La fiaccola contro i crimini in Darfur passa da Roma
La redazione
Arriva anche in Italia, il 16 settembre, la staffetta per dire basta al genocidio e ai crimini contro l'umanità nella regione occidentale del Sudan. Testimonial italiana della campagna, l'attrice Monica Guerritore.
Anche l’Italia ospita, in occasione della giornata mondiale per il Darfur, la fiaccola della Pace partita da Oure, nel Ciad orientale, per sostenere la campagna "Un sogno olimpico per il Darfur". A dare il via all’iniziativa è stata l'attrice statunitense Mia Farrow, da anni attivista per i diritti umani e ambasciatrice dell'Unicef. Testimonial nel nostro Paese, invece, è l’attrice Monica Guerritore, che il 16 settembre sarà affiancata, a Roma, da altri tre tedofori: Daniele Nahum, presidente dell’Unione giovani ebrei italiani, e due volti noti del giornalismo italiano, Tiziana Ferrario (Tg1) e Toni Capuozzo (Tg5). La fiaccola, ultimato il suo simbolico percorso (partenza prevista alle 10,45 dal Portico d’Ottavia), sarà consegnata a un sopravvissuto del Darfur. Alla cerimonia seguirà la presentazione di un reportage sul Darfur e un dibattito al termine del quale si esibiranno i Marcosbanda, vincitori dell’edizione 2007 del festival “Voci per la libertà”.
All’iniziativa, promossa da Italians for Darfur e patrocinata dal Comune di Roma, hanno aderito l’associazione Articolo21, da tempo impegnata nell’azione di sensibilizzazione dei media nei confronti della crisi umanitaria in Darfur, la sezione italiana di Amnesty International, la Comunità Ebraica, l’Ugei e l’associazione “Nessuno tocchi Caino”. Obiettivo della staffetta, che porterà una simbolica fiamma olimpica nei principali luoghi teatro di genocidi e di crimini contro l’umanità, è di esercitare pressioni sulla Cina, primo importatore di petrolio sudanese, affinché incoraggi il governo di Khartoum a lavorare insieme alle forze d'interposizione dell'Onu e dell'Unione Africana per la pace nella tormentata regione occidentale del Sudan.
Il conflitto in Darfur, nell’arco di quattro anni, ha provocato non meno di 200.000 morti e ha costretto due milioni e mezzo di persone alla fuga (stime Onu), destinandole a una vita da sfollati sia all'interno del Sudan, sia nei campi profughi in Ciad, circostanza che di fatto ha allargato il conflitto anche a questo paese confinante.