Sudan: libero Al Turabi
Nigrizia.it
Rilasciato dopo due mesi di carcere il capo dell’opposizione islamista in Sudan, che ritiene responsabile il presidente Bashir per la guerra in Darfur. Ma non si tratta di un cambio di linea: Khartoum non intende collaborare con la Cpi.
Il governo sudanese ha liberato oggi il capo dell’opposizione islamista e leader del Partito del Congresso popolare (Pcp), Hassan Al Turabi, dopo due mesi di detenzione. Era stato portato in carcere subito dopo aver dichiarato, in un’intervista, che il presidente Omar el Bashir avrebbe dovuto dichiararsi politicamente colpevole delle violenze in Darfur. Proprio per il conflitto ancora in corso nella regione occidentale sudanese, Bashir è stato formalmente incriminato il 4 marzo scorso dalla Corte penale internazionale dell’Aja per crimini di guerra e contro l’umanità.
Smentite le voci di un accordo segreto per la liberazione di Turabi (unico leader politico sudanese che non abbia manifestato il suo appoggio a Bashir all’annuncio della sua incriminazione), che non ha ritrattato le sue affermazioni. Ex braccio destro di Bashir, al Turabi è stato presidente del Parlamento sudanese dal 1996 al 2004, quando è stato incarcerato per la prima volta. Da allora è finito in carcere più volte, anche con l’accusa di legami con il gruppo dei ribelli del Jem, il Movimento per la giustizia e l'uguaglianza (Jem), intesa che Al Turabi ha sempre negato.
E proprio i ribelli del Jem, il maggiore dei gruppi armati che si oppongono a Khartoum, che all’incriminazione di Bashir hanno dichiarato rotto il tavolo di negoziati in corso con il governo sudanese, minacciano ora di rovesciare il presidente sudanese, nel caso la comunità internazionale non riuscisse a catturare Bashir. Un’impresa che hanno già tentato nel maggio 2008, quando sono arrivati alle porte della capitale.
Nessun cambio di politica
Alla scarcerazione di Turabi non corrisponde però un ammorbidimento delle posizioni sudanesi: Bashir, che da mesi va ripetendo di non riconoscere l’autorità della Cpi, domenica, dalla città di El Fasher, nel Darfur settentrionale, ha minacciato di espellere le missioni diplomatiche straniere, i caschi blu dell’Onu, impegnati in una missione per la tutela dei profughi, ed altre organizzazioni non governative. La prima risposta del regime all’incriminazione del presidente è stata infatti l’espulsione di 13 ong internazionali attive in Darfur, accusate di operazioni di intelligence con la Corte dell’Aja. Allarmato per le drammatiche prospettive per la popolazione locale (l’espulsione delle ong mette in pericolo di vita oltre un milione di civili), il Consiglio di Sicurezza dell’Onu non è comunque ancora riuscito a trovare un accordo sulla risoluzione che avrebbe chiesto a Khartoum di rivedere la sua decisione: la Cina, che in Sudan ha forti interessi economici, ha posto il suo veto.
Rischio isolamento per il Sudan?
E proprio al Consiglio di Sicurezza una delegazione composta da rappresentanti dell'Unione africana e della Lega araba presenterà presto una richiesta formale perché sospenda il procedimento a carico di El Bashir (il regolamento prevede la possibilità di congelare il processo fino ala massimo d un anno). La richiesta dovrebbe essere presentata prima del prossimo vertice della Lega araba, fissato a fine marzo in Qatar, che ha recentemente ospitato anche il tavolo negoziale tra Khartoum e i ribelli del Jem. Bashir ha fatto sapere che intende partecipare al vertice, e che attende l’invito ufficiale con la garanzia di non essere arrestato. Una situazione che mette Doha in serio imbarazzo, soprattutto a fronte dell rifiuto di Bashir di partecipare ad una conferenza internazionale per trovare una soluzione diplomatica alla guerra in Darfur. Un rifiuto che, secondo alcune fonti diplomatiche egiziane, potrebbe portare all’isolamento del Sudan nel mondo arabo.
Fonte: Nigrizia.it
9 marzo 2009