Netanyahu in Europa. Israele non cede sulle colonie
Umberto De Giovannangeli - L'Unità
Domani a Roma il premier israeliano per incontrare Berlusconi, il giorno dopo sarà a Parigi. Investiti dal governo israeliano, 250 milioni di dollari per nuove case in una colonia-città.
Domani sarà a colloquio con Silvio Berlusconi. Il giorno dopo volerà a Parigi per incontrare Nicolas Sarkozy. Benjamin Netanyahu sbarca in Europa. Per una missione dalla forte rilevanza politica. Il premier israeliano inizia dall’Italia. Una scelta motivata dal fatto che il leader della destra israeliana considera il governo del Cavaliere il meno ostile tra quelli europei nei confronti delle ragioni d’Israele. E tra le «ragioni» che Netanyahu ribadirà a Roma, c’è il diritto d’Israele a sostenere la «crescita naturale» degli insediamenti nei territori occupati. Un «diritto» contestato da Barack Obama e dalle più influenti cancellerie europee.
COLONIE CRESCONO
Malgrado le energiche pressioni internazionali per un congelamento delle colonie in Cisgiordania, il governo israeliano ha deciso di stanziare in loro favore almeno un miliardo di shekel (circa 250 milioni di dollari) negli anni 2009-2010. A renderlo noto è la radio militare. Per metà, ha precisato la emittente, si tratta di spese necessarie a garantirne la sicurezza. Altri fondi sono destinati comunque all’allargamento di una città-colonia (Maaleh Adumim, alle porte di Gerusalemme) e al finanziamento di diverse istituzioni. Il dirigente del movimento Pace Adesso, Yariv Oppenheimer, ha stimato che la cifra menzionata dalla radio pecca comunque per difetto. D’altro canto, la politica di colonizzazione rappresenta un tratto d’unione tra i governi succedutisi in Israele da decenni a questa parte.
NESSUNA DIFFERENZA
Scriveva il 3 febbraio, ad una settimana dal voto, il quotidiano progressista di Tel Aviv, Haaretz: Israele sta pianificando la costruzione di 3.500 unità abitative che creerebbero un blocco abitato continuo fra l’insediamento di Maaleh Adumim e Gerusalemme Est, spezzando la contiguità fra la parte araba di Gerusalemme e Ramallah. La costruzione di costose infrastrutture preliminari, che includono strade, punti di osservazione e barriere divisorie, è andata avanti negli ultimi due anni. Il completamento di un progetto di questo genere renderebbe quasi impossibile un accordo di pace fra israeliani e palestinesi. La notizia secondo cui Israele ha investito circa 200 milioni di shekel a Mevasseret Adumim, un nuovo quartiere ebraico ad est di Gerusalemme dove è prevista la costruzione di 3.500 unità abitative, rivela – sottolineava ancora il giornale israeliano – le reali intenzioni del governo uscente, guidato da Ehud Olmert. Negli ultimi due anni Israele ha investito enormi quantità di denaro in infrastrutture per la costruzione di unità abitative al fine di creare un blocco continuo fra Maaleh Adumim e Gerusalemme Est. L’unico obiettivo di Mevasseret Adumim è quello di spezzare la Cisgiordania, rompendo i legami fra Gerusalemme e Ramallah, e facendo naufragare l’ultima possibilità di giungere ad una soluzione pacifica. Non si può parlare di soluzione dei due Stati – denunciava Haaretz – mentre si fa di tutto per distruggere ogni possibilità che questa soluzione si realizzi. Non si può parlare di porre fine all’occupazione mentre si continua a costruire in Cisgiordania. Le azioni, dopotutto, sono più eloquenti delle parole. Le possibilità di creare uno Stato palestinese in mezzo agli insediamenti ebraici in Cisgiordania sono scarse anche senza l’ulteriore complicazione di Mevasseret Adumim. Israele ha un nuovo governo, ma una cosa resta sempre uguale a se stessa: la politica degli insediamenti. Cambia solo il nome: ieri Mevasseret Adumim, oggi Maaleh Adumim. Barack Obama si è pronunciato. Contro. E Berlusconi?
Fonte: l'Unità
22 giugno 2009