Per una globalizzazione dal basso: uno studio sui movimenti europei
La redazione
Presentata a Perugia, in occasione dell’Onu dei Popoli, la ricerca del progetto Demos: interviste a 250 organizzazioni impegnate nei movimenti globali e oltre mille questionari ai partecipanti al quarto Forum Sociale Europeo di Atene.
Pacifisti, ambientalisti, femministi impegnati per i diritti umani, del lavoro, per una pratica diversa della democrazia, con una prospettiva di “globalizzazione dal basso”. Questa è la fotografia dei movimenti globali che emerge dalle ricerche del progetto Demos, presentate oggi a Perugia all’ Assemblea dell’Onu dei Popoli da Donatella della Porta, dell’Istituto Universitario Europeo, che ha diretto uno studio sui movimenti di paesi europei.
Basato su analisi e interviste a 250 organizzazioni impegnate nei movimenti globali e su oltre mille questionari ai partecipanti al quarto Forum Sociale Europeo (Fse) di Atene, la ricerca (i risultati sono sul sito http://demos.eui.eu) ha mostrato una forte pluralità in termini di età, risorse, principali temi e strategie delle organizzazioni coinvolte e dei loro attivisti. Nonostante questa eterogeneità – ha spiegato della Porta – ci troviamo di fronte a un movimento, e non a coalizioni volubili, che si mobilita sui temi della giustizia globale: le organizzazioni attive nei movimenti e gli attivisti condividono valori e prospettive e hanno sviluppato un approccio tematico in cui specifiche rivendicazioni sono riconducibili a una comune domanda di giustizia sociale e di democrazia dal basso, così come al rifiuto delle attuali forme di globalizzazione. Inoltre, le organizzazioni e gli attivisti sono legati da appartenenze multiple nel contesto di una comune mobilitazione in diverse campagne.
I risultati delle ricerche rivelano una varietà di esperienze politiche, sia passate che presenti, degli attivisti, mentre le organizzazioni utilizzano diverse strategie, tra cui il lobbying e la protesta. Tuttavia, le strategie più diffuse comprendono la disseminazione di conoscenze e l’educazione politica dei cittadini. Le organizzazioni attive nei movimenti globali sono critiche nei confronti delle attuali forme di globalizzazione e della democrazia rappresentativa, e i loro attivisti testimoniano bassi livelli di fiducia rispetto alle istituzioni politiche a scala locale, nazionale e globale. Combinando i valori partecipativi e deliberativi, entrambi propongono nuove forme di democrazia dal basso grazie all’apertura di spazi per cittadini da considerare ora come attori protagonisti della politica, e contro una concezione della democrazia rappresentativa in cui la politica diviene sempre più materia esclusiva per politici di professione.
Nonostante il rifiuto delle attuali manifestazioni della democrazia rappresentativa e della globalizzazione, le organizzazioni dei movimenti globali interagiscono con le istituzioni politiche, anche se attraverso una collaborazione spesso critica o selettiva. Assumendo un ruolo di “collaborazione critica” o di “controllo democratico”, le organizzazioni del movimento possono essere determinanti per la nascita di una sfera pubblica di opposizione a livello transnazionale, e in particolare europeo: una funzione fondamentale per la creazione di una democrazia sopranazionale. Allo stesso modo, gli attivisti dei movimenti per una globalizzazione dal basso si presentano come “europeisti critici” o “globalisti critici”, piuttosto che come euro-scettici o anti-globalisti, e favoriscono la costruzione di istituzioni che coinvolgano la società civile sia a livello europeo che globale.
Questi risultati sono stati messi a confronto a Perugia con il lavoro di altri protagonisti dei movimenti globali. Mary Kaldor, del Centre on global governance della London School of Economics ha illustrato l’esperienza inglese e l’emergere di una società civile global. Phyllis Bennis, dell’Institute for Policy Studies di Washington, ha invece illustrato il caso degli Stati Uniti, che pochi mesi fa hanno organizzato il loro primo Social Forum.