Monito del presidente Napolitano: “Attenti al ritorno della violenza”
La Stampa
«Di fronte alla crisi dobbiamo tenere sempre alta la guardia contro i focolai del fanatismo. Ustica, intrighi internazionali».
Di fronte alla crisi economica «è necessario tenere sempre alta la guardia contro il riattizzarsi di nuove possibili tentazioni di ricorso alla protesta violenza e di focolai, non spenti una volta per tutte, di fanatismo politico ed ideologico». Lo ha detto Giorgio Napolitano, ricordando al Quirinale le vittime del terrorismo italiano negli anni ’70 ed ’80. Occorre attenzione «specie guardando ai problemi da affrontare anche in Italia sul terreno economico e sociale», ha aggiunto il Presidente della Repubblica, «in una fase che è stata e rimane critica per tutta l’Europa».
«No alla violenza e alla rottura della legalità», ha scandito Napolitano dopo aver ascoltato le testimonianze dei parenti delle vittime degli Anni di piombo, «si tratta di un imperativo da non trascurare in nessun momento, in funzione della lotta che si combatte anche con importanti successi contro la criminalità organizzata, ma più in generale in funzione di uno sviluppo economico politico e civile degno delle tradizioni democratiche e del ruolo dell’Italia».
Ai tempi del terrorismo «l’Italia corse rischi estremi», ha rievocato il Presidente, «sapemmo uscirne nettamente, pur pagando quei duri prezzi che oggi ricordiamo, e avemmo così la prova di quanto profonde fossero tra gli italiani le riserve di attaccamento alla libertà, alla legalità, ai principi costituzionali della convivenza democratica sui cui poter contare».
Oggi, ha proseguito, «quelle riserve vanno accuratamente preservate, ravvivate, messe in campo nella situazione attuale del paese e del mondo che ci circonda». Le aree di conflitto internazionali sono «meno lontane dall’Europa di quanto magari non dica la carta geografica», e «giungono fino a noi gli echi del più cupo fondamentalismo» cui «anche il nostro paese non è immune».
Il capo dello Stato ha poi detto che nella strage di Ustica oltre ad «intrecci eversivi, ci furono anche intrighi internazionali che non possiamo oggi non richiamare, insieme con opacità di comportamenti da parte di corpi dello Stato, ad inefficienze di apparati e di interventi deputati all’accertamento della verità».
Fonte: La Stampa
8 maggio 2010