porto e della città, che ha ospitato la Louis Vuitton Cup. Un’indagine che ha prodotto un’informativa corposa piena di intercettazioni e nomi di spicco: dirigenti del ministero dell’Interno, imprenditori, politici, prefetti. L’accusa ipotizza che un sodalizio abbia tentato di pilotare la gara, per spartirsi la torta milionaria. L’occasione è ghiotta: la competizione velistica tenutasi nel 2008-2009, il primo Grande evento gestito da Guido Bertolaso. La turbativa d’asta sarebbe stata organizzata grazie alla complicità dei progettisti, che «sulla base di accordi di corruttela», si legge nell’informativa, «si prestava a redigere il capitolato tecnico del bando di gara seguendo le direttive dei responsabili del gruppo imprenditoriale interessato fin dall’inizio a condizionare l’assegnazione dell’incanto». La contropartita erano promesse di «ingenti dazioni di denaro» calcolate in percentuale sull’importo dei lavori, di beni mobili «di rilevante valore», di finti incarichi di consulenza strapagati. Al centro dell’affare non solo società locali come la CM Consit spa, ma ecco il punto – pure la Elsag Datamat controllata da Finmeccanica, società che decide, quando si sente odore di inchiesta, di «ritirarsi dall’accordo». Gli investigatori fanno nomi e cognomi: «Del sodalizio fanno farte alcuni responsabili del noto gruppo imprenditoriale Finmeccanica spa, come Francesco Subbioni e Carlo Gualdaroni», al tempo rispettivamente responsabile della divisione Servizi e direttore generale di Elsag. Un’azienda che fattura centinaia di milioni di euro e vince appalti a raffica in Italia e all’estero. Per fare qualche esempio recente, all’Aquila le sue apparecchiature hanno vigilato sui lavori del G8, a Torino ha vinto la gestione dei i biglietti elettronici dei mezzi pubblici, a Taranto la marina si allena sui suoi simulatori, in Grecia la polizia usa i suoi sistemi per leggere le targhe dei veicoli sospetti. Nella vicenda spuntano anche i nomi del senatore ed ex sottosegretario all’Interno Antonio D’Alì (oggi indagato a Palermo per concorso esterno in associazione mafiosa, secondo i poliziotti avrebbe incontrato Gualdaroni per discutere dell’appalto), del viceprefetto trapanese Valerio Valenti, vicinissimo a D’Alì e agli imprenditori della Cm Consit (da loro, dicono gli inquirenti, avrebbe avuto in regalo una Bmw Cabriolet), di ufficiali corrotti che avrebbero preso soldi in cambio di favori, dello stesso Guarguaglini citato più volte dagli imprenditori ignari di essere ascoltati.
ALL’OMBRA DEL VESUVIO Gualdaroni, uomo di fiducia di Guarguaglini, è un nome di peso dell’universo Finmeccanica. Diventato amministratore delegato di Elsag, qualche giorno fa è passato al comando di Telespazio, specializzata nel campo satellitare. Invece Subbioni, che per la polizia trapanese era il soggetto che controllava da vicino l’appalto del porto, è il nome che collega l’inchiesta siciliana con quella della Direzione investigativa antimafia di Napoli. Gli uomini di Raffaele Falcone, Vincenzo D’Onofrio e Pierpaolo Filippelli che studiano dal 2007 un altro appalto sospetto lo hanno iscritto nel registro degli indagati. Si tratta, stavolta, della gara per la creazione di una cittadella della polizia e del Cen, un centro di elaborazione dove far confluire tutte le immagini delle telecamere di sicurezza installate in città. Un bando da 37 milioni vinto l’anno scorso dalla capogruppo Elsag (pure la Selex doveva partecipare, alla fine si ritirò) e da altre quattro consociate, e non ancora realizzato: anche qui i reati ipotizzati dai pm sono pesanti, compreso associazione per delinquere finalizzata alla turbativa d’asta. I pm stanno ascoltando vari dirigenti del Viminale che finanziava la gara, in primis il prefetto dell’Aquila Giovanna Iurato, sposata con un dirigente della Elsag.
