Crisi, Italia peggio del previsto. L’Ocse: nel 2009 Pil giù del 5,3%
Roberto Farneti
Allarme disoccupazione: «Salirà al 10%», stima l’istituto di Parigi. Il Prc: dal governo politiche scellerate.
E l’auspicata “ripresina”, attesa per il 2010, sarà tanto modesta (Pil +0,4%) da non riuscire a recuperare i posti di lavoro che nel frattempo saranno andati persi. La disoccupazione potrebbe così toccare il 10% alla fine del 2009 e continuare a salire anche in seguito, costituendo essa stessa un freno per il rilancio dell’economia. Allarme grave anche per il deficit, c che “raggiungerà il 6% del Pil nel 2010, mentre il debito pubblico supererà il 115% e continuerà a crescere per avvicinarsi al 120% entro la fine del 2010”.
Nel caso dell’Italia, si legge nel rapporto, “un decennio di bassa crescita della produttività e di graduale peggioramento della competitività hanno fatto sì che la crisi finanziaria colpisse un’economia indebolita”. Scritto così, sembra un atto di accusa nei confronti delle imprese. E invece, non appena si passa dai numeri al ragionamento su cosa fare per invertire la tendenza, l’Ocse si dimostra prigioniero di logiche liberiste e monetariste. Questo appare evidente a proposito del parere favorevole che viene dato delle misure anti crisi che, “nonostante il limitato spazio di manovra”, sono state introdotte dal governo italiano, con riferimento in particolare all’estensione della cassa integrazione.
Secondo l’Ocse infatti “il debito italiano è semplicemente troppo alto per permettere al governo di fare di più” per sostenere la domanda interna. La stessa organizzazione, però, subito dopo sembra mettere in dubbio il proprio giudizio positivo quando critica gli incentivi per stimolare l’acquisto di auto nel breve termine: “E’ poco probabile – si legge nell’Outlook – che tale sostegno costituisca il migliore utilizzo delle risorse pubbliche”. Sta di fatto che la ricetta che viene proposta alla fine è sempre la stessa: quella di alleggerire l’elevato debito pubblico – considerato come la vera palla al piede dell’economia italiana – risparmiando su pensioni e sanità.
In realtà ci sono altre strade che si potrebbero percorrere e che lo stesso istituto in qualche modo indica, quando osserva che “i risultati medi degli studenti italiani sono tra i più scarsi dell’area Ocse, anche se la spesa per ciascuno studente è più elevata”. Investire meglio sulla scuola, puntare sulla qualità dei prodotti, sulla redistribuzione del reddito per favorire la ripresa dei consumi: dovrebbero essere questi i capisaldi di una economia avanzata e che vuole continuare a competere con i maggiori paesi industrializzati.
Così la pensa la Cgil: “E’ tempo di investire più risorse per tornare a crescere”, afferma il segretario confederale Agostino Megale, commentando il rapporto Ocse. “Nel valutare le misure anticrisi adottate dal governo italiano – osserva il dirigente sindacale – l’Ocse raccomanda di agire con ‘riforme macroeconomiche strutturali’. Però non sembra ininfluente, anzi appare determinante, il fatto che il governo italiano abbia investito lo 0,3% del Pil mentre in Europa – sottolinea ancora Megale – sono stati stanziati interventi anti-crisi, da tutti i principali paesi industrializzati, per un valore che va tra il 2% e il 4% del Pil, cioè tra i 26 e i 90 miliardi di euro. Il governo italiano ha previsto solamente 4,8 miliardi di euro in due anni, a differenza del governo francese che ne ha previsti 30 o di quello tedesco che ne ha contabilizzati 90”. Secondo Megale “i limitati margini di bilancio non impediscono una manovra di ‘deficit spending’, con una rigorosa previsione di rientro, che impieghi più risorse oggi – propone il sindacalista della Cgil – per recuperarne ancora di più domani, in termini di occupazione, di reddito, di consumi, di investimenti”.
Dello stesso parere il segretario del Prc Paolo Ferrero, che punta il dito contro il governo: “L’unico modo che abbiamo di fronte per uscire dalla crisi – spiega Ferrero – è quello di ridistribuire massicciamente le risorse e il reddito, tramite l’aumento di salari e pensioni e con tasse ai ricchi, l’esatto contrario della politica economica del governo Berlusconi”.
Fonte: Liberazione
18 giugno 2009