Il No al Ponte sullo Stretto e il destino crudele di Armando e Franco
Bruna Iacopino
Erano in 20.000, a sfilare per le vie di Villa San Giovanni. Armando Iannetta e Franco Nisticò hanno perso la vita rimanendo vittime di un "meccanismo inceppato".
Strana la vita e ancor più strane le coincidenze, soprattutto quando queste riguardano storie di uomini e donne, il loro agire, il loro essere. Armando Iannetta e Franco Nisticò, forse proprio per uno di questi strani scherzi del destino hanno incrociato, inconsapevolmente le loro strade. Il primo dai binari della ferrovia, il secondo di fronte alla chiesa di Cannitello, Reggio Calabria. Armando, operaio FS, aveva 57 anni è stato travolto da un treno a 140 all’ora, tra Piedimonte San Germano e Cassino, mentre attraversava i binari nel corso di un intervento di manutenzione, il collega che stava con lui, salvo per miracolo l’hanno ritrovato sotto shock.
Franco 58 anni un passato da sindaco nel comune di Badolato in provincia di Catanzaro, era il responsabile del Comitato per la statale 106 jonica, costituito per chiedere la messa in sicurezza di quell’arteria maledetta nota a tutti come “la strada della morte” , è morto su un palco, quello allestito dai No Ponte per la manifestazione nazionale di ieri 19 dicembre, è morto in seguito ad un malore, un arresto cardiaco forse, alla fine di un appassionato intervento. Inutili i soccorsi.
Armando e Franco non erano amici, neanche si conoscevano e ignoravano l’uno l’esistenza dell’altro. Armando non sapeva, non avrebbe potuto sapere che la sua morte sui binari avrebbe bloccato per tre ore il treno Roma- Reggio Calabria, con un carico di manifestanti diretti a Villa…
Una sorta di cattivo presagio che ha pesato, in maniera inconsapevole, su una giornata che avrebbe dovuto essere più che festosa e si è invece chiusa nel lutto.
Un altro.
Erano in 20.000, a sfilare per le vie di Villa San Giovanni, un lungo percorso fino ad arrivare a Cannitello, di fronte alla chiesa di Porto Salvo, una folla festosa, colorata, pacifica, fantasiosa in grado di rendere allegro il cielo grigio e pesante che incombeva sulle teste di tutti.
Ad accoglierli, in una città semideserta (saracinesche abbassate, negozi chiusi, gente rintanata in casa) un discreto spiegamento di forze dell’ordine: dal cielo, a terra e dal mare… presenze esplicite che tuttavia non sono riusciti a turbare gli animi.
A fine corteo, tra slogan e canti, si levano le voci dal palco: voci diverse, voci di denuncia, a partire da una rappresentante dei cittadini di Giampilieri e Scaletta Zanclea, ai rappresentanti della rete No ponte (di entrambi i lati dello Stretto), voci delle varie realtà che hanno permesso di mettere in piedi una manifestazione che vuol essere solo una delle tante tappe del percorso iniziato da tempo e che negli intenti dei promotori dovrà subire un salto ulteriore dal nuovo anno.
Voci bruscamente interrotte da quel malore, un corpo steso a terra e un’ambulanza che non arriva. L’unica ambulanza presente va via infatti poco prima, portando una persona, dicono dal palco; ma una sola ambulanza non è poco per una folla di 20.000 persone? Avanza la rabbia, l’indignazione.
Se lo chiede la piazza: ma i soccorsi dove sono? Perché dopo 40 minuti ancora non è arrivata? Perché tutta questa polizia e una sola ambulanza?
La gente si guarda incredula e guarda verso il palco, dopo una ventina di minuti Franco viene caricato su una camionetta della polizia, morirà arrivato in ospedale.
Una morte che non ha spiegazioni e non può avere giustificazioni, avvenuta per un “eccesso di passione” , la passione che uno mette quando vuole portare avanti un’idea e lo fa con tutto se stesso, in barba ad una salute magari precaria e su cui pesa una gestione sbagliata del cosiddetto “ordine pubblico”.
Così non ha spiegazione e non ha senso la morte di Armando, morto mentre lavorava, per mantenere se stesso e forse una famiglia, quella che ieri non lo ha visto rientrare.
Alla base, per entrambi, una sorta di meccanismo inceppato, laddove i diritti, quelli fondamentali e inviolabili, quelli che a ogni cittadino dovrebbero essere garantiti per legge, passano puntualmente in secondo piano, ristretti, in nome di un interessi superiori e per i più incomprensibili.
Fonte: Articolo21
19 dicembre 2009