Ahmadinejad apre a Obama, ma sul nucleare non si tratta


Gabriel Bertinetto


Obama aveva suggerito un serio negoziato diplomatico. Ahmadinejad risponde proponendo un dibattito televisivo. Per il leader iraniano “va comunque escluso da qualunque trattativa il nostro programma nucleare”.


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Ahmadinejad apre a Obama, ma sul nucleare non si tratta

Strano modo di dialogare, all’insegna dello spettacolo più che della normale prassi diplomatica. All’offerta di Barack Obama, che prima e dopo essere eletto alla casa Bianca, si era detto disposto ad incontrare personalmente i leader iraniani, il presidente Mahmoud Ahmadinejad risponde rispolverando una sua vecchia trovata pubblicitaria. Un dibattito televisivo fra lui e il Capo di Stato Usa. L’aveva gia detto quando alla casa Bianca sedeva Gorge Bush. Lo ha ripetuto ieri in una conferenza stampa tenuta all’indomani dell’insediamento del suo nuovo governo.

Uranio arricchito
Comunque sia, mette le mani avanti Ahmadinejad, un eventuale negoziato verterebbe sui grandi problemi mondiali e sulle possibili soluzioni da trovare tutti assieme, ma non sul nostro programma atomico. In altre parole, nel momento stesso in cui apre la porta alla discussione, il capo di Stato iraniano la richiude, visto che proprio la questione nucleare è quella che sta a cuore affrontare agli Usa ed alla comunità internazionale nel suo insieme.
Dice Ahmadinejad, riconfermato presidente il 12 giugno in un’elezione viziata secondo l’opposizione da giganteschi brogli, che “dal nostro punto di vista il tema del nucleare è chiuso”. “Non rinunceremo ai nostri inalienabili diritti”, cioè al progetto di sviluppare la produzione di energia nucleare per usi civili attraverso l’arricchimento dell’uranio. Il rifiuto di considerare qualunque altra tecnologia che non sia l’arricchimento dell’uranio è considerata alamente sospetta dagli Usa e dall’Europa, perché quel tipo di lavorazione può essere finalizzato anche alla fabbricazione di ordigni.

Assemblea Generale dell’Onu
Ahmadinejad sarà a New York a fine settembre, dove parlerà all’Assemblea generale delle Nazioni Unite. Potrebbe essere l’ultimo suo discorso all’estero prima del varo di nuove sanzioni da parte dell’Onu. Se la repubblica  islamica confermerà l’indisponibilità a rivedere l proprie posizioni in materia nucleare, il Consiglio di sicurezza del Palazzo di vetro sarà chiamato a votare su un indurimento dei provvedimenti punitivi nei suoi confronti. Il gruppo dei cosiddetti 5+1 (la Germania più i membri permanenti del Consiglio di sicurezza, vale a dire Usa, Cina, Russia, Francia, Gran Bretagna) ha dato tempo a Teheran sino a fine mese per rispondere all’offerta di vantaggi economici e commerciali in cambio dell’abbandono delle tecnologie sospette. I 5+1 sono disposti ad aiutare l’Iran a mettere in atto un programma nucleare diverso da quello che viene al momento perseguito, che non possa essere deviato verso fini militari. Sinora ha ricevuto solo dei no.
Mentre esprime una generica e propagandistica disponibilità al dialogo con il mondo esterno, Ahmadinejad torna ad accusare di “complotto” presunti “nemici” stranieri. Una tesi non nuova, spesso ripetuta in questi mesi sia da lui che dalla Guida suprema Ali Khamenei, per dipingere come eterodirette le proteste popolari contro il regime e  i brogli.
La repressione intanto non conosce momenti di pausa. L’agenzia Fars riferisce che contro un figlio del leader anti-Ahmadinejad, Mehdi Karroubi, la magistratura ha emesso un mandato di cattura per “irregolarità in attività economiche” e per aver avuto “un ruolo nei disordini” di piazza. Il quotidiano Etemad rivela inoltre che fra le tante persone arrestate in giugno ci sono due funzionari del ministero degli Interni addetti agli apparati di controllo della macchina elettorale. Più recente l’arresto di Atefeh Emam, 18 anni, figlia di un oppositore gia in carcere da tempo, Javad Emam. Il sito del partito riformatore Mosharekat sostiene che Arefeh è stata prelevata e portata in una località sconosciuta.
Il regime teme una ripresa delle manifestazioni ostili. Per questo sono state cancellate o ridimensionate una serie di cerimonie religiose collegate al Ramadan, il mese del digiuno islamico, iniziato il 22 agosto scorso. Esclusi dalla predicazione in un rito fissato per domani a Qum, alcuni religiosi noti per le posizioni critiche verso il governo. Vietato all’ex presidente Khatami intervenire alle cerimonie che sempre a partire da domani sono previste presso il mausoleo di Khomeini. Addirittura annullato il tradizionale grande raduno che nello stesso edificio avrebbe dovuto svolgersi a fine settimana. I responsabili del mausoleo giustificano la decisione in base a non meglio precisati “problemi”. Il custode del mausoleo, Hassan, 37 anni, è nipote di Khomeini, e sostiene politicamente il capo dell’opposizione Mir Hossein Mousavi.

Fonte: l'Unità

8 settembre 2009

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