DA TARANTINI A MOKBEL I pm di Napoli negli ultimi tempi hanno lavorato gomito a gomito con i colleghi di Bari, quelli impegnati sui presunti appalti truccati della sanità. In qualche intercettazione “pugliese” spuntano infatti uomini di Finmeccanica intenti a parlare d’affari con imprenditori e dirigenti pubblici finiti poi agli arresti, come Giampaolo Tarantini e l’ex direttore dell’Asl barese Lea Cosentino. Per vederci più chiaro, dopo aver sentito Mautone e Bertolaso, lo scorso novembre i pm partenopei hanno interrogato come persona informata sui fatti proprio Tarantini, che senza tanti fronzoli aveva dichiarato qualche settimana prima di essere stato introdotto in Finmeccanica da Bertolaso in persona. «Volevo che il mio amico Enrico Intini» si legge in un verbale «potesse esporre allo stesso Bertolaso le competenze del suo gruppo industriale nella prospettiva di poter lavorare con la Protezione civile». Finmeccanica e Bertolaso hanno subito smentito qualsiasi affare con l’amico del presidente del Consiglio, ma è certo che Tarantini conosce bene un altro uomo chiave dell’azienda, Salvatore Metrangolo, per gli amici Rino. Nato a Guagnano vicino Lecce, commerciante di moto e ciclomotori, “Rino” è non solo procuratore generale della Selex Service e della Seicos, ma anche presidente del cda della Space Software Italia, società controllata dalla Elsag. È un fatto che a gennaio 2009 il manager sia stato registrato da una cimice della Guardia di finanza nel privé dell’Hotel De Russie a Roma, mentre insieme a Tarantini, l’amico Intini, la Cosentino e l’imprenditore Cosimo Catalano discute animatamente su un bando da una cinquantina di milioni di euro per alcuni servizi da gestire negli ospedali regionali. Ora alla matassa giudiziaria che sta imbrigliando Finmeccanica si è aggiunta l’inchiesta della procura di Roma, che non ha nulla a che fare con appalti e simili. I magistrati stanno infatti indagando sui legami tra il colosso militareeil faccendiereMokbel, arrestato a febbraio con l’accusa di aver riciclato 2 miliardi di euro, tra cui denaro delle ‘ndrine calabresi di Capo Rizzuto. Otto milioni di euro sarebbero stati infatti investiti per comprare quote della Digint, società controllata da Finmeccanica Group Services e dalla Financial Lincoln, una società anonima del Lussemburgo creata nel 2006. Le nuove intercettazioni che pubblichiamo a pagina 45 e 46 sul coinvolgimento del consulente di Guarguaglini Lorenzo Cola spiegano fino a che punto le trattative con Mokbel e soci fossero andate avanti. La Procura di Roma sta cercando riscontri, e sta puntando pure sulla pista di presunti fondi neri costituiti all’estero, ma molti si chiedono ormai se la dirigenza non debba lasciare subito.
TUTTI GLI UOMINI DEL PRESIDENTE Guarguaglini e sua moglie non ci pensano proprio. «Non esistono fondi neri di Finmeccanica », ha chiosato ai giornalisti il presidente dopo le ultime indiscrezioni di stampa. Ed infatti l’attenzione degli investigatori si sta concentrando su un meccanismo diverso: una galassia di società schermo, esterne o con una piccola partecipazione della holding di piazza Montegrappa, che vengono usate per concludere contratti in Italia o all’estero e poi solo in secondo momento acquisite da Finmeccanica. È la stessa operazione che, stando alle intercettazioni, viene proposta alla consorteria di Mokbel. Ed è il motivo per cui attività delicatissime vengono affidate a personaggi esterni come Lorenzo Cola o Marco Iannilli: le responsabilità formali restano fuori dalla porta del colosso. Tra fornitori, consulenti e partecipate i magistrati dovrebbero passare in rassegna migliaia di sigle che fanno capo ai quasi 400 poli del gruppo Finmeccanica sparsi in cinque continenti. Se le responsabilità d’impresa vengono divise, il rapporto con la politica invece è tutto nelle mani di Guarguaglini e del suo collaboratore più fidato: Lorenzo Borgogni, direttore delle relazioni istituzionali, al suo fianco da quasi un decennio. A nessun altro, racconta un ex top manager, viene permesso di tenere relazioni con uomini di governo o di partito. Il vertice della holding per un terzo appartiene al Tesoro ed è ovviamente sensibilissimo agli assetti della politica. Fino all’inizio dell’anno pesava l’influenza di Gianni Letta e le amicizie del numero uno con Altero Matteoli, livornese come Guarguaglini, e Claudio Scajola, che con il suo ministero dello Sviluppo Industriale ha stanziato oltre un miliardo di euro per l’acquisto di armamenti e benedetto i piani nucleari dell’Ansaldo, una delle aziende di Finmeccanica. Nel consiglio d’amministrazione siedono altri uomini importanti come Piergiorgio Aliberti, designato da Mediobanca, e soprattutto il potente Franco Bonferroni, senatore e sottosegretario nel tramonto della prima Repubblica, esponente Udc, evocato nel processo Parmalat e finito nel calderone degli indagati di Luigi De Magistris, da