Netanyahu oggi a Roma: insieme per pace e sicurezza
Eric Salerno
Netanyahu approda oggi a Roma, prima tappa della sua prima missione in Europa. Sanzioni all’Iran e appoggio sulle colonie, le richieste a Berlusconi.
Il futuro del regime iraniano è un punto interrogativo, il mondo palestinese è in ebollizione mentre aumentano le possibilità della riconciliazione tra Autorità nazionale e Hamas, e il premier israeliano sta forse per portare a casa un importante successo, ossia la liberazione del caporale Shalit rapito dai militanti nella striscia di Gaza quasi tre anni fa. E’ su questo sfondo incerto che Netanyahu approda oggi a Roma, prima tappa della sua prima missione in Europa.
Il governo Berlusconi è da sempre vicino alle posizioni israeliane ma divergenze sono probabili quando i leader affronteranno i temi in cima all’agenda. Nel mirino del governo israeliano è la possibilità che l’Iran possa dotarsi di armi nucleari. “Con ciò che sta accadendo in questi giorni nelle strade di Teheran, parole e condanne verbali non bastano più”, ha spiegato a Gerusalemme un portavoce del premier che insisterà con l’Italia e con gli altri Paesi europei per l’introduzione di nuove sanzioni. Riceverà una risposta interlocutoria. L’interscambio Italia – Iran ha raggiunto i sei miliardi di dollari e Roma, con il consenso americano, punta al dialogo con Teheran, non a mettere il Paese con le spalle al muro. Sulla questione palestinese, i contrasti sono noti e Netanyahu difficilmente riuscirà a convincere l’Italia e gli europei a sostenere il suo rifiuto di bloccare l’ampliamento degli insediamenti nei territori palestinesi occupati. L’Ue, come Washington, considera le colonie un ostacolo alla pace. E ha indicato che il discorso programmatico pronunciato dal premier una settimana fa costituisce “un buon inizio” ma non abbastanza.
Il giudizio è condiviso anche dal presidente egiziano Mubarak, che lavorando in campo palestinese e arabo per creare le condizioni favorevoli alla ripresa dei negoziati. La riconciliazione Fatah – Hamas è il suo obiettivo principale. E’ impensabile una trattativa seria fino a quando Gaza ha un governo diverso dalla Cisgiordania. Qualcosa si starebbe muovendo nella direzione giusta: ieri il presidente Mahmoud Abbas ha ordinato la liberazione dei sostenitori di Hamas detenuti nelle carceri palestinesi in Cisgiordania e secondo la stampa israeliana la trattativa indiretta tra Israele e Hams per la liberazione del caporale Shalit sta per dare i suoi frutti. Le due questioni sono strettamente collegate e la loro soluzione potrebbe portare alla fine dell’assedio israeliano alla striscia di Gaza.
A giudicare dalle rivelazioni del quotidiano egiziano Masri Al Youm, molte delle richieste di Hamas per lo scambio e bocciate da Israele negli ultimi tre anni saranno invece accolte ora dal governo Netanyahu. Mille prigionieri palestinesi saranno rilasciati perché il caporale possa tornare finalmente a casa. Lo scambio avverrà, secondo il giornale, in tre fasi. Non appena Shalit sarà arrivato in Egitto, Israele libererà 150 palestinesi; gli altri seguiranno con la consegna del caporale alle autorità israeliane.
“E’ presto per festeggiare”, è il commento di una fonte palestinese di Ramallah. “Più di una volta le due questioni sembravano risole: aspettiamo i fatti”. In questo clima di cauto ottimismo, il primo ministro palestinese, Salam Fayyad, è andato oltre per sostenere che lo Stato palestinese potrebbe essere pronto a funzionare al massimo fra due anni. Quale Stato non è chiaro, visti i “paletti” messi sulla via dell’indipendenza palestinese da Netanyahu nel suo recente discorso.
Fonte: Il Messaggero
23 giugno 2009