Karzai canta vittoria, ma l’Onu dice no
Andrea Pira - ilfattoquotidiano.it
Il presidente uscente dell’Afghanistan ha superato il 50 percento dei voti necessari a essere rieletto al primo turno. Ma la commissione Onu incaricata di monitorare la validità del voto ha sollevato seri dubbi a causa dei numerosi brogli riscontrati.
Senza troppe sorprese il grande favorito della tornata elettorale del 20 agosto, il presidente uscente Hamid Karzai, assapora la vittoria definitiva, ma sul suo trionfo si allunga l'ombra dei brogli. Dopo lo scrutinio del 91 percento delle schede la Commissione elettorale indipendente afghana (Cei), ha annunciato che Karzai ha ottenuto il 54 percento delle preferenze, percentuale sufficiente a evitargli il ballottaggio ed essere così rieletto al primo turno. Una vittoria sfavillante verrebbe da dire, con il suo principale avversario fermo al 28 percento delle preferenze e ormai fuori dai giochi. Sulla vittoria del presidente incombono però le accuse di frode. Ci sono «chiare e convincenti prove di brogli» denuncia la commissione voluta dalle Nazioni unite per monitorare il processo elettorale. Presieduta dal canadese Grant Kippen la Commissione è composta da tre membri internazionali- nominati dall'Onu- e due afgani – scelti dalla Corte suprema nazionale e la Commissione indipendente afgana per i diritti umani, ha l’autorità di ordinare un riconteggio di tutte le schede con forti indicazioni di irregolarità. Un potere che la Commissione ha messo in pratica disponendo un riconteggio nei seggi incriminati, dopo aver esaminato le 720 denunce ritenute prioritarie tra le 2000 pervenute. In molti casi il numero delle schede nelle urne superava il numero delle schede inviate ai seggi, altre volte le preferenze a favore di un candidato raggiungevano percentuali bulgare, come il 100 percento dei voti conquistati da Karzai in alcuni seggi. Per adesso sono stati annullati 200 mila voti, raccolti in 447 seggi. I sospetti riguardano almeno 600 seggi, più o meno il 10 percento delle quasi 7000 stazioni elettorali sparse nel paese. E in molti casi le denunce più gravi si concentrano nelle province meridionali e orientali di Ghazni, Paktika e Kandahar, roccaforti elettorali del presidente uscente. A passare di nuovo sotto la lente degli scrutinatori, e soprattutto degli osservatori, saranno quei seggi nei quali è stata registrata un'affluenza alle urne del 100 percento o dove un singolo candidato ha ottenuto più del 95 percento dei consensi. Intanto l'annuncio delle percentuali dato dalla Commissione elettorale indipendente è parso per lo meno prematuro, tanto da spingere il presidente dell'organismo, Daoud Ali Najafi, a una parziale marcia indietro. Najafi ha ricordato che si tratta di dati «preliminari e parziali», per conoscere i risultati ufficiali bisognerà attendere che tutti i ricorsi presentati alla Commissione per i reclami elettorali (Ecc) vengano esaminati. Dando uno sguardo alla mappa dei conteggi il 9 percento dei voti da scrutinare riguarda quasi interamente zone pashtun, il gruppo a cui appartiene lo stesso Karzai. Il divario con Abdullah sembrerebbe quindi destinato ad aumentare. Cresce anche l'irritazione della comunità internazionale per le accuse dei presunti brogli. La Casa Bianca ha sollecitato i dirigenti afghani affinché si assicurarino che le elezioni abbiano un risultato affidabile. Lunedì sera in un incontro straordinario con il presidente Karzai, l'ambasciatore statunitense, Karl Eikenberry, e l'alto funzionario dell'Onu, Peter Galbraith hanno espresso forti preoccupazioni per quanto sta avvenendo. Timori ai quali Karzai ha risposto dalle colonne del quotidiano francese Le Figarò. Forte del consolidarsi del vantaggio sul suo principale sfidante, Karzai parla da presidente. Annuncia l'intenzione di avviare negoziati con i Talebani entro cento giorni dalla sua rielezione e confermail ruolo di mediazione dell'Arabia Saudita tra il governo di Kabul e le milizie. Ma soprattutto non risparmia critiche agli Stati uniti, che dice, parlando di se in terza persona, «attaccano Karzai perché lo vogliono più docile – e continua – nessuno ha interesse ad aver un presidente afghano che sia un pupazzo degli americani». Parlando delle irregolarità nel voto il presidente non si scompone e ricorda come anche nel 2004, quando vinse con il 55 percento dei voti, ci furono brogli, un fenomeno «inevitabile in una democrazia nascente». Ma l'attacco più duro è rivolto ai media americani e inglesi, che accusa di «mancanza di rispetto» nei riguardi delle elezioni e di voler delegittimare il futuro governo afghano. Dimostra così di non aver gradito la denuncia del New York Times che parla di seggi inesistenti creati dai sostenitori del presidente per consentire di contare come validi, e a suo favore, dei voti che nessuno aveva dato. A rivelare la frode sarebbero stati degli anonimi «funzionari occidentali», che avrebbero così svelato gli 800 seggi, esistenti solo sulla carta, utili a gonfiare i voti. Lo sfidante Abdullah Abdullah intanto ha annunciato di voler disconoscere il risultato in caso di brogli. E ora toccherà alla Cei cercare di provare la validità delle elezioni e ridare credibilità al voto.
Fonte: Lettera22 e il Manifesto
9 settembre 2009