Navi dei veleni. Comitato Natale De Grazia e WWF chiedono la pubblicazione dei dati


Bruna Iacopino


Notizie vecchie che vengono spacciate per nuove, dice qualcuno, navi dei veleni affondate al largo delle coste calabresi, complicità ampie, legali e illegali al tempo stesso, tutto passato attraverso le mani sporche della ‘ndrangheta locale…


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Navi dei veleni. Comitato Natale De Grazia e WWF chiedono la pubblicazione dei dati

Notizie vecchie che vengono spacciate per nuove, dice qualcuno, navi dei veleni affondate al largo delle coste calabresi, complicità ampie, legali e illegali al tempo stesso, tutto passato attraverso le mani sporche della 'ndrangheta locale che, con sommo disprezzo della terra in cui vive e opera da sempre, non ha esitato a stuprarla nascondendo al suo interno, nell'entroterra, come nei profondi fondali marini, enormi quantità di rifiuti tossici di ogni tipo. Quelle che sembravano fino a poco tempo fa semplici leggende metropolitane, a partire dal caso della Jolly Rosso spiaggaiata sulle coste di Formiciche (Amantea) nel 1990, stanno purtroppo prendendo sembianze sempre più reali e allarmanti. Decine di articoli, inchieste della magistratura,  una serie  di archiviazioni, hanno segnato le tappe di una storia sporca attorno alla quale troppi interessi hanno finito per convergere con l'unico scopo di insabbiare la verità.
Prima o poi però tutto torna a galla, sopratutto, quando a riportarlo in superficie è il mare, come è successo già la primavera di quest'anno quando due fusti metallici con all'interno residui di idrocarburi derivanti dalla lavorazione del petrolio (fortemente inquinanti), hanno fatto la loro comparsa a Paola e a Belvedere Marittimo.
E proprio dal mare arrriva in questi giorni la conferma di quanto già da anni era ben noto: il relitto della nave Kunsky, affondata al largo delle coste di Cetraro.
Le “ navi a perdere” ( così sono state chiamate nel corso degli anni, così vengono titolati i libri dedicati all'argomento), affondate nel mare nostrum sarebbero però tante, tra le 40 e le 100, stando alle denuncie di Legambiente, affondate tra la Calabria e l'Africa, 42 secondo il procuratore capo di Brescia Nicola Pace, che negli anni '90 era a capo dell'inchiesta analoga presso la procura di Matera, ben 39 solo tra il 1979 ed il '95 stando ai dati tratti dall'archivio STB Italia di Genova e Milano, e da varie compagnie assicurative, fra cui la Lloyd's Register of Shipping, sede di Genova, mentre ventisei casi vengono indicati dal comando generale delle capitanerie di porto.
Cifre altalenanti e tutt'ora incerte. Una mappa, probabilmente non completa di questi affondamenti, è reperibile on-line grazie all'inchiesta realizzata lo scorso anno da Nuova ecologia.
Difatti, in questo vero e proprio mare di silenzio gli unici a non mollare la presa sono state le associazioni ecologiste unitamente ai comitati civici. Da anni portano avanti una battaglia silenziosa, circondati il più delle volte dalla diffidenza, quando non addirittura dall'astio della gente che tende a bollarli come catastrofisti. Da Legambiente al Wwf, dalle sedi nazionali al locale e viceversa, grazie al lavoro costante di chi, da questa storia, ne esce realmente danneggiato: pochi ma tenaci cittadini.
Nasce così dalla locale sezione del WWF di Amantea, il Comitato civico Natale de Grazia, che porta tra i suoi meriti due in particolare: il primo, quello di non aver mollato la battaglia per la verità, l'altro quello di continuare a tenere in vita la memoria di una delle vittime, pressochè dimenticate, di tutta questa storia, il capitano di Corvetta Natale De Grazia, morto in circostanze poco chiare durante un viaggio da Paola a La Spezia, viaggio finalizzato a portare avanti le indagini sullo spiaggiamento della Jolly Rosso. Così lo stesso procuratore Nicola Pace ricorda De Grazia in un'intervista rilasciata a Famiglia Cristiana nel giugno del 2005: “L'avevo salutato al telefono proprio il giorno della sua morte, il 2 dicembre 1995. Era uno dei nostri investigatori migliori. Stava andando a fare delle verifiche sui registri nautici e accertamenti sull'affondamento di alcune di quelle navi sospette. Era in viaggio con dei colleghi. Dopo cena, si erano rimessi in macchina, diretti a La Spezia. De Grazia, improvvisamente ha reclinato il capo… Né io né il collega Neri abbiamo mai avuto informazioni precise sui dati necroscopici. La morte viene indicata per collasso cardiocircolatorio. Ma è chiaro che tutti moriamo per questa ragione. Non è nota la causa. De Grazia aveva 39 anni, e non aveva patologie. Come militare era sottoposto a costanti visite mediche. La mia intima convinzione è che l'abbiano ucciso: era un ufficiale davvero in gamba, in procinto di scovare prove sull'affondamento delle navi." Il “collega Neri” citato da Pace, è Francesco Neri, della Procura di Reggio Calabria, anch'egli impeganto a far luce sul traffico e smaltimento di rifiuti tossici.
