Secondo giorno di Strada Facendo. Il risultato sarà la “Carta di Terni per un nuovo welfare”


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Prosegue oggi il cantiere di lavoro di Strada Facendo a Terni con work shop per rilanciare idee, modelli e strategie.


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Secondo giorno di Strada Facendo. Il risultato sarà la "Carta di Terni per un nuovo welfare"

Manifesto pro Welfare
Il benessere è un diritto, la disuguaglianza un'ingiustizia

Terni, 05.02.2010, di Lucio Babolin

Il sistema italiano di garanzia dei diritti fondamentali di cittadinanza si basa sulle affermazioni della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani e della nostra Costituzione: per questo il Parlamento del nostro paese ha approvato leggi e fissato regole di tutela della dignità di ogni cittadina e cittadino con una particolare attenzione ai più deboli, ai più fragili, ai più poveri.
L’abbiamo chiamato “Stato sociale”. Oggi lo Stato sociale è messo in discussione, c’è il rischio fondato che una sempre maggiore quantità di  bambine e bambini, giovani, donne e uomini, anziani siano privati dei servizi  essenziali (difesa della salute, istruzione, casa, lavoro, pensione) e si vedano cadere inesorabilmente nel baratro dell’indigenza e della povertà e nell’abbandono da parte delle Istituzioni e della comunità di appartenenza.
La causa dell’allargarsi progressivo della quantità di persone povere è da ricercare non solo nella situazione di crisi globale che stiamo vivendo, ma anche nell’affermarsi negli ultimi decenni della teoria del liberismo economico, della globalizzazione selvaggia e incontrollata, delle speculazioni finanziarie, nella decisione consapevole della politica di abbandonare a se stessi i più deboli per curare soprattutto gli interessi dei già ricchi che, anche in periodo di crisi, continuano ad arricchirsi sempre di più, a danno della stragrande maggioranza dei cittadini del nostro paese.

L’aumento delle disuguaglianze sociali ed economiche non è più tollerabile, anche perché è spesso causa di violenza tra le persone e prefigura il rischio di conflitti intergenerazionali, di genere, di censo. Noi gridiamo a gran voce il nostro sdegno per questa ingiustizia e diciamo che non possiamo più accettare questa situazione. Tanto meno possiamo subire inermi la decisione di rispondere con il carcere, la detenzione, la via penale a problemi la cui natura è sociale. Denunciamo la mancata applicazione del dettato costituzionale che prevede come finalità della detenzione il recupero e il reinserimento sociale di tutte le persone ristrette della libertà. Non è credibile uno Stato che rinuncia alla sicurezza sociale per proporsi come garante della sicurezza penale.
Crediamo sia giunto il momento per dire che lo Stato sociale, inteso come sistema complessivo di garanzia dei diritti, va non solo salvato ma anche rilanciato e che si deve tornare all’affermazione dei diritti di cittadinanza sanciti dalla nostra Costituzione. Bisogna riprendere con forza a rimuovere tutte le barriere che impediscono ad ognuno di sentirsi cittadino.

Per questo riteniamo necessario procedere ad una riforma dei comportamenti della politica, alla quale chiediamo una forte assunzione di responsabilità nei confronti di quel “bene comune” che ha il volto soprattutto dei più poveri, di chi fa fatica, di coloro che non vedono futuro per loro, i loro familiari, i loro figli. Chiediamo alle Istituzionali nazionali e regionali di abbandonare la polemica sterile sulle reciproche esclusive o concorrenti competenze per assumere con coerenza e responsabilità, di concerto con le organizzazioni della società civile che svolgono una funzione pubblica, l’opzione della sussidiarietà come criterio di comportamento condiviso e orientato al benessere delle nostre comunità. Si possono fare delle cose concrete e noi non temiamo di indicarle precisando che su queste siamo disponibili a mettere in campo quanto a nostra disposizione in parole, proteste, mobilitazione sociale.

Pensiamo che non vi sia alternativa a lottare contro la disuguaglianza, la povertà e il progressivo impoverimento di fasce sempre più ampie di nostri cittadini e riteniamo che ogni sforzo vada fatto perché non si arrivi al puro e semplice smantellamento del sistema di difesa costruito in questi anni. Riteniamo che, in un approccio solidaristico e responsabile, spetti prima di tutto allo Stato intervenire per la riduzione di iniquità e ingiustizie, con la sua produzione normativa e la destinazione di risorse dedicate, mentre la progettazione e la realizzazione delle azioni necessarie crediamo sia compito delle Istituzioni e dei corpi sociali intermedi, con pari dignità.  Denunciamo il rischio di ritornare ad uno Stato caritatevole e assistenziale che si limita a prendere atto che disuguaglianza e povertà sono tra noi come male ineliminabile e che chi vi cade dentro possa aspettarsi solo degli interventi assistenziali, una tantum, saltuari: è tempo di cambiare il nostro modello di società assumendo i criteri della solidarietà, della giustizia, della pari dignità di ognuna e ognuno.

Il benessere di ciascuno è la garanzia del futuro per l’intera collettività.
Non può esservi sviluppo, ripresa economica, crescita se migliaia di famiglie vivono strutturalmente sotto quella soglia minima che permette di sopravvivere dignitosamente. Questa situazione è anticostituzionale e contrasta con la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani. Torniamo ad affermare l’esigenza di dare diritto ai diritti: lo chiediamo con forza alla politica e alle istituzioni del nostro paese. Non si può invocare responsabilità se dilaga l’ingiustizia sociale e la discriminazione. Non vi può essere futuro per una democrazia che nega i diritti di cittadinanza. Dalla crisi si esce solo aumentando le tutele, non togliendole.  Lo Stato o è sociale o non è.

Fonte: LiberaInformazione

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