I volti e le voci del mondo del lavoro in Marcia
La redazione della Marcia
Domenico Franchi: una morte bianca “a distanza”
La voglia di vivere di Domenico Franchi si rivive sostenendo lo sguardo della figlia Valeria, a tratti inumidito dal pianto, ma animato dalla volontà di non rimanere in silenzio. La storia di Domenico, impiegato alle Grandi Officine di Foligno, rappresenta una rottura, un taglio netto ad un sogno. Quello della propria famiglia. Quello di un abbraccio perduto e che non potrà tornare. Valeria (classe ’76), la più grande delle due figlie, non si rassegna alla mancanza del padre, che è stato strappato alla propria famiglia il 18 aprile 2009, in meno di un anno di malattia, da quello che tecnicamente veniva chiamato mesotelioma pleurico maligno. Una parola continua a gettare nella paura la famiglia di Domenico: amianto. Proprio a questo potrebbero essere legati i due noduli scoperti da poco nel polmone della moglie. Il problema scaturisce dal contatto avuto tra marito e moglie in 40 anni di vita insieme. Inail ha già riconosciuto il caso di Domenico come malattia professionale.
Valeria, come è stata vissuta la malattia di suo padre da lei e dalla sua famiglia?
Un fulmine a ciel sereno. Mio padre ogni sei mesi effettuava i controlli sanitari ad Ancona, mai è stato riscontrato nulla. Da un dolore alla schiena, nel maggio 2008, è partito l’allarme. Le prime visite. Le prime preoccupazione. Il vortice si è ristretto in estate: 7 ore di intervento al Regina Elena di Roma nel quale sono stati asportati una costola e un polmone, poi apposta una protesi sul pericardio e diaframma. A peggiorare la nostra disperazione la scoperta di alcuni linfonodi nel torace. A peggiorare le sue sofferenze la radioterapia praticata per venti giorni per venti minuti l’una. Noi vicini a lui, ma nulla è servito a salvarlo.
Il mondo del lavoro visto da figlia di una morte bianca “a distanza”.
Certamente la sfiducia verso i diritti fondamentali calpestati è dominante soprattutto nei momenti nei quali si affronta il dramma e la separazione. Adesso rivendichiamo giustizia, equità di trattamento e prevenzione affinché quello che è successo a mio padre non possa accadere ad altri. A nessuna altra figlia dovrà essere negato l’abbraccio di suo padre e, al ritorno da lavoro, nessuna altra moglie dovrà temere il marito come potenziale portatore di malattie mortali. In altre parole voglio ribadire l’urgenza di riconoscere l’amianto tra le malattie professionali.
Lei parla di prevenzione. In che modo?
Informazione e prevenzione prima di tutto. Mio padre, come tanti altri lavoratori, non era a conoscenza del potenziale nocivo dell’amianto. A Roma, ci hanno detto che di casi simili a quello di mio padre se ne verificano almeno cinque all’anno. Il picco è previsto nel 2015. Altri lavoratori stanno vivendo uno stato di preoccupazione per il proprio destino.
Perugia
15 maggio 2010