Il complesso di superiorità


Carlo Petrini


Prosegue la Guerra del cibo. Usa ed Europa sono pronti a tagliare i sussidi all’agricoltura. L’Europa lo farà comunque, perché è in corso il controllo della salute della Politica agricola europea, che prevede una riduzione dei sussidi, proprio perché è ormai chiaro che non funzionano.


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Il complesso di superiorità

Centocinquantatré Paesi hanno cercato per nove giorni a Ginevra un nuovo accordo sul commercio internazionale. E non l'hanno trovato. Un ginepraio di esigenze, necessità, veti, offerte, complessi di inferiorità, complessi di superiorità nel quale si doveva decidere come far circolare le merci, favorendo i Paesi poveri per quel che riguarda le produzioni agricole, e dunque abolendo parte dei sussidi che Europa e Stati Uniti concedono ai propri agricoltori, ma anche – come contropartita – facilitando l'ingresso in Cina e India (che oggi pongono alti dazi) dei prodotti industriali provenienti dai Paesi ricchi. Il Wto, o Organizzazione mondiale per il commercio, è nato 13 anni fa, per sovrintendere ai tanti accordi commerciali tra gli stati. Ricorderete il tormentone dell'Uruguay Round (sì, come nel pugilato, non perché si litiga, ma perché una riunione non basta mai, ce ne vuole un "ciclo", una "tornata", e prende il nome dal posto in cui inizia): dall'86 al '94 i paesi del Gatt sono stati impegnati in negoziati che portano all'Accordo di Marrakech, atto di nascita del Wto. Nel 2001 inizia il Doha Round: il mondo, un po' ammaccato dall'11 settembre, cerca risposte costruttive e creative. L'abolizione dei dazi doganali per i prodotti alimentari provenienti dai Paesi poveri verso i Paesi ricchi sembra una soluzione. I prodotti industriali, però, viaggiano al contrario: i Paesi ricchi chiedono l'abbassamento dei dazi d'ingresso nei Paesi emergenti. Ecco dove si son fermati, per ripartire, dopo 7 anni di empasse, la settimana scorsa: con il Sud del mondo che chiede al Nord di ridurre i sussidi all'agricoltura e di "liberare" dai dazi una serie di alimenti. Si presenta anche una lista di prodotti "tropicali" che dovrebbero circolare liberamente nel mondo: nella lista ci sono arance, patate, pomodori, riso, cipolle… Insorge l'Europa: tropicali i pomodori? E come faranno i produttori di riso italiano se arrivano le ondate di riso dell'Est a basso costo proprio ora che l'Europa non dà più aiuti? Usa ed Europa sono pronti a tagliare i sussidi all'agricoltura. L'Europa lo farà comunque, perché è in corso l'health check (controllo della salute) della Politica agricola europea, che prevede una riduzione dei sussidi, proprio perché è ormai chiaro che non funzionano. Di più: i sussidi sono una cosa sbagliata e umiliante per un agricoltore che ami fare il suo mestiere e lo sappia fare bene. La logica dei sussidi ha creato un mercato agricolo alienato: scollegato per un verso dalla reale qualità dei prodotti, e per l'altro dalla reale domanda dei consumatori. Com'è che tanto liberismo ci ha portati al paradosso di ignorare la regola basica del mercato, quella della domanda e dell'offerta? Come se non bastassero i contrasti tra Nord e Sud, si sono aperte discussioni anche all'interno dello stesso "Nord". L'Europa saggiamente non cede sull'importanza delle Indicazioni di Origine, che, se usate correttamente, difendono l'agricoltura di qualità, legata ai territori, alle peculiarità, alle sapienze. Se le Origini non vengono protette, si apre la strada alle contraffazioni. Problema che gli Stati Uniti non sentono, anzi: solo negli Usa il giro d'affari legato alla contraffazione di prodotti alimentari italiani si aggira sui 50 miliardi di euro all'anno. Cina e India, dal canto loro, fanno la voce grossa: non abbasseranno i dazi sui prodotti industriali in entrata. È il nostro turno, sembrano dire: chi finora ha rivendicato una specie di diritto divino allo sviluppo, si faccia da parte. E poi c'è l'Africa, certo, anche se si fa fatica a ricordarsene, che teme le sovvenzioni statunitensi alle produzioni di cotone… Anche se l'accordo è ormai fallito, per quel che può valere, occorre ancora fare il tifo per Pascal Lamy, testardo direttore del Wto. Dobbiamo sperare che si trovi il modo di proteggere le produzioni dei Paesi ricchi senza far pagare il conto ancora una volta ai Paesi poveri. Certo, hanno ragione le organizzazioni non governative a dire che è meglio nessun accordo che un cattivo accordo. Ma è anche vero che non ci sarà una globalizzazione virtuosa se non faremo funzionare le sedi del multilateralismo, e questo è nientemeno che uno degli obiettivi del Millennio. E non possiamo rassegnarci all'idea che quella lista di obiettivi diventi una lista di fallimenti.

Fonte: Repubblica.it

30 luglio 2008

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