Cosa è successo al Corriere dell’Umbria? E perchè questo silenzio?


Giona Sagora


Federico Fioravanti, direttore "fondatore" del quotidiano più letto dell’Umbria, è stato licenziato in un batter d’occhio. Quel che è accaduto al Corriere dell’Umbria non è un "fatto personale", ma potrebbe rappresentare il "laboratorio" di un metodo che potrebbe mettere in crisi la libertà di informazione.


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Cosa è successo al Corriere dell'Umbria? E perchè questo silenzio?

Cosa è successo al Corriere dell'Umbria? E perchè questo silenzio?. Federico Fioravanti, direttore "fondatore" del quotidiano più letto dell'Umbria, è stato licenziato in un batter d'occhio. A lui giusto qualche ora di preavviso. In molti, forse, si sono chiesti: "ma cosa avrà fatto mai un direttore per essere licenziato su due piedi, senza nemmeno l'onore della firma sull'ultimo numero del giornale?". Bene, a quel che ci risulta Federico Fioravanti non ha fatto nulla, se non gestito con professionalità, equilibrio e equidistanza dalla politica il giornale nell'arco della sua lunga, e sino a qualche giorno fa, unica direzione. Laconici comunicati spiegano di un avvicendamento pressoché normale alla direzione. Se ne va Federico e arriva Anna Mossuto. Ma basta qualche analisi, qualche telefonata ben riuscita e dietro la facciata si vede dell'altro.

Intanto un dato di fatto: Federico Fioravanti aveva un contratto a tempo indeterminato. La sua rimozione, dunque, che lo fa sparire dall'orbita del Corriere non può essere stato un "normale avvicendamento", e il licenziamento dovrebbe essere per giusta causa. Federico Fioravanti forniva al Corriere dell'Umbria una linea editoriale equidistante. Forti attacchi, per esempio, sul minimetrò di Perugia, opera di "regime" – qualcuno così la definisce – del centrosinistra. Ma attacchi anche ad un centrodestra che in Umbria ha sempre stentato a rappresentare un'alternativa di governo accettabile, per uomini ed idee. Per questo il Corriere dell'Umbria in questi anni è così cresciuto da divenire il giornale "più letto" della regione, il primo media dell'Umbria. E allora bisogna andare a ricercare le ragioni di questo avvicendamento nell'attacco concentrico che il Pdl ha intenzione di muovere all'Umbria, baluardo del centrosinistra.

Non a caso, forse, il neodirettore generale del Corriere si chiama Rocco Girlanda che di mestiere, oltre al manager per il giornale, fa l'onorevole del Popolo delle Libertà. Buon amico di Berlusconi ha forse deciso che in preparazione delle prossime elezioni amministrative di giugno bisognava togliere di mezzo una "guida" troppo indipendente. Quindi via Federico e normalizzazione. Non sappiamo se Anna Mossuto risponderà  alle esigenze dell'editore, ma per vedere eventuali stravolgimenti della linea editoriale del giornale, basterà attendere poco visto che le elezioni non sono molto lontane.

Ma nel frattempo qualcosa dentro quella redazione è saltata. E a quanto ci raccontano alcuni redattori la stessa fiducia al nuovo direttore è stata espressa all'unanimità ma – guarda caso – a voto palese. Quasi a dire: ora vediamo se la "normalòizzazione" dell'avvicendamento voluta da Rocco Girlanda è chiara a tutti.

E qualcosa si è rotto anche nei meccanismi sindacali e nella stessa definizione del ruolo del direttore. Sembra che Girlanda con quest'atto abbia rappresentato la realizzazione dei sogni di taluni editori. In assenza di editori puri, che credono al progetto editoriale come unico elemento del business, la logica è quella di un prodotto editoriale che raggiunga fini politici, commerciali, di salvaguardia del vero core business dell'editore.

E allora il direttore responsabile di un giornale diventa un manager, per assurdo potrebbe essere anche un "non giornalista" e quindi licenziabile su due piedi. Non è più inteso come una figura di riferimento, di contatto, di dialogo tra la redazione e l'editore. E' esclusivamente un uomo dell'editore, che deve eseguire manu militari le indicazioni del capo, lasciando perdere questioni come libertà, indipendenza, pluralismo, equidistanza, e via dicendo. Una tragedia. Per quella redazione e per i lettori. E speriamo che qualcuno se ne accorga, sia negli organismi dirigenti dell'Ordine che all'interno del sindacato dei giornalisti e anche fra quegli editori – ce ne sono – a cui la libertà di stampa sta a cuore.

Quel che è accaduto al Corriere dell'Umbria non è un "fatto personale", ma potrebbe rappresentare il "laboratorio" di un metodo che potrebbe mettere in crisi la libertà di informazione e l'indipendenza della stampa nel nostro Paese.

Fonte: Articolo21

27 gennaio 2009

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