L’asilo di Betania


Padre Daniele Moschetti


Oggi Betania si chiama Al Azaryia e fa parte dell’Autonomia Palestinese cioè dei territori che sono sotto l’amministrazione di un governo palestinese che però non è riconosciuto come Stato sovrano all’interno dello Stato di Israele. Ciò che più mi interessa -scrive Daniele Moschetti- è parlarvi del muro che divide questi due territori.


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L’asilo di Betania

Guardo fuori dalla finestra e vedo Jamil. Lui è un piccolo bambino molto vispo, capelli e occhi nerissimi. Sempre vestito bene. Arriva quasi sempre per primo all’asilo delle sorelle comboniane qui a Betania. La finestra della mia stanza si affaccia proprio sull’area adibita ad asilo nido per i bambini del villaggio palestinese di Al Azaryia ai piedi di una delle tante colline che si estendono sulla strada da Gerusalemme a Gerico. Noi abitiamo proprio sulla cima di questa collina di questo villaggio, un tempo chiamato dai cristiani Betania. Ora è diventato da secoli un villaggio prevalentemente musulmano. Betania nei racconti dei Vangeli ci ricorda le due sorelle Marta e Maria e il loro fratello Lazzaro molto amico di Gesù. Qui anche Gesù vide l’amore e le lacrime che versavano i tanti amici e parenti di Lazzaro e delle due sorelle. E pianse anche Lui (Gv 11,33-44). E così resuscitò Lazzaro…..un dolce preludio a ciò che sarebbe successo a Gesù stesso il giorno della Sua resurrezione. Pensate a come si sarà sentito Lazzaro ritornando in vita dopo quattro giorni dalla sua morte. E chissà come avrà vissuto la sua vita dopo essersi reso conto di ritornare a vita nuova, grazie al suo grande amico Gesù!
Betania è anche il villaggio di Simone il Lebbroso, che proprio per rendergli grazie per la sua guarigione dalla lebbra, aveva invitato Gesù insieme ai suoi discepoli a cena nella sua casa. E qui una donna entrò nella stanza e versò sul capo di Gesù un vaso di alabastro colmo di olio di nardo profumato e costoso. E tutti i discepoli rimasero scossi da questo “spreco” ma Gesù li rimproverò dicendo che i poveri li avrebbero sempre avuti con loro ma non Lui. E il gesto che questa donna anonima fece sarebbe rimasto per sempre in ricordo di lei. Non faceva altro che anticipare la tradizione dello spargere l’olio sul corpo per la sepoltura dei morti. E Lui si riferiva alla Sua morte…..(Mt 26, 6-13).
Insomma questo piccolo villaggio di Betania è stato luogo per molti di amicizia profonda con Gesù. Molti qui erano abituati a vedere Gesù passare tra le stradine del villaggio perché quando Gesù veniva a Gerusalemme passava dagli amici a salutarli. Betania è molto vicino a Gerusalemme quasi 3 km ed è vicinissimo all’orto del Getsemani sul Monte degli Ulivi dove Gesù visse gli ultimi momenti della sua agonia e solitudine, prima di essere arrestato (Mt 26, 36-46). Sono luoghi molto importanti per noi cristiani perché hanno scritto la storia di Gerusalemme, della Terra Santa, del Cristianesimo e del mondo intero.
Oggi Betania, il villaggio dell’amicizia un tempo, si chiama Al Azaryia e fa parte dell’Autonomia Palestinese cioè dei territori che sono sotto l’amministrazione di un governo palestinese che però non è riconosciuto come Stato sovrano all’interno dello Stato di Israele. La storia sarebbe lunga e magari ve la racconto un’altra volta ma ciò che più mi interessa è parlarvi del muro che divide questi due territori.
Jamil e gli altri 52 bambini che vengono all’asilo dalle sorelle Comboniane nella nostra casa, vivono, giocano e guardano al loro futuro all’ombra del muro che divide due popoli (ebrei e palestinesi), due lingue (arabo ed ebraico), due culture e religioni (ebraismo e islam), due storie diverse ma allo stesso molto intrecciate tra loro.
Il nostro cortile dove c’è l’asilo è circondato da un muro alto circa 7-8 metri e in alto c’è anche una rete che impedisce ad eventuali intrusi di entrare. E continua per molti kilometri. Qui proprio a 50 metri dalla casa delle sorelle comboniane c’è un check-point dove ci sono sempre almeno 4 soldati, giorno e notte a presidiare l’area. Dall’altra parte del muro è Israele e inizia la città di Gerusalemme. Questo è il famoso muro che divide per 736 km tutta la Palestina dallo Stato d’Israele in tante parti del suo territorio. Non solo qui.
Noi siamo nel territorio Palestinese e ogni giorno chiunque vuole passare deve avere un permesso speciale e mostrare passaporto o cartà d’identità. Molta gente e tanti bambini palestinesi non possono passare al di là di quel muro. C’è una grande ingiustizia e oppressione che soprattutto i giovani e i bambini subiscono durante tutta la loro crescita ed educazione. E questo dura da oltre 60 anni.
Jamil è palestinese, arabo e musulmano. Come lui nella scuola ci sono tante bambine e bambine molto vivaci, attenti, desiderosi di imparare e voglia di giocare. Su 53 bambini presenti all’asilo, 50 sono musulmani e 3 sono cristiani. Le insegnanti sono suor Germaine, egiziana e Karima (che in arabo vuol dire “generosa”), musulmana Palestinese del villaggio di Al Azaryia. Un’incontro di culture, religioni, storie, lingue che vivono insieme e in comunione per educare e costruire insieme nel dialogo un futuro e un mondo migliore per questi bambini tra i 3 e 5 anni. Sul muro interno che circonda l’asilo sono stati dipinti vari personaggi, paesaggi e tanto colore. È un modo per far vivere a questi bambini una normalità che non esiste ma che vuole simbolizzare invece la Speranza e il Colore di un futuro diverso. Tanti giochi, la loro fantasia e innocenza, le grida e le loro canzoni riempiono il cortile e l’ambiente di un’atmosfera diversa. È un’invito alla vita! A credere che proprio qui dove Gesù viveva la sua umanità di Dio-Uomo nell’ amicizia profonda con Lazzaro, Maria e Marta si può ancora sognare un mondo dove la giustizia, la pace, la solidarietà e la saggezza degli uomini prevalgano sulla voglia di potere e di oppressione di politici e potenti. Come al tempo di Erode che voleva uccidere Gesù sin dalla sua nascita e infanzia. Quante stragi di bambini e donne innocenti abbiamo assistito impotenti e impassibili nella nostra storia?
 Non tanto lontano da qui, a Gerico,  seguendo la strada ora tagliata dal muro di divisione, che scende da Gerusalemme a Gerico (ricordate la parabola del buon samaritano?) e che passa da Betania,  la Bibbia ci ricorda nell’Antico Testamento (Gs 6, 1-26) che un “certo Giosuè”, conducendo il popolo d’Israele, accerchiarono il muro della “città nemica” e cantando e al suono della tromba le mura della città crollarono. Un giorno anche questi e tante altre migliaia di bambini palestinesi ed ebrei  che oggi vivono all’ombra di qua e di là di questo muro di odio e di discordia, vivranno nella concordia e nella pace, senza muri e fili spinati. Anche loro vedranno crollare le mura……
E’ un sogno? Forse…..

Fonte: Articolo21

Daniele Moschetti, padre comboniano

28 aprile 2009

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