Fame nel mondo: è tempo di cambiare. Lo dice persino il FMI


La redazione


Il caro cibo, scrive Strauss-Kahn, n.1 del FMI: "E’ una fonte di instabilità macroeconomica che colpisce i bilanci pubblici, la bilancia commerciale e, ovviamente, i redditi di tutte le persone al mondo".


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Fame nel mondo: è tempo di cambiare. Lo dice persino il FMI

Gli alti prezzi dei beni alimentari rappresentano una "seria preoccupazione umanitaria". Lo ha detto il numero uno del Fondo monetario internazionale, Dominique Strauss-Kahn in un commento pubblicato sul 'Financial Times'. Il caro cibo, scrive Strauss-Kahn, "e' una fonte di instabilita' macroeconomica che colpisce i bilanci pubblici, la bilancia commerciale e, ovviamente, i redditi di tutte le persone al mondo".
Secondo il numero uno del Fmi per fronteggiare questo problema serve un "approccio globale" ed un'"audace riforma", che consenta di garantire il nutrimento delle popolazioni piu' povere. Per superare la spirale degli alti prezzi e le carenze dei rifornimenti occorre dare piu' fondi ai programmi assistenziale del Fmi, ma non bastano le politiche assistenziali. "Dobbiamo essere audaci – scrive Strauss-Kahn – per fronteggiare le sfide a lungo termine dei rifornimenti di cibo". Il numero uno del Fmi chiede un coordinamento globale delle politiche agricole e punta il dito contro il protezionismo, l'utilizzo dei raccolti di beni alimentari per produrre biocarburanti, un'inadeguata protezione assicurativa dai rischi e piu' assistenza ai poveri.
"Stiamo gia' vedendo azioni a livello nazionale – sostiene Strauss-Kahn – come il taglio delle esportazioni di beni alimentari, che hanno un impatto dannoso a livello globale". Un ruolo positivo, aggiunge, potra' avere la chiusura sui negoziati del Doha Round. Strauss Kahn fa poi sapere che il Fmi e la Banca mondiale "sono pronte a fornire rapidi aiuti per aiutare le bilance dei pagamenti" dei paesi colpiti da shock alimentari e a 2rivedere i prestiti agevolati". "Abbiamo la responsabilita' morale – conclude Strauss-Kahn – di dare il cibo alle popolazioni povere".

Fonte: www.ong.agimondo.it/

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Rivolte per il pane,
è allarme globale

La Fao avverte: scontri e tumulti nei Paesi poveri per il carovita causato dall'impennata dei prezzi non si fermeranno se il Nord del mondo non interverrà con una strategia sostenibile, unitaria, condivisa.

Potrebbero innescare un effetto domino le rivolte popolari che in questi ultimi mesi hanno interessato molti Paesi poveri a causa dell'impennata dei prezzi delle derrate alimentari. A meno di un intervento delle istituzioni internazionali per frenare l'inflazione globale galoppante. A paventare il pericolo è stato il direttore generale dell Fao, Jacques Diouf, intervenuto a New Dheli al primo Forum mondiale dell'industria agro-alimentare e due giorni dopo a Roma, dove l'agenzia Onu ha indetto appositamente una conferenza stampa. "Sono necessarie misure urgenti", ha avvertito Diouf, "per evitare che gli effetti negativi di breve periodo degli aumenti dei prezzi alimentari non abbiano conseguenze ancora piu' gravi sulle fasce povere della popolazione mondiale e sulla stessa sicurezza globale". I prezzi, ha spiegato Diouf, "sono cresciuti del 45 per cento negli ultimi nove mesi e sul mercato iniziano a scarseggiare riso, frumento e mais". Lo scenario che si prospetta è quanto mai "fosco", ha sottolineato il direttore dell'agenzia Onu, "il problema è molto grave" e l'incontrollato aumento dei prezzi delle farine ha già provocato rivolte popolari in Egitto, Tunisia, Camerun, Haiti e Burkina Faso. Da qualche giorno Haiti e' precipitata nel caos e le manifestazione contro il caro vita sono costate cinque morti in una settimana, mentre in Burkina Faso i sindacati hanno indetto uno sciopero generale per l'aumento del costo di cibo e gasolio.
All'origine dell'impennata dei prezzi, hanno spiegato gli esperti, c'e' un insieme di fattori. In particolare, la minore produzione dovuta ai cambiamenti climatici, le scorte al minimo storico, un maggiore consumo di carne e di prodotti caseari in Paesi con economie emergenti, l'aumentata domanda per la produzione di biocombustibili e i costi piu' alti di petrolio, energia e trasporti. A questi si aggiunge la speculazione, che ha fortemente inciso ad esempio sul prezzo del riso. La grave situazione "globale" preoccupa molto anche il direttore generale del Fondo mondiale internazionale (Fma), Dominique Strauss-Kahn, che in una conferenza a Washington ha dichiarato che "il 'boom' dei prezzi alimentari rischia di annullare i progressi fatti sul fronte della lotta contro la poverta'". E ha spiegato: "Le nostre ricerche indicano che l'impatto potrebbe essere pari a un intero punto di Pil 2005 per la maggior parte dei paesi africani, un impatto che io considero gigantesco". Anche secondo Strauss-Kahn, l'inflazione dipende da fattori contingenti ma anche "da fattori strutturali come la netta crescita del biocarburante nel corso degli ultimi anni". Per quanto riguarda la crisi e i mercati emergenti il numero uno del Fondo ha spiegato che fino ad ora è stata sopportata bene, ma comunque questi Paesi non ne sono immuni.

