Europee: c’è bisogno di una politica nuova
Piero Piraccini
Fra pochi giorni si vota per il governo delle città e dell’Europa: solo governi attrezzati a rispondere ai contenuti della Costituzione e dei Diritti Umani possono far fronte ai problemi dei nostri tempi.
Strana davvero la storia, a volte. Il secolo scorso ha avuto inizio con le potenze europee che portavano la “civiltà” a popoli “selvaggi” che abitavano l’altra sponda dell’Adriatico. Fa niente se era necessario strappare i nostri ragazzi dalle loro case, farne soldati capaci di usare bombe, gas, iprite, mandarli a morire ed a far morire in terre sconosciute. E, poi, che colpa avevamo noi se la bella Abissina non voleva sentire ragioni o se era necessario rinchiudere i suoi simili libici in campi di concentramento attrezzati dal generale Graziani?
Poi le successive guerre mondiali, col loro carico di morti e di macerie, si erano concluse con l’avvento di due compromessi: l’uno di carattere democratico l’altro di carattere sociale. Il primo affidava al confronto la soluzione dei conflitti sottraendo agli stati il diritto alla guerra che veniva consegnato alle Nazioni Unite mentre chiunque, solo per il fatto di essere al mondo, veniva riconosciuto titolare di diritti uguali ed inalienabili. La Costituzione italiana, in coerenza, sanciva il diritto di cittadinanza tramite il lavoro, proclamava l’uguaglianza di tutti affidando alla Repubblica il compito di rimuoverne gli ostacoli, bandiva la guerra da ogni orizzonte.
Il secondo sanciva il diritto alla piena occupazione, alla scuola pubblica e gratuita, alla sanità pubblica ed alla previdenza, come risposte ai giganti malefici che l’umanità aveva il compito di sconfiggere: il bisogno, l’ignoranza, la malattia, la vecchiaia.
Per decenni i due compromessi si sono sostenuti crescendo l’uno sull’altro. Poi, alla fine del secolo breve (definizione di Hobsbawm) si è rotto ogni rapporto perché la globalizzazione liberista ed il mercato trasformano la politica in forza mentre la potenza dello stato più forte diventa violenza, ed ognuno di noi o si attrezza per diventare una risorsa funzionale alla competizione o diventa un esubero, inutile al mercato dunque alla società.
Il diritto dei lavoratori si modifica in base al costo dei beni da produrre prevalendo il diritto dell’impresa. Le risorse energetiche per la produzione di beni sono sempre più scarse per cui occorre accaparrarsele, magari con una o più guerre. Intanto i redditi si diversificano e la ridistribuzione del valore prodotto è così iniqua che una parte sempre più esigua di persone ha una quantità sempre più grande di ricchezza. E viceversa.
Nella lotta fra stati capitalisti (per dire: gli USA) e stati comunisti (per dire: l’URSS) questi ultimi soccombono lasciando enormi macerie economiche ed umane, volgendosi in poco tempo alle regole di un mercato fuori controllo.
Guerre e miseria si alimentano a vicenda cosicché sempre di più i poveri aumentano di numero ed irrompono nelle aree del ricco nord il quale vede crescere al suo interno nuove aree di emarginati. Chi proviene da altri lidi ed ha una faccia o parla una lingua diversa da quella dei residenti, diventa un concorrente pericoloso che porta via il lavoro, ruba e, magari, uccide.
Nell’immaginario collettivo Annibale è alle porte e diventano giganti malefici i rom, gli albanesi, i rumeni, i cinesi. E quanto più è precaria la propria condizione economica tanto più il nemico assomiglia a chi è simile per precarietà. E’ la lotta fra poveri.
Quel secolo che si era aperto all’insegna del colonialismo si è chiuso, ed il nuovo si è aperto, con masse sempre più numerose di persone che partono dall’altra sponda del Mediterraneo, la parte opposta da cui all’inizio del secolo erano partiti i nostri. Con una curiosa inversione: i nostri ex colonizzatori, a suo tempo decimati e rinchiusi nei campi di concentramento, si incaricano in cambio di soldi, di contratti, di autostrade (con l’incredibile assenso del PD), di respingere e internare i profughi che scappano dalla fame e dalla guerra, a riprova della crudeltà e dell'impotenza del nostro governo che ha reso l'Italia ben riconoscibile nell'invettiva del divin poeta: “non donne di province, ma bordello”. (Parola più che adatta, quest'ultima, a sentire l'ex moglie di Berlusconi).
Fra pochi giorni si vota per il governo delle città e dell'Europa: solo governi attrezzati a rispondere ai contenuti della Costituzione e dei Diritti Umani possono far fronte ai problemi dei nostri tempi. Solo partiti che informano le proprie azioni ai principi costituzionali possono essere in grado di sollevare l'Italia dalla crisi profonda in cui è precipitata.
Editoriale di Piero Piraccini
maggio/giugno 2009