Pakistan, in guerra col terrore


Emanuele Giordana - Lettera22


A due giorni dalla strage dell’Hotel Marriott di Islamabad ci si interroga se i jihadisti volevano colpire i vertici di governo. Il presidente Zardari: "Il terrorismo è un’epidemia, un cancro che estirperemo ad ogni costo".


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Pakistan, in guerra col terrore

Se l'obiettivo dei jihadisti, che sabato scorso hanno attaccato il Marriott di Islamabad, fossero stati gli occidentali, il loro bottino sarebbe davvero magro. Nonostante infatti vi fosse, come spesso accade negli alberghi internazionali, un ricevimento con diplomatici e funzionari di vari paesi, tra le oltre cinquanta vittime dell'attentato – l'ultimo bilancio è di 53 morti e più di 260 feriti – figurano pochi stranieri: l'ambasciatore della Cechia, Ivo Zdarek, e due americani oltre a un diplomatico danese ancora tra i dispersi, per citare solo gli occidentali (tra le vittime anche un vietnamita e ospiti afgani). A molti altri è andata bene in un punto di ritrovo dove spesso si incontrano anche giornalisti e uomini d'affari. Ma l'obiettivo non erano probabilmente loro. Come già si era ipotizzato sabato, nel mirino c'era forse l'intera élite pachistana: il presidente Zardari e il primo ministro Gilani, entrambi del Partito popolare fondato dalla dinastia Bhutto, e forse anche il capo dell'esercito, generale Kiyani. Il premier è così sicuro che l'attentato fosse contro di lui che lo ha detto ieri in una conversazione con la stampa all'aeroporto di Lahore. Secondo quanto riferito dal primo ministro, e riportato dalla televisione pachistana, i terroristi avevano individuato come obiettivo la sua residenza, che però era stata messa in allerta e sotto massima sorveglianza. Gilani, del resto, non è nuovo agli attentati: uscì illeso da un agguato il 3 settembre scorso alla periferia di Islamabad, quando alcuni sconosciuti aprirono il fuoco contro la sua auto blindata e il convoglio della scorta. Ma lui, semplicemente, non c'era.
D'altro canto, nella serata di sabato, si era diffusa la voce che Zardari fosse a cena con Gilani e che anche il generale Kiyani fosse della partita nel pranzo serale che interrompe il digiuno di Ramadan. Ma un'altra ipotesi dice che il gotha dell'establishment pachistano era stato invitato proprio al Marriott dalla presidente della Camera che voleva festeggiare il primo discorso al parlamento del neo presidente. In buona sostanza, e pur restando nel campo delle ipotesi, l'attentato è sembrato il tentativo di decapitare il vertice del potere o comunque di colpire, com'è avvenuto, il cuore dello Stato, visto che il Marriott si trova a poche centinaia di metri, sia dal parlamento, sia dalla residenza del premier. Fonti non confermate diffuse dalle agenzie di stampa accreditano anche l'ipotesi che l'obiettivo potessero essere una trentina di marine dello staff di sicurezza del capo di stato maggiore americano, ammiraglio Mike McMullen, e che ieri dovevano partire per l'Afghanistan.
In assenza di rivendicazioni, gli occhi sono puntati sul movimento dei talebani pachistani e suoi suoi legami ad Al Qaeda. Il de facto facente funzioni di ministro dell'Interno, Rehman Malik (Gilani ha da poco messo mano a un rimpasto dopo che i ministri legati all'ex premier Nawaz Sharif hanno lasciato l'esecutivo), ha affermato, nel corso di una conferenza stampa, che i responsabili dell'attentato vanno cercati nelle zone tribali del Nord-ovest del Pakistan, al confine con l'Afghanistan, roccaforti dei combattenti islamici pachistani e dei qaedisti: “Tutti gli indizi portano a quella zona”, ha detto con sicurezza Malik aggiungendo che “prima che si concludano le indagini non posso dire chi l'ha fatto. Ma prima ancora d'indagare posso dire che tutte le strade portano al Waziristan del Sud”.
I funzionari pachistani hanno intanto fornito altri elementi sull'esplosione di sabato che, come ormai è certo, è stata in realtà una doppia esplosione: prima si è fatto saltare il kamikaze, poi è esploso il camion di cui era alla guida. Il mezzo era imbottito con 600 chili di esplosivo mischiati con proiettili di artiglieria e di mortaio. Per provocare un incendio, l'esplosivo era mescolato con polvere di alluminio, materiale facilmente infiammabile. L'esplosione, secondo le autorità locali la più potente mai avvenuta in Pakistan, ha provocato un immenso cratere profondo otto metri e largo una ventina, distruggendo completamente parte dell'albergo da 290 stanze.
“Il terrorismo è un'epidemia, un cancro che estirperemo ad ogni costo”, ha detto ieri mattina Zardari in un breve discorso televisivo alla nazione prima di partire per New York dove parteciperà all'Assemblea Generale dell'Onu. Per i pachistani è stato una sorta di “11 settembre” e sulla stampa locale si sono letti titoli così: “Questa è la guerra del Pakistan”.

Emanuele Giordana
Fonte: www.lettera22.it
22 settembre 2008

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