Ciad: la maledizione del petrolio


Nigrizia.it


L’unico modo per perseguire giustizia, riconciliazione e pace in Africa, è porre fine allo sfruttamento indiscriminato delle ricchezze ad opera delle potenze straniere. Lo sostiene mons. Michele Russo, da due decenni vescovo di Doba, nella regione petrolifera del sud del Ciad.


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Ciad: la maledizione del petrolio

"Da quando, il 10 ottobre del 2003, è iniziato lo sfruttamento delle risorse petrolifere la situazione per la mia gente invece che migliorare è peggiorata". Monsignor Michele Russo vive da più di trent'anni in Ciad e da un ventennio è vescovo comboniano della diocesi di Doba, al centro della ricca zona petrolifera del sud.

Mons. Russo guarda al secondo Sinodo dei Vescovi in africa (in Vaticano dal 4 al 25 ottobre) con una certa dose di speranza, ma anche con la consapevolezza delle difficoltà che la chiesa è chiamata ad affrontare in molte realtà del continente. "Come si fa – dice – a parlare di giustizia, pace e riconciliazione (temi centrali del Sinodo), quando non siamo padroni di quello che abbiamo".

Nella regione petrolifera del sud l'inizio dell'estrazione ad opera delle multinazionali straniere ha causato l'immigrazione di migliaia di ciadiani da altre province alla ricerca di lavoro. La domanda di beni di prima necessità è aumentata ma l'offerta è rimasta molto bassa, cosicché i prezzi, racconta, sono addirittura quadruplicati. La gente, che sperava di migliorare le proprie condizioni di vita, oggi maledice il petrolio e ha perso ogni speranza di un futuro migliore. Delusione, povertà e frustrazione hanno così favorito l'aumento dell'uso di alcolici, ai quali una sempre più ampia fascia di popolazione fa ricorso.

"Anche le organizzazioni umanitarie internazionali che prima ci sostenevano con progetti di sviluppo e finanziamenti, da quando è iniziata l'estrazione ci hanno abbandonato – denuncia il comboniano – e la mia diocesi, la mia comunità, non ha più la forza economica per sopravvivere. Ed è umiliante venire in Italia a chiedere aiuto per non mandare tutti a casa". "Fa rabbia vedere – continua il vescovo – che la maggioranza della gente non ha lavoro e vive in miseria, mentre a venti chilometri dalla sede vescovile, dal terreno ogni giorno escono 8 milioni di dollari in oro nero. Stiamo sfruttando l'Africa con quattro mani e in cambio diamo l'elemosina, di cui l'Africa non ha davvero bisogno. E questo è un gioco che deve finire".

E' un appello accorato quello che mons. Russo lancia un appello "ai vescovi dell'Africa, al Santo Padre, ai membri dei G8 e all'umanità intera". Perché, dice, l'unico modo per perseguire giustizia, riconciliazione e pace in Ciad come in tutta l'Africa, è porre fine allo sfruttamento indiscriminato delle ricchezze ad opera delle potenze straniere. "Vorrei che i grandi della terra comprendessero una cosa: l'Africa dal 1960 non ha trovato pace perché ha troppe ricchezze. Petrolio, oro, diamanti, legname, coltan, uranio di cui il continente è ricco, potrebbero fare dell'Africa un paradiso, ma ci vengono rubati". E quel poco che resta per le popolazione viene risucchiato da amministratori e politici corrotti.

Racconta mons. Russo il caso dei nuovi impianti sportivi di Doba, moderni e curatissimi, ma senza il pallone, dell'asfaltatura della strada N'Djamena-Kumra dove solo una piccola parte dei soldi stanziati sono finiti in opere, racconta ancora del nuovo stadio di Doba e dei 4 miliardi investiti dei quali forse uno è stato utilizzato. Una struttura che non può essere usata perché non omologata. E chiede che questo sistema di cose, dallo sfruttamento delle risorse alla corruzione, venga smantellato. Un impegno, dice, che deve essere preso dalle stesse potenze occidentali che lo hanno creato.

Fonte: nigrizia.it
24 Luglio 2009

 

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