30 x 30: Art. 25 "Abbiamo cura di te"
La redazione
Oggi, giovedì 4 dicembre 2008, leggiamo insieme il venticinquesimo articolo della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani. Segue il commento del prof. Antonio Papisca.
Verso il 10 dicembre 2008: leggiamo insieme ogni giorno un articolo
della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani
Art. 25
“Abbiamo cura di te”
La Tavola della pace rinnova l’appello ai direttori dei TG della RAI:
bastano pochi secondi al giorno nei TG
Oggi, giovedì 4 dicembre 2008, leggiamo insieme il venticinquesimo articolo della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani.
Articolo 25 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani
“1. Ogni individuo ha diritto ad un tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il benessere proprio e della sua famiglia, con particolare riguardo all’alimentazione, al vestiario, all’abitazione, e alle cure mediche e ai servizi sociali necessari; e ha diritto alla sicurezza in caso di disoccupazione, malattia, invalidità, vedovanza, vecchiaia o in altro caso di perdita di mezzi di sussistenza per circostanze indipendenti dalla sua volontà.
2. La maternità e l’infanzia hanno diritto a speciali cure ed assistenza. Tutti i bambini, nati nel matrimonio o fuori di esso, devono godere della stessa protezione sociale”.
Segue il commento del prof. Antonio Papisca.
“E’ un Articolo che riassume e ricapitola tutti gli altri nel segno della dignità integrale della persona. Il contenuto di questa norma internazionale è come la carezza amorevole che il Diritto internazionale dei diritti umani fa alla persona, egualmente a ciascun membro della famiglia umana, ma con particolare attenzione a chi meno ha ed ha più bisogno.
A causa dell’inflazione mass-mediatica siamo costretti a subire molti sdolcinati, e poco credibili, usi dell’espressione “I care”.
Nel caso dell’Articolo 25 è la norma internazionale che si prende cura delle necessità vitali delle persone. Come tale, essa non soltanto è credibile, ma ci obbliga a farla “azione” nel quadro di una prospettiva vitale che è molto più della mera sopravvivenza di persone e popoli, molto più del superamento millimetrico della soglia di povertà. L’Articolo parla infatti di un tenore di vita che produca e alimenti il benessere integrale della persona e della sua famiglia, cioè dell’essere umano fatto di anima e di corpo, di spirito e di materia.
In questo contesto il concetto di salute è quello definito dalla Costituzione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità: “una condizione di completo benessere fisico, mentale e sociale, e non meramente l’assenza di malattia”. Precisa questa stessa Costituzione che “il godimento del più alto conseguibile livello di salute costituisce uno dei diritti fondamentali di ogni essere umano senza distinzione di razza, di religione, di fede politica, di condizione economica o sociale” e che “la salute di tutti i popoli è fondamentale ai fini del conseguimento della pace e della sicurezza ed è dipendente dalla più piena collaborazione degli individui e degli stati”.
In questo contesto di promozione della dignità umana su scala mondiale e in chiave di responsabilità condivise, è appena il caso di sottolineare che il ‘benessere’ dei diritti umani non è fatto di lussi, di stravaganze, di consumismi. La lezione che ne discende è di sobrietà nel consumare e nel comportarsi, da mettere in atto all’interno della micro-comunità familiare e nelle più ampie comunità sociali d’appartenenza.
L’Articolo 25, nella sua puntuale didascalità, è il codice genetico dello stato sociale e dell’intera Agenda politica dei diritti umani. La traduzione operativa di questa consiste nelle politiche sociali e nelle azioni positive nei settori della sanità, della casa, dell’occupazione, dell’assistenza, della speciale protezione dei bambini e della maternità. Da sottolineare che il secondo comma dell’Articolo dice che i bambini sono tutti eguali, dentro o fuori del matrimonio.
