Perché nessuno interpella la società civile afghana?


Theo Guzman


Il 12 giugno a Parigi si svolgerà la conferenza di capi di stato sul’Afghanistan. Lucio Melandri, della rete di ong Afghna: "nessun dialogo con chi vive laggiù".


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Perché nessuno interpella la società civile afghana?

 

 

 

 

 

 

 

 

“La sorpresa a Parigi, e quindi anche la delusione, sono state l’assenza della società civile afgana, pur presente con alcuni delegati ma sostanzialmente sparita dai documenti ufficiali. Non viene cioè ancora percepita come un interlocutore importante cui dare peso. E resta dunque senza voce”. Delusione e dubbi. Così Lucio Melandri, uno dei delegati di Afgana, la rete di cittadini, Ong e associazioni nata l’anno scorso in Italia, racconta la Conferenza della società civile e del settore privato riunita a Parigi dal ministro degli Esteri Bernard Kouchner in vista del tavolo del 12 giugno riunirà a Parigi capi di stato e di governo per discutere dell’Afghanistan. Un vertice che è solo una data: non ha ancora un titolo né un’agenda precisa.
Cominciamo da questo pre- incontro di Parigi che un titolo invece ce l’aveva..
Si, Conferenza della società civile e del settore privato. Qualche dubbio è venuto proprio dal titolo stesso: mettere nello stesso calderone due cose tanto diverse… Certo il settore privato ha una sua fondamentale importanza, ma quest’accostamento ci è sembrato quantomeno prematuro…
Afgana è andata a Parigi anche per stimolare l’uscita dalle secche di una situazione che sembra prigioniera della sola opzione militare.
Siamo andati in Francia, e con noi le associazioni afgane, le Ong britanniche, le reti scandinave, gli amici tedeschi e naturalmente francesi, anche per capire cosa sarà la Conferenza del 12 a Parigi. Per capire se ci sarà quel cambio di passo che tutti, a cominciare dagli afgani richiedono. “Afganizzazione” è il termine che va per la maggiore. Ma non ci è sembrato di capire che ci sia voglia di “afganizzazione” del dialogo in un momento in cui sembra proprio che l’opzione militare non abbia risolto le cose. Naturalmente per fare questo bisogna cominciare a dar voce anche alla società civile afgana e questo incontro doveva esserne la prova. Ma non è stato così. Abbiamo anzi dovuto combattere una battaglia per far inserire nei documento e nelle raccomandazioni proprio un richiamo forte a questa componente che non ha voce in capitolo.
Eppure Kouchner nel suo discorso di benvenuto…
Aveva chiaramente detto che la Conferenza doveva servire a dire le cose nettamente e chiaramente. Poi è partito e la conferenza ha preso la modalità classica degli incontri dove non si decide nulla. Noi pensavamo che sarebbe servita da megafono per la Conferenza dei”grandi” del 12 giugno, ma la sensazione è stata che fosse un megafono rivolto al nulla: negli spazi, nelle modalità, nelle carte ufficiali dove non c’era l’ombra di un richiamo alla società civile afgana.
Bilancio interamente negativo?
No, perché è stata un’occasione per incontrarsi e conoscere una realtà afgana ed Europa in forte movimento. Oggi si svolgerà una teleconferenza tra i partecipanti per farne un bilancio e mercoledì a Kabul ci sarà un altro incontro per preparare un intervento da far arrivare a Parigi.
E l’idea di una Conferenza regionale della società civile asiatica chiesta dagli afgani a gennaio in un incontro a Kabul proprio con Afgana?
È un punto cui teniamo molto e uno degli obiettivi che vogliamo che arrivino anche al tavolo del 12 giugno. Anche perché è un tema che come italiani abbiamo appoggiato e che è forte di un pronunciamento del nostro parlamento. Si tratta di uno strumento di dialogo in grado di mobilitare le risorse nei paesi confinanti e “ circondare” l’Afghanistan con le voci e la forza della società civile.

Fonte: il Manifesto

27 maggio 2008

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