Afghanistan, strage fuori programma


Lettera22


Alcune decine di morti per un raid dall’aria della Nato a Uruzgan. Ma il convoglio “sospetto” erano profughi dell’Operazione Moshtarak.


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Afghanistan, strage fuori programma

Un'abilità pervicacemente disastrosa che, ciclicamente e ripetutamente continua a servirsi dei bombardamenti aerei, fa della guerra afgana l'ennesimo spot di una macelleria a buon mercato. Un convoglio “sospetto” viene identificato domenica in Uruzgan. E' la solita carovana di poveracci in fuga dal terreno della guerra che la guerra è destinata a reincontrare dall'aria. Chissà c'è forse anche qualche “talebano” tra loro. Di certo ci sono tra 33 civili (27 secondo altre fonti), tra cui donne e bambini, che perdono la propria vita. Un numero di vittime, con un colpo solo, che sembra pari a quello che la Nato ha fatto in dieci giorni con l'Operazione Moshtarak nell'Helmand, la regione appena sotto Uruzgan.
Qualche solerte comandante però non deve essersi reso conto che il mondo sta guadando con attenzione come Moshtarak viene condotta anche per verificare se se è vero che “non sarà un'altra Falluja”, l'esercizio di macelleria irachena messo in atto dalle truppe americane qualche anno fa. Ma ecco che l'immagine di Falluja, dei morti troppo facili, delle stragi a costo zero fabbricate con una disattenzione feroce nei confronti dei civili, torna a farsi viva. Lo spettro della morte che un'operazione asettica, come il generale McChrystal, comandante in capo delle truppe americane e della Nato/Isaf in Afghanistan, avrebbe voluto appunto evitare, test di un nuovo modus operandi. Non un'altra Falluja insomma. Non un'altra Kunduz, Balalboluk, Herat, Nangharar per citare alcune delle stragi più recenti effetto di raid aerei.
Le vittime del raid di domenica notte della Nato sono l'effetto di un atto “ingiustificato” per il governo di Kabul e un “grosso ostacolo alla lotta al terrorismo”. Con il passare delle ore si fa via via sempre più chiara la dinamica dell'ennesima strage: l'attacco, riferisce il New York Times, è stato opera di un elicottero della forze speciali statunitensi impegnato in un'operazione di ricognizione nella provincia di Uruzgan, sotto il controllo delle truppe olandesi e al centro della crisi di governo che ha portato alle dimissioni del premier Jan Peter Balkenende, dopo l'uscita dei socialdemocratici dall'esecutivo, contrari al proseguimento della missione. I militari hanno bombardato tre automezzi sui quali credevano viaggiassero “ribelli pronti a sferrare un attacco”, si legge nel comunicato diffuso dalla Nato subito dopo le prime denunce da parte del governatore della provincia Sultan Ali Uruzgani. In realtà sui mezzi viaggiava un gruppo di 42 civili in fuga dai combattimenti nel distretto di Marjah (a 150 miglia di distanza, dov'è in corso Moshtarak), diretti a Kandahar a bordo di due Land Cruiser e di un pickup. Così, una volta a terra, i militari si sono trovati di fronte i corpi di donne e bambini e non hanno potuto fare altro se non aiutare i feriti.
“Condanniamo fermamente quanto accaduto – alza la voce il presidente afgano Hamid Karzai intervenendo al Parlamento – dobbiamo arrivare ad un punto in cui non vi siano più vittime civili”. Alle sue parole fa eco la promessa di McChrystal che, “estremamente rattristato per la tragica perdita di vite innocenti”, assicura nuovamente il massimo sforzo per proteggere il popolo afgano e riguadagnarne la fiducia. La strage di domenica è però la più grave dal settembre dello scorso anno, quando 142 civili morirono in un raid Nato a Kunduz, nel Nord del paese.

Articolo di: E. Giordana e A. Pira

Fonte: Lettera22

23 febbraio 2010

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