In Palestina il centro Mehwar per la protezione e l’empowerment delle famiglie e delle donne


Luisa Morgantini


Luisa Morgantini, Vice Presidente del Parlamento Europeo: "Sono rientrata dalla Palestina e da Israele, anche il gruppo che ho organizzato è tornato da pochi giorni. Ma vorrei condividere con voi una bella storia di empowerment di donne del Centro Mehawar che abbiamo visitato".


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In Palestina il centro Mehwar per la protezione e l'empowerment delle famiglie e delle donne

A Beit Sahour c'è un centro per donne che hanno subito violenza e sono state abusate, chiamato Mehawar. E' veramente fantastico. Il posto è bello e confortevole. Quindi non solo un rifugio, ma "pane e rose". Le ragazze e le donne che vi trovano protezione hanno vissuto storie veramente terribili e tragiche di violenza, principalmente domestica, dallo stupro alla tortura.
In questo momento nel centro vi sono diciotto donne e quattro bambini. Lo staff del centro, veramente ammirevole, è zelante e altamente professionale. Da quello che ho potuto vedere in questi anni sono state realmente capaci di sviluppare relazioni profonde, comprensione e fiducia con le donne che arrivano nel centro.
Non è la prima volta che lo visito, ogni volta porto dei gruppi, sia appartenenti alla società civile sia Membri del Parlamento Europeo, anche le Donne In Nero vi sono state e stiamo discutendo di fare una campagna di raccolta fondi ma non solo, per il reinserimento delle donne che sono pronte a lasciare il Centro.
 E quindi cosa dirvi ora?
L'ultima visita che ho fatto al centro è stata molto emozionante e ho potuto vedere le donne molto più indipendenti. Nayla Ayesh Direttrice del Women Affair Centre era con noi, quindi può aggiungere anche le sue impressioni.
Le donne e le ragazze che erano nel centro si raccontavano liberamente. Certo c'era già una sorta di relazione e fiducia visto che le ho incontrate più volte. Ma questa volta le ragazze e le donne parlavano del loro futuro e di come avevano imparato a dire NO.
Una di loro era molto orgogliosa di essersi diplomata (tahwyeh?), la seconda nel centro, e alcune di loro ( una donna con quattro figli) erano già pronte a lasciare il centro e a ricominciare a vivere autonomamente. Certamente reintegrarsi sarà difficile, alcune di loro hanno denunciato i responsabili delle violenze subite. Il centro le sta aiutando e non le lascia sole, ma comunque il budget è limitato, non ci sono soldi per il reinserimento, e quindi il nostro gruppo ha deciso di 'adottare' tre donne, fornendo aiuti finanziari per le loro spese per un anno (affitto, attrezzature ecc.)  
 
Alcune brevi informazioni sul background del centro. La direttrice è Diana Mubarak, l'ho incontrata alla fine del 2001, è originaria di Beit Jala e lavora al Ministero degli Affari Sociali a Betlemme. Ero a casa sua, quando molte delle case a Beit Jala sono state bombardate dall'IDF (sì, c'erano anche militanti palestinesi che cercavano di colpire Gilo). Sono rimasta a casa sua perché, come Israeliani e Internazionali, ci dicevamo: "se bombardano i Palestinesi devono sapere che bombarderanno anche noi". In quei giorni, solo per caso o forse a causa della mia curiosità (Diana non parla molto), ho incontrato in un posto tenuto da suore francesi due donne che non uscivano più. Diana mi ha raccontato le violenze e gli abusi subiti. Lei si stava prendendo cura di loro, le aiutava e le nascondeva. Aveva il sogno di aprire un centro.
Per fare la storia molto breve, un signore molto gentile della Cooperazione Italiana – Aldo Sicignano – comprese e accettò il progetto. L'Autorità Palestinese diede la terra, altri donatori inclusa la Cooperazione Italiana i finanziamenti. Le donne  e altre Ong Palestinesi insieme ad una organizzazione non governativa italiana – Differenza Donna- che ha una consolidata esperienza a Roma nello stesso settore, hanno fatto il resto.
Certamente attraverso molte, molte, difficoltà. Una cosa molto importante è che il centro non è segreto, e questo per una scelta fatta anche in accordo con l'Autorità Palestinese, per dare un segnale chiaro, sul fatto che il centro non è solo la volontà di poche donne o di ONG da fuori, ma una scelta precisa della politica dell'Autorità Palestinese. Ma allo stesso tempo lo staff del centro è molto attento a preservare la propria autonomia. E non è sempre facile. Come sappiamo bene anche dentro le Istituzioni le persone fanno la differenza.
Un'altra cosa osservata in questi anni è la crescita della competenza da parte delle donne palestinesi che gestiscono il centro. All'inizio ero preoccupata che l'ONG italiana avrebbe completamente gestito il centro, ma è stato così fantastico vedere il lavoro di squadra e come imparavano l'una dall'altra.
Spero veramente che tutti i problemi burocratici saranno risolti: spesso i soldi non arrivano e le donne sono rimaste per mesi senza stipendi, a causa della discussione sul ruolo delle diverse figure interessate. Anche l'Unifem è coinvolta perché la Cooperazione Italiana ha trasferito loro la gestione. Spero che possano fare un buon lavoro ma rapidamente perché sono troppi mesi che stanno discutendo se Amman o Gerusalemme prenderanno la guida del centro.
Al momento sembra che tutto ciò sia stato risolto. Mi piacerebbe veramente che ogni donna in Palestina e ovunque conoscesse il centro, per moltiplicare le esperienze, e spero che manterranno comunque la loro autonomia. Lo so, ci sono altre esperienze simili anche in Palestina, ma questa è veramente eccezionale.   
Vi invito quindi ad andare e a visitare il centro. Qui di seguito troverete tutti i dettagli e i contatti.

 
Luisa Morgantini
 
CENTRO MEHWAR
-per la protezione e l'empowerment delle famiglie e delle donne –
Direttrice
Diana Mubarak
Betlemme- Beit Sahour, Beit Bassa, Palestina.
Tel 00970- 2- 2748660 Fax: 00970-2-2748661; email: info@mehwar.org

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