“ Abbiamo capito quasi da subito che si trattava di un qualcosa molto più grande di noi e che per questo era necessario trasformare la battaglia del WWF in una battaglia cittadina… per questo abbiamo deciso di fondare un comitato civico”. A parlare è Gianfranco Posa, uno dei portavoce del Comitato civico Natale De Grazia nato e attivo ormai dal 2004.
I fatti si rincorrono: lo spiaggiamento della Jolly Rosso, il repentino smantellamento, l'apertura di un'inchiesta, le prime denunce giornalistiche, sia da parte di organi di stampa locali che da parte di settimanli nazionali, fra cui L'Espresso, tre archiviazioni… e qualche episodio “ strano” vissuto in prima persona da testimoni oculari: “ Uno dei componenti del nostro gruppo aveva scattato delle foto alla Jolly Rosso, ma il rullino della macchina fotografica gli venne strappato via dalla Guardia di Finanza lì presente…” racconta sempre Posa. “A questo poi, come si può leggere dalla stampa, si aggiungevano man mano le morti sospette: quella di De Grazia, di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin ( benchè in termini ufficiali venga negata qualsiasi relazione tra i due filoni investigativi), di qualcuno dell'equipagio della Rosso… Cominciavamo ad aver paura, paura per l'incolumità delle persone coinvolte nell'indagine. I tentativi di depistaggio e di affossamento ci sono stati eccome, per esempio, i tentati trasferimenti dei giudici, che stavano indagando sulla vicenda…”
Il percorso è stato costellato da una serie di ostacoli, dalla diffidenza della genete in primis, ignara di stare a contatto con una piccola Chernobyl, e, in seconda istanza dall'opposizione delle istituzioni e della politica locale, come anche delle associazioni di categoria, albergatori in testa, afferma il nostro interlocutore.
“Da subito abbiamo puntato a tenere alta l'attenzione sui siti di Foresta e Grassullo, che sapevamo essere contaminati, abbiamo avuto contatti con gli assessori della Sanità e dell'Ambiente e abbiamo ricevuto rassicurazioni in merito, ci avevano garantito che i siti sarebbero stati bonificati.”
Difatti, come si può leggere dalla trascrizione della seduta parlamentare del 15 luglio 2004, presidenza Mastella, (interrogazione dell'On.Vianello) l'interrogante fa riferimento alle navi a perdere, a Comerio, alla società Ignazio Messina e chiede esplicitamente la concessione di fondi per la bonifica dei siti inquinati. Interessante è la risposta fornita dall'allora sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento, senatore Ventucci, il quale non solo conferma il fatto che il Governo  è perfettamente a conoscenza del traffico di rifiuti tossici e nucleari, ma anche dell'affondamento delle navi, degli annessi traffici illeciti gestiti da Comerio, e dei siti contaminati dai rifiuti fuoriusciti dalla Jolly Rosso: “ Per quanto concerne gli aspetti penali della vicenda – si legge dalla trascrizione- la procura della Repubblica di Paola ha in corso un procedimento penale relativo al presunto smaltimento di rifiuti pericolosi. Nell'ambito di tale procedimento, nel gennaio 2004, la sezione inquinamento da sostanze radioattive del reparto operativo del Comando carabinieri e tutela dell'ambiente è stata delegata, dalla predetta procura, a svolgere indagini nelle zone interessate dall'incidente, con particolare riferimento a Grassullo, nel comune di Amantea (in provincia di Cosenza), e a Foresta Aiello, nel comune di Serra D'Aiello (sempre in provincia di Cosenza), dove, secondo alcune testimonianze, sarebbe stato interrato del materiale proveniente dalla motonave Rosso… In particolare, la procura ha chiesto l'effettuazione di misurazioni per un eventuale riscontro di radioattività che non ha fatto registrare variazioni rilevanti rispetto al fondo naturale di radiazione dei luoghi ( nota dello scrivente, radiazioni invece riscontrate nel corso di rilevazioni più recenti), mentre è stata individuata la presenza di fanghi di lavorazione industriale di minerale abbandonati nell'area di demanio pubblico. Per questi ultimi, interrati nella zona di Foresta, vicino all'alveo del fiume Oliva, in un'area verde di uso agricolo, le analisi effettuate hanno evidenziato alte concentrazioni di alcuni metalli pesanti che superano i limiti accettabili di inquinamento, provocando un pericolo concreto per il suolo, il sottosuolo ed i corpi idrici…”
