Copenaghen, comincia il negoziato sull’ambiente


L'Unità


Per il presidente della Commissione europea José Manuel Barroso a Copenaghen un accordo è possibile, ma è impensabile puntare a un trattato sul clima.


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Copenaghen, comincia il negoziato sull'ambiente

Per il presidente della Commissione europea José Manuel Barroso a Copenaghen un accordo è possibile, ma è impensabile puntare a un trattato sul clima.

«Credo che non ci sarà un trattato a Copenaghen, non è possibile, non è stato preparato, ci sono alcuni partner che non sono pronti», ha dichiarato Barroso in un'intervista in onda sulla tv francese Canal +. L'obiettivo che ritiene realisticamente realizzabile, e che quindi perseguirà l'esecutivo Ue, spiega, «è un accordo che poi sarà tradotto in termini giuridici, in modo da trasformarlo in trattato».

Quanto all'intesa che il 'realistà Barroso prevede per i prossimi giorni, sarà «sui grandi elementi, in particolare sui limiti ai gas ad effetto serra per i Paesi più industrializzati e anche qualche contributo finanziario per aiutare i Paesi in via di sviluppo ad adattarsi alla minaccia» dei cambiamenti climatici.

«Bisogna dare l'esempio e l'Europa l'ha fatto», aggiunge Barroso, difendendo l'obiettivo del taglio del 20% dei gas a effetto serra entro il 2020. «E siamo pronti a spingerci anche più in alto se gli altri fanno uno sforzo, cosa che ancora non mi pare stia avvenendo», conclude il presidente della Commissione Ue.

Fonte:l'Unità

08 dicembre 2009

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Gas serra, battaglia sui tagli. Sì del Sudafrica, l’Italia frena

di Marco Mongiello

«Nelle prossime due settimane questa sarà Hope-naghen», ha esordito ieri il premier danese Lars Loekkke Rasmussen davanti ad una selva di telecamere e un'affollata platea dei delegati venuti da 192 Nazioni, «Il mondo ci guarda».
La trattativaMa i motivi di speranza non vengono dai Paesi sviluppati che, Italia in testa, continuano a mostrarsi prudenti. È dall'altra parte del globo che arrivano in nottata le notizie positive: il presidente del Sudafrica Jacob Zuma ha annunciato di voler ridurre del 34% entro il 2020 e del 42% entro il 2025 la Co2 rispetto alle proiezioni di crescita a politiche inalterate. Un taglio deciso che permetterebbe al Paese di raggiungere il picco delle emissioni tra il 2020 e il 2025, stabilizzarle nel decennio successivo e poi iniziare la discesa.

Degli annunci di tagli alla Co2 arrivano da ogni parte del mondo, ha esultato il ministro dell'Ambiente danese Connie Hedegaard, che guida i negoziati, «la volontà politica non è mai stata così forte come oggi e se perdessimo questa occasione ci vorrebbero anni per tornare a questo punto».

Ma la conferenza «non sarà un successo se non poterà immediatamente ad un'azione significativa», ha ammonito il capo negoziatore dell'Onu, Yves de Boer.

Una studentessa ventiquattrenne delle isole Fiji, Leah Wickham, ha preso la parola per fare un appello ai politici:«Fra cinquant'anni i miei figli si formeranno le loro famiglie. Spero che potranno ancora chiamare casa le nostre bellissime isole».
I livelli del mare sono già aumentati di 17 centimetri, ha ricordato Rajendra Pachauri, il presidente delle migliaia di scienziati dell'Ipcc che studiano il cambiamento climatico. Ma anche oggi ha tenuto banco la polemica sulla presunta manomissione delle email con i dati sul clima da parte di due scienziati e il capo negoziatore saudita, Mohammed al-Sabban, ha chiesto un'indagine indipendente. Le polemiche comunque non sembrano attecchire nel continente africano, dove il cambiamento climatico è avvertito come una drammatica realtà. Il Sudafrica infatti è il primo Paese emergente a definire una tabella di marcia precisa, con un picco per le emissioni assolute, invece di limitarsi ad indicare delle riduzioni in rapporto al Pil come Cina e India. Secondo la responsabile clima del Wwf, Mariagrazia Midulla, quello del Sudafrica «è un segnale forte da parte di un Paese emergente che dovrebbe stimolare i Paesi industrializzati verso target più ambiziosi».

I Paesi ricchi recalcitrantiAl momento sono i ricchi della terra a rappresentare l'ostacolo maggiore sulla strada di un accordo globale che a parole tutti dicono di volere.

«Gli obiettivi di riduzione indicati fino ad oggi dai Paesi sviluppati non sono sufficienti, soprattutto considerando che le loro emissioni hanno continuato a crescere», ha accusato l'ambasciatore sudanese Lumumba Stanislaus-Kaw Di-Aping, a nome dei Paesi del G77. Non basta neanche il 20% di riduzione annunciato dall'Ue perché, hanno spiegato gli ambientalisti, non garantisce un vero cambiamento di modello di sviluppo, soprattutto dopo che la crisi economica ha attenuato gli sforzi necessari a raggiungerlo.

Per questo a Bruxelles, dove ieri si è tenuta la riunione dei ministri degli Esteri europei, è tornata a serpeggiare l'ipotesi di alzare da subito l'asticella al 30% per facilitare un accordo globale, invece di aspettare gli altri come previsto dal mandato negoziale concordato ad ottobre.

A frenare è stata ancora una volta l'Italia. «Vogliamo un accordo vincolante per tutti», ha tagliato corto il ministro Franco Frattini, «lo abbiamo già detto al vertice Ue di ottobre, se c'è un accordo globale si può passare al 30%, se no no».

Fonte:l'Unità

08 dicembre 2009

 

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