Mentre Obama parla al mondo da noi beghe da pollaio
Ottavio Olita - articolo21.org
Mentre Obama al Cairo sottolineava l’assoluta necessità dell’impegno individuale e di gruppo per superare le difficoltà politiche ed economiche del mondo, noi sentivamo ancora sbandierare quell’insulso appello all’ottimismo, senza progetti, senza garanzie, senza fondamento…
Le sintesi dello storico discorso tenuto da Barack Obama all’Università del Cairo fanno intuire l’enorme importanza di parole la cui esatta portata si può capire soltanto dalla loro lettura integrale. Danno coraggio e speranza, restituiscono alla politica la sua storica funzione di guida e mediazione – in primo luogo per evitare i conflitti -, ci inducono a riflettere sulle responsabilità che come individui e collettività abbiamo verso il presente e il futuro dell’umanità. Tutti, senza esclusione di religioni e razze o di collocazioni nello scacchiere politico mondiale.
Contemporaneamente in Italia, nel pieno della campagna elettorale per il rinnovo del più importante organismo istituzionale del nostro continente, il Parlamento Europeo, siamo stati costretti ad occuparci di beghe da pollaio intorno alla vita privata di un Presidente del Consiglio che è anche padrone di un partito frutto di assemblaggi fatti senza alcuna consultazione popolare. Non c’è stata alcuna riflessione su cosa dovrà essere la politica dell’Unione, sembra che siamo chiamati alle urne per esprimere un giudizio sui rapporti di Berlusconi con Veronica e Noemi, o su quelli con Apicella e sull’allegra gestione dei voli di Stato. Nessuna domanda, per esempio, alla Lega se continuerà sempre ad opporsi all’ingresso nell’UE della Turchia; nessuna domanda al Pdl su quale politica energetica intende perseguire rispetto alle scelte degli altri Paesi europei. Il nostro provincialismo più sfrenato ha dettato la linea, come nella peggiore ossessione autarchica del ventennio.
Così, mentre Obama al Cairo sottolineava l’assoluta necessità dell’impegno individuale e di gruppo per superare le difficoltà politiche ed economiche del mondo, noi sentivamo ancora sbandierare quell’insulso appello all’ottimismo, senza progetti, senza garanzie, senza fondamento. Barack non si è mai rifugiato dietro la comoda scusa delle responsabilità dell’amministrazione Bush nel dare il via alle guerre in Iraq o Afghanistan, ha parlato di scelta degli Stati Uniti terrorizzati dall’attacco subito l’11 settembre 2001; quante volte abbiamo sentito Berlusconi e i suoi attribuire le colpe di situazioni difficili all’eredità lasciata dal governo Prodi? Alla necessità di una forte solidarietà internazionale sottolineata dal presidente degli Stati Uniti, noi abbiamo saputo rispondere solo con i respingimenti in mare di centinaia di disperati stipati in barconi.
Ma il confronto diventa più diretto e incalzante se si estrapolano alcune parti del discorso di Obama. Ad esempio: “…ci sono persone che auspicano la democrazia soltanto quando non sono al potere: poi, una volta al potere, sono spietati nel sopprimere i diritti altrui (…); occorre rispettare i diritti delle minoranze e partecipare con spirito di tolleranza e di compromesso, occorre mettere gli interessi del popolo e il legittimo sviluppo del processo politico al di sopra dei propri interessi e del proprio partito. Senza questi elementi fondamentali, le elezioni da sole non creano una vera democrazia”. Altro che ridimensionamento del ruolo del Parlamento, riduzione dei diritti, attacco alla Carta Costituzionale, interventi tanto cari al nostro premier.
E più avanti: “… da bambino, in Indonesia, ho visto che i cristiani erano liberi di professare la loro fede in un Paese a stragrande maggioranza musulmana. (…) I popoli di ogni Paese devono essere liberi di scegliere e praticare la loro fede sulla sola base delle loro convinzioni personali, la loro predisposizione mentale, la loro anima, il loro cuore. Questa tolleranza è essenziale perché la religione possa prosperare, ma purtroppo essa è minacciata in molteplici modi. (…) E’ importante che i Paesi occidentali evitino di impedire ai cittadini musulmani di praticare la religione come loro ritengono più opportuno, per esempio legiferando quali indumenti debba o non debba indossare una donna musulmana. Noi non possiamo camuffare l’ostilità nei confronti di una religione qualsiasi con la pretesa del liberalismo”. Chissà se gli hanno raccontato di quel che accade in Italia, con i Borghezio, i maiali di Calderoli, le continue crociate antimusulmane della Lega
Obama ha parlato al mondo e la triste constatazione, leggendo il suo straordinario discorso, è che tra i tanti pericoli e rischi da lui indicati, molti sono riconoscibili nella nostra italietta di oggi, inimmaginabili nel grande Paese democratico uscito dalla lotta di Liberazione, che produsse la nostra Costituzione e un sistema democratico che per ’50 anni, fino a ‘tangentopoli’, ha saputo far progredire l’economia e i diritti civili.
Che i liberali, gli uomini di centrodestra che non si riconoscono nel degrado del berlusconismo, respingano gli appelli e i richiami dei democratici può rientrare nella logica della lotta partitica; diventa incomprensibile e preoccupante se non si fermano a riflettere neppure sulle parole pronunciate dal Presidente degli Stati Uniti, riconosciuto e indiscusso campione di liberalismo.
Fonte: Articolo21
5 giugno 2009