Per un modello di sviluppo sostenibile
Per rispondere alla crescente domanda di cibo, soprattutto di Paesi come India e Cina, il cui Pil cresce ogni anno dell'8-10 per cento, Diouf ha osservato che "è essenziale" investire di più nel controllo delle risorse idriche e nelle infrastrutture rurali, oltre che nell'aumento di una produzione che sia "sostenibile". Con maggiori investimenti nel settore agricolo e nello sviluppo rurale, ha sottolineato Lennart Bage, presidente dell'Ifad, "i 400 milioni di piccoli agricoltori del pianeta potrebbero sviluppare il loro potenziale sottoutilizzato, non solo per migliorare la propria alimentazione e il proprio reddito, ma per rafforzare la sicurezza alimentare nazionale e la complessiva crescita economica".
A giugno si terra' a Roma una conferenza internazionale organizzata dalla Fao su 'Sicurezza alimentare, clima e buocarburanti'.

'Tsunami umanitario' nell'agenda del G8
L'impennata delle derrate alimentari ha fatto scendere in campo anche il primo ministro britannico, Gordon Brown, che ha esortato i Paesi industrializzati a un'azione coordinata per fermare l'inflazione globale che sta scatenando le rivolte nei Paesi più poveri. Mentre l'Unione europea avverte che sull'Africa sta per abbattersi uno "tsunami umanitario", il leader laburista ha chiesto che la questione abbia la priorità massima al vertice del G8 di luglio a Tokyo. "Per la prima volta in decenni e' cresciuto il numero di persone minacciate dalla fame", ha detto Brown, il quale con un'inedita fermezza ha messo in guardia da scelte come quella di impiegare cereali per il biofuel invece che per sfamare la gente. In una lettera al primo ministro giapponese, Yasuo Fukuda, il premier britannico ha chiesto che il vertice sia occasione per chiedersi se i biocarburanti siano una scelta "responsabile e sostenibile". Brown imputa l'aumento dei prezzi dei generi alimentari alla crescita democrafica, alla forte domanda di materie prime dai Paesi in via di sviluppo e a cambiamenti climatici estremi. Le preoccupazioni di Brown sono state condivise dal ministro francese per i Diritti umani, signora Rama Yade, che ha suggerito una conferenza mondiale sul tema. "Le garanzie alimentari sono una sfida globale", ha detto in una dichiarazione alla radio francese, "Queste rivolte sono motivo di grande preoccupazione per la Francia". Il commissario europeo allo Sviluppo, Louis Michel, da giorni parla in termini drammatici della situazione in Africa. "Si sta manifestando una crisi alimentare mondiale, meno visibile di quella dell'aumento del prezzo del petrolio, che in Africa puo' avere l'effetto uno tsunami economico e umanitario", aveva detto Michel.

Caro vita dilagante
I ministri delle Finanze africani, riuniti i primi di aprile ad Addis Abeba, hanno convenuto che l'aumento dei prezzi "costituisce una pesante minaccia alla crescita, alla pace e alla sicurezza" di tutta l'Africa. Gli analisti in Asia avvertono che il Bangladesh e le Filippine, dove le classi meno abbienti attualmente devono sborsare circa il 70 per cento delle loro entrate soltanto per fare la spesa, saranno i primi a essere colpiti.
In Tunisia fonti sindacali hanno riferito che nella cittadina di Redeyef, nel centro del Paese, negli ultimi tre giorni vi sono stati scontri tra polizia e manifestanti scesi in piazza per denunciare l'aumento dei prezzi dei generi alimentari e la disoccupazione.
Oltre venti i fermi, di cui otto sono stati trasformati in arresti. Sono rare le notizie di disordini in Tunisia, dove il presidente Zine al Abidine Ben Ali, al potere dal 1987, ha sempre mostrato poca tolleranza per il dissenso.
In Pakistan il prezzo del pane e' raddoppiato, mentre in India le opposizioni minacciano di mobilitare le piazze se il governo non si interverra' sul fronte dell'inflazione. Negli Stati del Golfo, le cui economie dipendono fortemente da manodopera asiatica e dei Paesi arabi, l'aumento dell'inflazione, oltre alle conseguenze negative sul mercato interno, ha avuto un altro effetto: giacche' quelle valute sono ancorate a un dollaro in forte calo, si e' ridotto il valore delle rimesse degli immigrati ai loro cari.

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