Scuola, Gelmini: tetto del 30% per gli stranieri
Maristella Iervasi
Il ministro dice che «non è razzismo ma un problema didattico». Ma ci sono stranieri nati in Italia che pensano, scrivono, parlano italiano…
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Per gli alunni stranieri un “tetto” sui banchi di scuola. Un vecchio sogno leghista che la Gelmini “maestra unica” dell’Istruzione ha fatto suo. Così ecco la nota del Miur inviata a tutti gli istituti d’Italia: dal prossimo anno scolastico la presenza degli studenti immigrati in classe non può superare il 30%. E non finisce qui: nel pomeriggio e alla primaria anche di mattina questi ragazzi dovranno frequentare dei corsi di italiano. “È una misura contro le classi ghetto” si è affrettata a precisare il ministro. Singolare che venga annunciato nel giorno della rivolta di Rosarno. Il limite del 30% è un punto di riferimento per favorire «la crescita e una migliore didattica nelle singole classi» soprattutto nelle periferie delle grandi città dove ci sono quartieri ad altra densità di immigrati. «Non c’è integrazione – ha ribadito il ministro – se i ragazzi non vengono messi in condizioni di conoscere la lingua italiana». Ma a quali stranieri si riferisce la Gelmini? Le situazioni variano se in una classe ci sono stranieri nati in Italia (di seconda generazione) e/o quelli di recente immigrazione. Nella nota di viale Trastevere di questo dettaglio che farebbe la differenza non c’è traccia. Si limita a definirli «alunni non italiani».
I NUMERI Le aule scolastiche sono sempre più multietniche. Nell’anno scolastico 2008/2009 gli alunni con genitori stranieri sono saliti a 628.937 su un totale di 8.943.796 iscritti, per un’incidenza del 7%. La più elevata, evidenzia il dossier Caritas-Migrantes – si registra nelle scuole elementari e, a livello regionale, in Emilia Romagna e in Umbria. Di questi studenti, uno ogni 6 è romeno, uno ogni 7 è albanese e uno ogni 8 è marocchino. Alunni stranieri per modo di dire, perchè quasi 4 su 10 (37%) sono nati in Italia e di questo paese si considerano cittadini. Oltre ai numerosi stranieri di seconda generazione, ci sono poi quelli di lunga scolarizzazione, avendo frequentato scuole italiane da molti anni: non è la stessa cosa gestire in classe un alunno straniero nato qui e che frequenta da anni la scuola italiana e uno appena arrivato da un altro paese. L’emergenza (soprattutto linguistica) riguarda in particolare gli stranieri di più recente immigrazione. E forse solo per questi studenti, parlare di tetto può avere senso. In caso diverso, la ragione del tetto del 30% non appare linguistica ma culturale, etnica e religiosa.
Il limite previsto entrerà in vigore in modo graduale: verrà introdotto a partire dalle classi prime sia della scuola primaria sia della scuola secondaria, di primo e di secondo grado. Aule multietniche ma senza esagerare, al massimo sette compagni di nazionalità estera al fianco. Non piace alla Flc-Cgil («una misura sbagliata che determinerà una maggiore esclusione e ghettizzazione»), mentre la Cisl lo ritiene «plausibile e sensato» purchè «sia realmente una misura di integrazione», la Uil scuola invita a evitare una «gestione con la calcolatrice alla mano». Viale Trastevere assicura che il limite non sarà rigidissimo, potrà essere innalzato. Protesta il Pd: “Non risolve il problema” dice Livia Turco.
Fonte: l’Unità
9 gennaio 2010