Dunque il Governo sapeva, e sapeva che quei siti andavano bonificati. Così come sapeva l'amministrazione regionale di allora che si era impegnata a iscrivere quelle aree tra le zone da bonificare nell'immediato. Come ricorda lo stesso comitato in una nota: “ Non dimentichiamo che il 29 novembre del 2004 il Consiglio regionale approvò all’unanimità una mozione che impegnava la Giunta: 1) ad assicurare alla Procura di Paola la disponibilità di risorse finanziarie ed umane necessarie alla ricerca ed al recupero del materiale contenuto in quella nave dei veleni e smaltito nelle discariche circostanti indicate come quella di Grassullo e di Foresta; 2) a reperire le risorse finanziarie necessarie alla bonifica dei siti inquinati attingendo ai fondi Por, 3) a costituire una unità regionale di raccordo tra gli enti locali, le popolazioni ed il comitato civico “Natale De Grazia…per la verità sulla Jolly Rosso”. Non dimentichiamo che qualche giorno dopo l’assessore regionale all’ambiente Basile ed il presidente del Consiglio on. Fedele si impegnarono con alcuni componenti del Comitato ed alla presenza dell’on. Mario Pirillo, di porre al primo posto tra le discariche da bonificare quelle di Foresta e Grassullo dove si ipotizzava fosse finito il carico di quella nave.”
Oggi ilComitato va avanti per la sua strada e la bonifica di quei siti la pretende, come pretende che vengano resi pubblici i dati dei rilievi effettuati per conto della Procura. A questo scopo, dall'inizio di settembre è stata avviata una petizione popolare che ha traccolto già 2.000 adesioni e che rimarrà aperta fino alla fine del mese. “La gente sente parlare di dati e nomi che non dicono nulla, noi vogliamo che invece i nostri esperti possano averli tra le mani e spiegare finalmente cosa significa, per la popolazione locale, la presenza di Cesio 137, 5 volte superiore alla norma…” Sottolinea Posa. La petizione verrà inviata alle più alte cariche dello stato, ai ministeri e agli enti competenti.
Intanto un primo passo verso la collaborazione tra il Ministero dell'ambiente e la Regione Calabria è stato fatto: “
Due gli accordi raggiunti a Roma – ha riferito l'assessore calabrese per l'Ambiente Silvestro Greco – per non lasciare la Regione ad affrontare da sola questa emergenza, senza i mezzi e le competenze necessarie''.
Il primo accordo riguarda l'impegno del Ministero dell'Ambiente per la 'caratterizzazione' a terra, attraverso indagini ed analisi da realizzare in collaborazione con Arpacal. Il secondo e' un intervento a mare con la nave 'Astrea' dell'Ispra, per effettuare rilevamenti su ogni tipo di campione in grado di fornire informazioni sulle tipologie e la diffusione degli inquinanti contenuti nei bidoni della stiva di quella che ormai sembra essere la nave fantasma 'Cunski'.
Non risulta invece mai essere arrivata a destinazione la lettera inviata dal Comitato civico, con la quale si chiede conto dei rilievi già effettuati.
“Stiamo anche pensando di scendere nuovamente in piazza, ma stavolta a Roma, dove ci sono i nostri veri interlocutori per chiedere che si continui ad indagare lungo il greto del fiume Oliva perchè il timore è che le aree contaminate siano molto più vaste". Un appello alle istituzioni dunque, ma senza dimenticare che è necessaria una forte presa di coscienza e una grande mobilitazione da parte di tutti i cittadini coinvolti. “Crediamo che se tutto questo fosse accaduto in qualche comune del Nord o del centro Italia le popolazioni si sarebbero sollevate compatte imponendo interventi immediati e risolutivi. Quando, nel 1976, scoppiò il caso della Icmesa di Seveso il fatto divenne un caso nazionale ed internazionale grazie alla mobilitazione della gente e la bonifica del suolo venne fatta in tempi brevi.”

Fonte: Articolo21

16 settembre 2009

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