cui è uscito sempre senza conseguenze penali. Nelle stanze romane invece il potere di Finmeccanica si è costruito smistando consulenze (finite praticamente a tutti gli ex capi delle Forze armate) e assumendo figli, mogli e I legami del presidente con settori della politica e grandi banche. E la “freddezza” di Tremonti mariti di chi poteva renderne più serena la crescita: si dice che il documento più segreto del gruppo sia proprio l’elenco dei dipendenti, ricco di cognomi eloquenti. Come quello di Marco Forlani, figlio dell’ex segretario Dc Arnaldo e direttore degli Affari internazionali. Se i rapporti con le grandi banche sono buoni, l’istituto preferito è la Finnat, la banca della famiglia Nattino, crocevia della finanza capitolina più sensibile al Vaticano. Hanno avuto un ruolo chiave nell’ultima operazione finanziaria da un miliardo di euro per disinnescare la bomba dei debiti accumulati nell’acquisto di Drs. E legami indiretti tra l’arcipelago Finnat e alcune società usate da Cola e Iannilli sono già balzati agli occhi degli investigatori romani, che tentano di capire come hanno fatto ditte minuscole ad accumulare in pochi anni fatturati record.
LA FINE DELL’IMPERO Ora la Finmeccanica targata Guarguaglini potrebbe avere le ore contate. Dicono che Giulio Tremonti sia sempre rimasto alla finestra, osservando con distacco le mosse del gruppo. Si racconta che da quando Scajola si è dimesso e le rivelazioni giudiziarie hanno cominciatoad assediare Matteoli, si sia ben guardato dal rispondere alle insistenti telefonate di Guarguaglini. Adesso però potrebbe essere lui a decidere il futuro dell’azienda, che ha stabilimenti in zone chiave del nuovo potere leghista (Agusta ed Aermacchi sono concentrate a Varese, Alenia in Piemonte dove dovrebbe sorgere la linea di montaggio del supercaccia Jsf , Aeronavali è a Venezia, Ansaldo ed Elsag in Liguria): il ministro dell’Economia ha già inserito nel cda Dario Galli, undici anni in Parlamento con la Lega e oggi presidente della provincia di Varese. Ma sul tavolo ci sono anche le questioni strategiche. Dopo dieci anni di crescita attraverso acquisizioni continue, Finmeccanica si trova con moltissimi doppioni che faticano a fare sinergia. Ci sono tre differenti compagnie che producono velivoli senza pilota, i drone destinati a dominare i mercati del futuro prossimo. Alenia e Aermacchi fanno aerei in parallelo. 
Nel settore dell’elettronica, poi, l’arrivo di Drs ha moltiplicato le sovrapposizioni. Il tutto in un mondo dove le spese di ricerca sono altissime quanto la competitività internazionale, giocata direttamente dai capi di Stato. I precedenti governi Berlusconi poi avevano rotto gli storici legami con l’industria aeronautica europea puntando tutto sull’asse con gli Usa, una scelta confermata anche durante l’esecutivo Prodi. Ma Finmeccanica non riesce più a trovare partner oltreoceano. Con Boeing i rapporti sono gelidi da anni. Lockheed l’alleato che aveva imposto l’elicottero Aw 101 alla Casa Bianca e il biturbina C27J all’Us Army adesso si è schierato contro Finmeccanica in entrambe le gare ed è ai ferri corti anche per la partecipazione italiana al supercaccia Jsf. I mezzi sono considerati ottimi, manca il sostegno finanziario e quello politico. Perché il gruppo di Guarguaglini è lo Stato, non solo per la quota pubblica, ma per il ruolo strategico che ha nel settore degli armamenti. Lo ha teorizzato il ministro degli Esteri Franco Frattini: «Finmeccanica sta costruendo con noi una nuova diplomazia, fatta in modo da mostrare al mondo un’Italia coerente e che funziona». Ed è anche per questo che i magistrati sanno che non sarà facile andare a fondo nelle inchieste. Non a caso, come ha scritto “L’espresso”, Finmeccanica è già azionista di molte delle società che fanno le intercettazioni per conto delle procure ed è l’unico candidato a gestire la futura centrale nazionale di tutti gli ascolti. Guarguaglini poi non è tipo da mollare facilmente: un mese fa in un’intervista al “Financial Times” ha ricordato la lezione tenuta dal ct inglese Fabio Capello nell’ultima convention dei manager Finmeccanica. «Cosa ci ha consigliato? Combattere, combattere, combattere e non arrendersi mai».

di Gianluca Di Feo ed Emiliano Fittipaldi

Fonte: L’Espresso

giugno 2010

Ha collaborato Stefania Maurizi

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