Contro i lavori forzati: “Campagna Birmania”


La redazione


La Birmania è un paese martoriato da decenni di violenta dittatura, che ha imposto l’arbitrio come legge e come modalità di governo. Contro il lavoro forzato e le continue violazioni dei diritti umani la Cisl lancia “Campagna Birmania”.


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Contro i lavori forzati: “Campagna Birmania”

Sabato 19 maggio 2008 la Cisl  ha lanciato la “Campagna Birmania”, contro il lavoro forzato, per la democrazia, i diritti, l’ambiente in Birmania. All’interno di Terra Futura, mostra-convegno internazionale delle buone pratiche di sostenibilità ambientale,economica e sociale che si svolgerà a Firenze dal 23 al 25 maggio 2008, la “Campagna Birmania” ha anticipato l’iniziativa con un appuntamento nella sala del Teatrino Lorense , Fortezza da Basso, Firenze. Durante l’incontro  sono stati letti dei brani dal libro “Il pavone e i generali” di Cecilia Brighi, con prefazione a cura di Savino Pezzotta e Walter Veltroni: i diritti d’autore verranno devoluti alle organizzazioni democratiche birmane.  Sono intervenuti Pier Paolo Baretta, Segretario generale aggiunto CISL, Ugo Biggeri di Terra Futura, Maurizio Gubbiotti di Legambiente e Sergio Baffoni di Green Peace. Con le testimonianze di Maung Maung, Segretario generale del Sindacato birmano FTUB  e di Daw San San, Parlamentare birmana e Segretaria della Lega nazionale dell’NLD in esilio, si è avuta la possibilità di assistere alla proiezione del film “Total denial” di Milena Kaneva, che documenta l’uso del lavoro forzato da parte di Total e Unocal nella costruzione del gasdotto Padana, e il processo contro la multinazionale Unocal, che le vittime del lavoro forzato hanno vinto.
Nel sito www.birmaniademocratica.org è possibile prendere visione degli obiettivi che la “Campagna Birmania” a Terra Futura intende perseguire: contribuire a porre fine al lavoro forzato, gli stupri, lo sfruttamento dissennato delle foreste e delle risorse idriche e promuovere il sostegno diffuso alla lotta per la democrazia e la tutela dei diritti umani e sindacali.  I prossimi passi della Campagna saranno quelli del lancio di un appello e di una raccolta firme per chiedere alle imprese italiane, le più varie, di sospendere i loro rapporti economici e commerciali con la giunta militare per non contribuire a rafforzare il potere della stessa che continua ad utilizzare il lavoro forzato come fonte di potere; lanciare un appello agli Enti Locali, alla Regione Toscana e alle altre regioni, al Parlamento, al Governo italiano perché sostengano l’impegno delle organizzazioni sindacali birmane nella lotta al lavoro forzato e contro lo sfruttamento generale dei lavoratori e delle lavoratrici birmane; l’adozione al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite di una Risoluzione che costringa la giunta ad un tavolo negoziale per la democrazia con tutte le parti interessate a partire dall’NLD e dalle organizzazioni dei gruppi etnici; la piena attuazione delle sanzioni politiche ed economiche da parte della Ue e a livello internazionale nei confronti della giunta, tra cui la sospensione di accordi economici e produttivi con tutte le imprese di proprietà dello stato e dei militari, così come richiesto dal governo birmano in esilio e indicato anche dall’ILO, e la sospensione delle importazioni/esportazioni da e per questo paese, in particolare di prodotti del settore legno; il monitoraggio e disincentivo delle imprese italiane, che continuano ad avere rapporti commerciali e produttivi con la Birmania, l’approvazione di programmi di cooperazione a sostegno delle organizzazioni democratiche e sindacali birmane.

Dopo la catastrofe del ciclone Nargis, Cisl e Iscos, insieme alle organizzazioni democratiche birmane, lanciano un appello alla solidarietà.

All’alba del 3 maggio il ciclone tropicale Nargis si è abbattuto sulla Birmania. Il numero delle vittime – decine di migliaia – continua ad aumentare. Ieri i numeri ufficiali della catastrofe, destinati a crescere, erano di 22.980 morti e 42.119 dispersi: secondo le agenzie umanitarie il 40% sarebbero bambini. Un milione di senza tetto, 5.000 chilometri quadrati di terreni, dove si trovano molte delle più fertili risaie del mondo, sono ora inondati dalle acque.

Una catastrofe di proporzioni gigantesche si abbatte su un paese tristemente vessato da decenni di dittatura militare e da persistenti violazioni dei diritti umani. Sembra che di fronte all’imponente catastrofe naturale ogni polemica sulle brutalità della Giunta militare al potere e sui diritti umani calpestati sia destinata all’oblio. In realtà la condizione di emergenza è resa ancor più drammatica dalla situazione politica e sociale.

Il governo militare non è stato in grado di affrontare in alcun modo l’emergenza: migliaia di soldati attoniti hanno lasciato spazio ai laboriosi e coraggiosi monaci che per primi (e spesso soli) hanno prestato soccorso, assistito i feriti e si sono messi al servizio della popolazione per rimuovere ostacoli e macerie dalle vie di comunicazione.

La Giunta si è affrettata a dichiarare che non avrebbe accettato aiuti se non attraverso l’ONU e le sue agenzie; ma mentre le immagini dei campi distrutti e dei cadaveri trasportati dalla corrente invadono le prime pagine dei giornali di tutto il mondo, a tre giorni dal disastro, il personale delle Nazioni Unite aspettava ancora di ricevere il visto per portare i primi soccorsi nel paese.

Forse insieme alle centinaia di migliaia di case, l’onda provocata dal ciclone ha spazzato via anche il “mito di un governo preparato a far fronte a tutto”, come commentava un dissidente fuggito dalla Birmania dopo la rivolta del 1988.

Le organizzazioni democratiche birmane e la Lega Nazionale per la Democrazia, del Premio Nobel Aung San Suu Kyi, hanno lanciato un appello di solidarietà per le vittime del ciclone. Cisl e Iscos, da tempo al loro fianco per il raggiungimento della Democrazia e con programmi di sviluppo, come quello a sostegno dei profughi birmani nella vicina Tailandia, hanno accolto questo invito lanciando una campagna di raccolta fondi per affrontare l’emergenza umanitaria. Il ricavato andrà alle organizzazioni democratiche e sindacali birmane che aiuteranno direttamente e concretamente il loro popolo.

Un invito alla solidarietà che, con Aung San Suu Kyi, rivolgiamo a tutti.

Valeria Patruno

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