Afghanistan al voto, due milioni di esclusi
Emanuele Giordana - Lettera22
E’ la valutazione semi ufficiale che gira ormai tra i palazzi di Kabul dove si sta mettendo a punto la parte finale della macchina del voto del 20 agosto.
Due milioni di afgani non andranno a votare. E' la valutazione semi ufficiale che gira ormai tra i palazzi di Kabul dove si sta mettendo a punto la parte finale della macchina del voto del 20 agosto. Una fase delicata perché prevede il trasporto del materiale elettorale dai centri provinciali dove si trovano i responsabili della Commissione elettorale nazionale (Indipendent Election Commission -Iec) sino ai seggi. Una fase che si concluderà il 18 agosto. E solo in quella data, sarà possibile quantificare con esattezza il numero di seggi che saranno effettivamente aperti il giorno delle elezioni per l'elezione del presidente e il rinnovo dei Consigli provinciali. Ufficialmente il numero dei seggi che resteranno chiusi si aggira sui 700 ma una stima che sembra essere abbastanza certa dice che il numero dei centri elettorali dove si potrà votare in sicurezza saranno meno del 90% del totale, nove su dieci insomma, con un totale dei seggi previsti che sarebbe poco meno di settemila e dunque in oltre 6mila (6200 ufficialmente) si potrà inserire la scheda nell'urna.
La campagna elettorale afgana è piena di ombre, difficoltà, incertezze e, al di là delle voci insistenti sugli acquisti a suon di dollari delle schede elettorali personali, che già mettono a rischio la trasparenza del voto su cui nessun osservatore occidentale si sente di scommettere, il problema della sicurezza potrebbe significare l'esclusione dalla consultazione di circa 2 milioni di elettori nelle aree ad alto rischio del Sud e nell'Est, ossia in zone a prevalenza pashtun. Un collasso di voti relativo in termini generali (sono circa 17milioni gli aventi diritto, 4 milioni e mezzo in più delle passate elezioni come spiegano all'Iec, ma pesante per i candidati che basano le loro percentuali di riuscita anche sul voto “etnico”. Una vicenda che preoccupa soprattutto Karzai, la cui roccaforte elettorale, oltre che nei centri urbani, è soprattutto al Sud, area da cui proviene la sua potente famiglia (e dove i sostenitori di Karzai dicono di poter contare sul 90-95% dei suffragi) che in questi mesi si è data molto da fare per garantirgli pacchetti di voti e consenso tra le tribù dei pashtun. Sarebbe proprio questo il motivo per cui soprattutto suo fratello Wali, un personaggio molto controverso quanto potente, avrebbe fatto una serie di patti con comandanti talebani locali – come riportava ieri il quotidiano britannico Guardian – per avere garanzie sulla maggior affluenza possibile.
“L'ipotesi brogli – ci spiega un diplomatico internazionale – è elevata” anche se ufficialmente nessuno lo dice e del resto alla stessa Commissione elettorale, più o meno ufficialmente, ammettono di aver avuto notizia di irregolarità di diverso tipo al momento delle registrazioni di voto in molti casi “duplicate” ad arte. Il cahier de doléance presentato allll'Afghanistan Electoral Complaints Commission (Aecc), dove le Nazioni unite hanno messo il canadese Grant Kippen a supervisionare la trasparenza del processo elettorale, è infatti abbastanza lungo visto che, a fine luglio erano già arrivate sul tavolo di Grant, 28mila denunce.
I funzionari che supervisionano il processo elettorale però restano ottimisti sulla fase più delicata: lo spoglio in cui le irregolarità saranno tenute sotto stretta osservazione proprio per evitare il moltiplicarsi del voto o per evitare che a votare siano minorenni o persone che si presentano con la scheda di altri. Per altro, il voto sarà abbastanza “osservato”: in totale si parla di qualcosa come 180mila persone che si prenderanno cura della trasparenza dello spoglio tra funzionari pubblici e osservatori nazionali e internazionali. Tra questi ci sono oltre 100mila rappresentanti di lista a monitorare il voto dei Consigli provinciali, una percentuale che scende nel caso dei conteggi per il presidente.
Intanto Karzai, che i sondaggi danno al 45%, lontano dunque da una vittoria sicura al primo turno, nell'ultimo spicciolo di giorni, sta giocando le sue ultime carte. Dopo aver aperto ad Ashraf Ghani (un candidato che viene dato al 4% ma che sottrarrebbe voti soprattutto a Karzai) offrendogli una poltrona da “super premier”, adesso ha offerto un altro super posto nel suo gabinetto anche ad Abdullah Abdullah, il suo ex ministro degli esteri molto forte nel Nord e che i sondaggi danno attorno al 25%, una percentuale importante. Ma entrambi hanno risposto picche: la polemica tra i tre anzi si fa più infuocata specie dalle parti di Ghani che non ha perso l'occasione di criticare Karzai (già definito un uomo che ha ridotto l'Afghanistan al primato di stato fallito”) dopo che il presidente, per la seconda volta, ha rifiutato il faccia a faccia televisivo coi contendenti appena ripropostogli. Aveva già detto di no in luglio evitando lo scontro con due candidati che evidentemente, al di là dei sondaggi, lo preoccupano non poco.
Infine c'è un'ultima preoccupazione: il governo ha dato luce verde a gruppi di milizie tribali che nelle aree a rischio dovranno dare una mano alla polizia per garantire il voto. Le milizie dipenderanno dai capi villaggio e dovranno avere armi “registrate” e, comunque, prenderanno ordini soltanto dai responsabili del ministero dell'Interno. Ma 10mila uomini – tanti saranno i “tribsmen” assoldati – presumibilmente scelti tra i fedeli di Karzai nelle zone calde dove i controlli saranno più complessi, non sono certo una garanzia di trasparenza.
Fonte: lettera22.it
15 Agosto 2009