Gerusalemme, da Netanyahu il secondo no a Obama
Umberto De Giovannangeli - L'Unità
Gerusalemme Est divide Netanyahu da Obama. Alla richiesta Usa di bloccare la costruzione di nuove unità abitative, il premier israeliano ribatte seccamente: Gerusalemme è capitale indivisibile dello Stato ebraico.
«Israele non può accettare il principio che ebrei non abbiano il diritto di acquistare o di costruire appartamenti in ogni parte di Gerusalemme est… Mi immagino cosa accadrebbe se qualcuno proponesse che ebrei non possano vivere o acquistare (appartamenti) in determinati rioni di Londra, New York, Parigi o Roma. Di certo sentiremmo elevate proteste internazionali. A maggior ragione non è possibile accettare limitazioni del genere a Gerusalemme est». Così Benjamin «Bibi» Netanyahu replica, durante la riunione del consiglio dei ministri, alla richiesta di Washington di fermare il progetto edilizio a Gerusalemme est di un miliardario ebreo americano. BIBI CONTRO OBAMA «La nostra politica è che tutti gli abitanti di Gerusalemme possono acquistare appartamenti in tutto il territorio urbano», rimarca Netanyahu. «Questa è stata la politica di tutti i governi israeliani passati. Non c’è divieto agli arabi di comprare appartamenti a Gerusalemme ovest e non c'è divieto agli ebrei di costruire o acquistare appartamenti a Gerusalemme est. Si tratta di una politica di “Città aperta”», osserva il premier. Per questo, insiste Netanyahu, è stato messo in chiaro al presidente Barack Obama che la questione delle costruzioni a Gerusalemme est non può essere collegata alla discussione degli insediamenti,di cui l'amministrazione americana chiede uno stop completo. Il progetto edile al centro della nuova disputa riguarda un grande immobile disabitato, situato nel quartiere arabo di Sheikh Jarrah, che apparteneva in passato alla famiglia del mufti di Gerusalemme Haj Amin al-Hussein e che dopo la seconda guerra mondiale era stato trasformato in albergo fino al 1967. Negli anni Ottanta lo stabile era stato acquistato da un ricco uomo d'affari ebreo,Irving Moskowitz, molto vicino all'estrema destra israeliana, con l'intento di trasformarlo in venti appartamenti per acquirenti israeliani L’ANP PROTESTA Prima della riunione del governo, la radio israeliana aveva rivelato che durante il weekend all'ambasciatore israeliano a Washington Michael Oren, convocato al Dipartimento di Stato, era stato vivamente consigliato di fermare il progetto di Moskowitz. Agli americani Oren ha risposto che il governo israeliano non considera i progetti edilizi a Gerusalemme est diversi da quelli nel resto del Paese dal momento che non possono essere accumunati alle costruzioni negli insediamenti. E quindi aveva, a nome del governo, rifiutato di accogliere la richiesta. Gli Stati Uniti considerano la zona orientale di Gerusalemme come territorio palestinese occupato e chiedono un alt ai progetti di costruzione, mentre gli israeliani considerano la zona, occupata nel 1967 e poco dopo annessa, come parte della «capitale indivisa». La controversia aggiunge nuovi motivi di tensione nelle relazioni tra i due Paesi, già avvelenate da quella intorno alla richiesta americana di totale congelamento della politica di insediamenti in Cisgiordania. Anche il rinvio della visita in Israele dell'inviato Usa in Medio Oriente George Mitchell appare confermare che un'intesa sugli insediamenti è ancora lontana. Immediata la reazione palestinese alle affermazioni di Netanyahu: «Non ci sarà mai la pace fra israeliani e palestinesi se Gerusalemme est non sarà la capitale del futuro Stato», afferma il negoziatore capo palestinese, Saeb Erekat. «Colonizzazione e dialogo – aggiunge Erekat – sono inconciliabili. E il presidente Obama ne è consapevole».
Fonte: l'Unità
20 luglio 2009