Tailandia, i rossi sfidano lo stato d’emergenza


Junko Terao


I manifestanti riaccendono per qualche ora il segnale della la loro tv messa fuori uso dal governo con un assalto al compound di ThaiCom.


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Tailandia, i rossi sfidano lo stato d'emergenza

Come promesso due giorni fa dai leader delle camicie rosse, il venerdì di protesta c’è stato, nonostante a Bangkok sia in vigore lo stato d’emergenza. Per la prima volta la polizia in tenuta antisommossa ha reagito alle provocazioni dei manifestanti, che da quasi un mese sfilano per le strade della capitale chiedendo le dimissioni del premier Abhisit Vejjajiva, lanciando gas lacrimogeni e sparando acqua con gli idranti. Un inutile tentativo di contenere l’avanzata delle camicie rosse diretti verso la sede della ThaiCom, il compound a nord di Bangkok da cui parte il segnale satellitare della tv vicina all’opposizione. Oltre ai mandati d’arresto spiccati per i leader che guidano la protesta, infatti, tra le prime misure messe in atto con l’entrata in vigore dello stato d’emergenza c’era stata proprio la sospensione del segnale di People channel, uno strumento preziosissimo per il popolo dell’ex premier Thaksin Shinawatra, veicolo in tutto il paese dei messaggi dei leader rossi e degli appelli alle adunate nella capitale. Poco prima dell’interruzione delle trasmissioni, mercoledì, i leader della protesta avevano trasmesso l’ultimo messaggio: “Se non ci vederete più, se i vostri schermi diventeranno neri, correte a Bangkok e unitevi a noi”. Ieri, dopo l’irruzione, il segnale è tornato. Una vittoria per i rossi, dunque, anche se il segnale è stato nuovamente interrotto dato che la tv è accusata di “incitamento alla violenza”. “Abbiamo vinto una piccola battaglia, ma ne stiamo ancora combattendo una più grande contro il governo sostenuto dall’elite”, ha messo in chiaro Weng Tojirakan, uno dei leader. Il bilancio del primo vero scontro tra polizia e camicie rosse è di quattordici manifestanti, tre poliziotti e un soldato feriti. Nel frattempo anche l’ospedale della polizia è stato preso di mira e assediato dalle camicie rosse precedute da monaci buddhisti a fare da scudo. Dall’altra parte, un cordone di poliziotte crecava di contenere l’avanzata dato che i bonzi non possono avere contatto fisico con le donne. Esercito e polizia hanno l’ordine di evitare a tutti i costi lo spargimento di sangue. Lo stato d’emergenza finora non ha portato buoni risultati. La speranza del governo è che arrestando gli uomini chiave alla testa del movimento le migliaia di camicie rosse, senza più riferimenti, si trovino smarriti e comincino a desistere. Questa, per il momento, sembra essere l’unica strategia che Abhisit è riuscito a imbastire. Sempre che la situazione non degeneri prima che scattino le manette.

Fonte: Lettera22 e il manifesto

10 aprile 2010

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