Fame, clima e Iran. Solo millantato credito


Umberto De Giovannangeli - L'Unità


La posta in gioco. Su ogni emergenza tanti saranno i documenti, ma decidere è un’altra storia. Magari al G20 di settembre a Pittsburgh.


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Fame, clima e Iran. Solo millantato credito

Una produzione industriale di documenti. Una valanga di messaggi di speranza, di avvertimenti, di suggestioni. Ma di decisioni impegnative sarà difficile trovare traccia nel summit dell’Aquila. Il G8 delle buone intenzioni. E del Cavaliere del millantato credito. A L’Aquila – preannuncia sul Sole 24 Ore l’ambasciatore Giampiero Massolo, coordinatore dei lavori preparatori e dei documenti di base del G8 – nascerà «una governance stabile e strutturata in cui G8 ed economie emergenti collaboreranno per crescita e sviluppo». Bene. Peccato, però, che lo stesso Massolo, con encomiabile onestà intellettuale, debba rilevare che c’è chi – la cancelliera tedesca Angela Merkel e, sia pure in forma meno perentoria, lo stesso Barack Obama – punta più sul G20 di settembre a Pittsburgh, come sede in cui definire le nuove regole della finanza mondiale. Il G8 delle buone intenzioni. E della falsa coscienza. Emblematico in proposito l’annosa vicenda degli aiuti ai cosiddetti paesi in via di sviluppo. Un dato, anzitutto: nel 2007 il debito dei paesi in via di sviluppo verso l’Occidente ammontava a 3,3 miliardi di dollari, contro i 2,2 del 2000. Una tangibile riprova della scarsa incidenza dei vari vertici G8. Promesse. Mai mantenute. Sulla riduzione degli aiuti economici all’Africa «siamo nel torto assoluto. Quando si assume un impegno bisogna mantenerlo. Noi siamo in ritardo e questo ritardo dobbiamo colmarlo», ammette il premier italiano. Chissà se al Cavaliere avranno fatto leggere l’ Independent che ieri pubblicava un’intervista a Max Lawson, dirigente dell’Ong Oxfam International, secondo cui «il curriculum dell’Italia nell’aiuto estero è immorale». E chissà se qualche suo stretto collaboratore abbia ricordato al Cavaliere che nel summit G8 svoltosi a Gleaneagles nel 2005 (con Berlusconi presidente del Consiglio) fu concordato di raddoppiare gli aiuti destinati alla cooperazione in Africa fino ad arrivare a 50 miliardi di dollari, ed allo 0,51 dei Pil nazionali, entro il 2010, e allo 0,7 entro il 2015. Pochi l’hanno fatto, qualcuno lo ha perfino superato, o vi si è avvicinato. Molto lontani Italia e Francia. Intanto in Africa si continua a morire come mosche per fame, mancanza di acqua, malattie curabilissime (al di là del flagello dell’Aids che sconvolge soprattutto la regione subsahariana), di parto. La fame e la povertà, già da sempre devastanti, stanno avanzando a passi da gigante poiché la crisi internazionale, seppur con qualche ritardo, si è abbattuta come una ghigliottina su economie già debolissime, portando ad aumenti esorbitanti del costo del cibo, una carestia a cui la popolazione non può far fronte. Se non si pone un freno a questa deriva che accelera- avverte Amnesty International nel suo ultimo rapporto – l’Africa apparirà sempre più come un cimitero nel cuore del quale è innescata una spaventosa bomba in grado di far saltare tutti gli equilibri politici. Dall’emergenza-Africa, a quella climatica. Il Cavaliere conferma come la «lotta ai cambiamenti climatici sia nell’agenda del G8 come una delle priorità della Presidenza italiana…». Ben strana priorità. Visto che in oltre un anno di governo di centrodestra, sono stati azzerati oltre 1 miliardo di euro dalle politiche ambientali, alle energie rinnovabili e al fondo per Kyoto. Promettere non costa nulla. Mantenere, sì. Ma il G8 delle buone intenzioni non sembra proprio voler essere risolutivo. Sul clima, come sul fronte caldissimo dell’Iran. Una discussione politica «intensa» su violenze e repressioni, ma nessuna indicazione su nuove possibili sanzioni. La crisi iraniana sarà una delle emergenze più spinose sul tavolo del G8 dell’Aquila. L’obiettivo strategico di impedire che Teheran sviluppi l’arma nucleare unisce la comunità internazionale. Ma è sulla tattica per arrivarci che gli otto Grandi si presenteranno all’Aquila con visioni diverse tra loro. Da una parte gli europei – con Francia, Gran Bretagna e Germania in testa – che spingono per condannare duramente la violenta reazione del regime degli ayatollah contro le proteste post-elettorali e puntano a lasciare sul tavolo la pistola carica di un irrigidimento delle sanzioni. Dall’altra la Russia – appoggiata dalla Cina, che pure parteciperà ai lavori del summit aquilano – che di misure del genere non vuole sentire parlare, e anzi sta contribuendo ad ultimare la prima centrale nucleare iraniana a Bushehr. Nel mezzo gli Stati Uniti: Washington vuole naturalmente frenare le ambizioni atomiche di Teheran, ma Barack Obama ha già chiarito che la mano dell’America e della comunità internazionale resterà tesa fino alla fine dell’anno. Con l’obiettivo di offrire una sponda ai moderati iraniani e nella speranza che, quella mano, Teheran si decida a raccoglierla. E l’Italia? Il caos regna sovrano. Nei giorni scorsi Berlusconi aveva evocato esplicitamente la possibilità che il G8 si muovesse verso nuove sanzioni, riferendosi ad alcune «telefonate» avute con gli altri leader. Una prospettiva, ha subito frenato il titolare della Farnesina Franco Frattini dopo le cautele espresse dalla Casa Bianca, di cui si parla su «tavoli europei più confidenziali», ma che al momento appare «prematura». All’Aquila si avrà «una discussione politica che includerà tutte le opzioni» (esclusa una, quella militare), ma «non verranno adottate delle decisioni», anticipa Frattini.

Fonte: l'Unità

6 luglio 2009

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