Una breve riflessione sul diritto all’alimentazione. In tante parti del mondo si continua ancora a morire di fame, a causa di carestie, violenze, guerre, ma anche a causa di espropriata autosufficienza alimentare. Periodicamente si lanciano campagne mondiali contro la fame nel mondo. Ricordo che la prima fu lanciata dalla FAO nel 1960, l’ultima nel 2000 con gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio.
Per sfamare occorrono certamente viveri e danaro, ma in non pochi casi bisogna consentire ai paesi derubati dall’autosufficienza di recuperarla, nel quadro di una più corretta divisione dei termini di scambio tra paesi ad economia povera da un lato, e paesi ad economia sviluppata, dall’altro.
Dentro il tema alimentazione c’è quello dell’acqua e dell’accesso all’acqua potabile.
L’ONU ha adottato varie iniziative sul tema dello sradicamento della povertà estrema. In particolare il Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite ha stilato nel 2007 un documento intitolato “ Principi guida su diritti umani e povertà estrema: i diritti del Povero” inteso a dar voce ai poveri. In questo documento c’è un paragrafo dedicato a “il diritto all’acqua” come diritto fondamentale. Da molti anni, organizzazioni non governative e movimenti solidaristici transnazionali si stanno battendo per questa causa sostenendo, a ragione, che l’acqua è bene comune globale (global common good) e che, pertanto, bisogna sottrarla alle privatizzazioni: per l’acqua non ci sono vie di mezzo tra pubblico e privato. L’acqua è un bene di tutti e come tale deve essere gestito e protetto dalle pubbliche istituzioni, interne e internazionali.
Neppure la sanità può essere oggetto di esclusiva privatizzazione. Il diritto fondamentale alla salute si traduce in: cure mediche e salute per tutti. La sanità è un servizio pubblico elementare, come tale oggetto, in via primaria, di politiche pubbliche. Fa parte dell’imperfezione umana commuoversi (eventualmente) di fronte a chi muore di fame e restare indifferenti di fronte a chi, per mancanza di danaro, è costretto a soffrire e morire prematuramente per mancata assistenza sanitaria.
Pochi mettono in relazione l’Articolo 25 con l’Articolo 1 della Dichiarazione universale. Ma bisogna farlo. Coloro che “nascono liberi ed eguali in dignità e diritti”, coloro cioè che sono la legge fondamentale, hanno diritto a vivere, non a sopravvivere fortunosamente o a morire di stenti. Morendo prematuramente o stentando a sopravvivere è lo stesso “diritto umano sussistente” (Antonio Rosmini) che entra in crisi, è lo stesso ordinamento giuridico che perde di sostanza precettiva.
Quanto costa aiutare tutti i membri della famiglia umana a vivere degnamente?
Prima di quantificare la risposta nei vari contesti geografici, andiamo a guardare quanto costano gli armamenti, le guerre ’preventive’ palesi e camuffate, quanto danaro è bruciato dalla speculazione finanziaria, quanti danni hanno provocato la deregulation, il neoliberismo, le politiche di “aggiustamento strutturale” del Fondo Monetario Internazionale, l’inquinamento dell’ambiente naturale, la non volontà degli stati più forti di governare l’economia mondiale per i fini di giustizia che sono elencati nell’Articolo 25.
La spesa militare mondiale è stata di 1.339 miliardi di dollari nel 2007, con un aumento del 6% rispetto al 2006 e del 45% rispetto al 1998. La cifra corrisponde al 2,5% del PIL mondiale per un importo di 202 dollari per ciascun abitante della terra (Annuario SIPRI 2008).
Dopo questa denuncia, la risposta è: “diritti umani-Agenda politica” nell’ottica del trinomio indissociabile stato di diritto-stato sociale-pace positiva.”
Antonio Papisca
Cattedra UNESCO “Diritti umani, democrazia e pace” presso il Centro interdipartimentale sui diritti della persona e dei popoli dell’Università di Padova (antonino.papisca@unipd.it).
Tutte le attività promosse in vista del 10 dicembre sono pubblicate sul sito: www.perlapace.it.
Perugia, 4 dicembre 2008
Floriana Lenti 338/4770151
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