Gerusalemme, sgomberi nel quartiere arabo
Redattore Sociale
La prima udienza è fissata per il 23 febbraio. A Sheikh Jarrah ogni venerdì manifestano centinaia di israeliani, palestinesi e attivisti internazionali contro la politica di “giudeizzazione della città”.
BETLEMME – Il 17 febbraio la Coalizione civica per difendere i diritti dei palestinesi di Gerusalemme ha tenuto una conferenza stampa presso l'hotel Ambassador a Gerusalemme Est, per presentare le novità riguardanti la situazione del quartiere di Sheikh Jarrah. Nel corso dell'incontro, il comitato civico ha annunciato che la prima udienza del caso di due famiglie sgomberate illegalmente è prevista per martedì 23 febbraio. Iniziando la conferenza stampa, Rania Elias della coalizione civica ha tracciato il quadro di quella che viene definita la “propaganda su Gerusalemme”, l'aggressione israeliana nella parte araba della città e gli sgomberi forzati che “deturpano la splendida immagine di Gerusalemme”. In questo tentativo, la realtà di Sheikh Jarrah costituisce un caso particolarmente rilevante e noto a livello internazionale. Le manifestazioni che ogni venerdì raccolgono centinaia di israeliani – recentemente ha partecipato anche lo scrittore David Grossman –, palestinesi e attivisti internazionali in questo quartiere palestinese nel nord della Città vecchia di Gerusalemme sono una delle espressioni di protesta più importanti e simboliche contro quella che sempre più spesso viene definita la politica di “giudeizzazione di Gerusalemme”.
Rania Elias ha ripercorso la storia dello sgombero forzato di più di 25 famiglie profughe palestinesi dal 1956, quando il governo giordano e l'Agenzia delle Nazioni unite per i profughi palestinesi – l'UNRWA – stabilirono queste famiglie nell'area di Shaikh Jarrah, chiedendo in cambio la rinuncia allo status di rifugiati e il pagamento di un affitto simbolico, con la promessa della concessione della proprietà. Dopo la guerra dei Sei giorni nel 1967 e l'occupazione israeliana di Gerusalemme, due gruppi di coloni israeliani – “i Comitati” – tentarono di assumere la proprietà dell'area. Sulla base di un documento del periodo ottomano probabilmente falso, nel 1972 i due comitati iniziarono il processo di registrazione della terra sotto loro nome attraverso l'Autorità israeliana sulla terra. Nel 1974 venne evitato un primo tentativo di sgombero di quattro famiglie a Sheikh Jarrah.
Nel 1982, tuttavia, al termine del procedimento legale che vedeva contrapporsi famiglie palestinesi e coloni israeliani, venne raggiunto un accordo tra l'avvocato di 17 famiglie e i due comitati dei coloni: nel testo dell'accordo, gli abitanti palestinesi di Sheikh Jarrah venivano definiti “affittuari protetti”. Il documento, che non metteva in discussione la validità delle rivendicazioni israeliane sull'area, ha significato per le famiglie palestinesi l'obbligo di pagare un affitto ai gruppi dei coloni, che divenivano così gli unici garanti della possibilità per i palestinesi di risiedere nel quartiere. La maggior parte delle famiglie rifiutò l'accordo. Nel 1999 i comitati israeliani iniziarono le cause legali per lo sgombero delle famiglie palestinesi.
Come spiegato dal rapporto appena pubblicato dalla coalizione civica (Dispossession and Eviction in Jerusalem. The Cases and Stories of Sheikh Jarrah), in quest'area vengono sistematicamente violati il diritto umanitario internazionale e i diritti umani. Il rapporto conclude che “le implicazioni di queste azioni potrebbero pregiudicare una risoluzione pacifica delle negoziazioni israelo-palestinesi riguardanti la divisione di Gerusalemme”. Nel corso del suo intervento, l'avvocato Hosni Abu Hussein ha ricordato che “la Corte suprema israeliana ha stabilito che la terra non appartiene né ai palestinesi né ai comitati di coloni”. Hussein ha sottolineato che “quello che stiamo affrontando è una questione politica. Faremo il nostro meglio per continuare la pressione per risolvere la situazione di Sheikh Jarrah. Questo caso è solo un esempio del 'caso più grande' rappresentato dall'intera Palestina”. Un abitante di Sheikh Jarrah ha portato, infine, la sua testimonianza: “siamo cresciuti con la paura giorno e notte di essere sgomberati. Lo sgombero è stata una seconda Nakba (catastrofe, ndr) per noi”. Tuttavia, la battaglia legale contro l'occupazione israeliana di Sheikh Jarrah continua: “vivendo nelle tende, mostriamo al mondo come ci stanno respingendo”, anche se “ora il materasso è la terra e il lenzuolo il cielo”. (mcr)
Fonte: redattoresociale.it
19 Febbario 2010