Cizre muore lentamente


Chiara Cruciati - Nena News


Da tre giorni non si hanno notizie dei civili intrappollati nel sotterraneo di una casa della città turca assediata dall’esercito.


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Qualche giorno o qualche settimana: il governo turco mette la data di scadenza alle operazioni militari contro il sud est del paese, contro le città kurde di Cizre e Diyarbakir. Non perché si porrà fine alla repressione, al fuoco e alle punizioni collettive contro centinaia di migliaia di civili, ma perché tali strumenti permetteranno – nella visione governativa – di zittire le proteste.

È questa la previsione del ministro degli Interni, Efkan Ala: “Siamo convinti che le operazioni saranno completate a Cizre in pochi giorni. A Sur [distretto di Diyarbakir] servirà un’altra settimana o due, ma anche lì l’85-90% delle operazioni sono state completate. A Cizre, l’eliminazione di trincee e di mine ha raggiunto il 99%”.

Il ministro non dice nulla dell’assedio e del coprifuoco contro le due comunità che ha ormai superato i 50 giorni, e dice poco del sotterraneo di Cizre dove da oltre 10 giorni dei civili sono intrappolati dal fuoco dell’artiglieria turca. Erano 29 in origine, ora sono 22: sette sono morti per le ferite riportate, mentre chi resiste non ha più cibo né acqua.

“Non possono uscire a causa del fuoco sparato dai terroristi – ha detto Ala – Una finzione”. La sofferenza di Cizre era stata poco prima etichettata come “speculazioni” dal governo di Ankara in risposta alle accese proteste del Partito Democratico del Popolo, l’Hdp, fazione di sinistra pro-kurda che tenta in parlamento e sul terreno di salvare i civili assediati. Le ambulanze che arrivano sul posto vengono bloccate dall’esercito turco e chi prova ad uscire dal sotterraneo finisce sotto il fuoco dell’artiglieria. Eppure il presidente Erdogan bolla come “bugie” le dichiarazioni dell’Hdp: “Forse non sono nemmeno feriti”, aveva detto pochi giorni fa mentre aumentava il numero delle vittime.

La situazione a Cizre la riportano le Yps, le unità di difesa civile kurde che ieri hanno pubblicato un comunicato nel quale raccontano il fuoco unilaterale dell’esercito turco contro il sotterraneo della casa dove avevano trovato rifugio donne, giovani, bambini, anziani. Di loro non si hanno più notizie da tre giorni: dopo le ultime comunicazioni e le foto inviate (e che mostravano cadaveri a terra accanto ai feriti, che proteggevano le vie aeree con delle mascherine), i civili del sotterraneo non riescono più a comunicare con l’esterno, aumentando a dismisura la preoccupazione delle famiglie.

Proprio le donne delle famiglie dei feriti e dei morti ieri hanno provato ad avvicinarsi a piedi alla casa. Erano in 11 e sono riuscite a raggiungere il cortile dell’edificio. Sono state arrestate dalla polizia e rilasciate poco dopo, secondo quanto riportato dall’agenzia stampa kurda AnfEnglish. Immediata la reazione dell’Hdp: “Le madri non sono state in grado di entrare – ha detto il parlamentare Sariyildiz, dal primo giorno impegnato per sbloccare l’assedio – Quindi è impossibile raggiungere la casa, come dice il governo turco. I suoi funzionari dicono che è impossibile per gli scontri nella zona, ma non è così”.

Una violenza brutale che ha sollevato le proteste delle Nazioni Unite: lunedì l’Alto Commissario ai Diritti Umani, Zeid Ra’ad al Hussein, ha chiesto l’apertura di un’inchiesta sul fuoco aperto contro i civili da parte dell’esercito, in particolare nella città di Cizre. “Se i funzionari dello Stato hanno commesso violazioni dei diritti umani, devono essere perseguiti”.

Non solo operazioni militari: nel mirino dell’Onu c’è anche la libertà di espressione. Al Hussein ha portato come esempio l’arresto del cameraman Tekin, prima ferito dal fuoco dell’esercito mentre riprendeva l’uccisione di 9 civili a Cizre (vedi il video in coda all’articolo) e poi detenuto con l’accusa di essere membro di un’organizzazione terroristica, ovvero il Pkk.

Ma il piano del governo di Ankara è ben più ampio: spezzare definitivamente il movimento di liberazione kurdo. Attraverso campagne militari (che hanno già ucciso oltre 170 civili da agosto) ma anche con strumenti socio-economici. Ankara, ha fatto sapere ieri il governo, presenterà a breve un piano economico nuovo per il sud est. Secondo la stampa si tratterebbe di un aumento ulteriore della presenza della polizia e dell’esercito nelle città considerate calde, ma anche una serie di misure per colpire soggetti, aziende, organizzazioni sospettate di legami con il Pkk.

Fonte: http://nena-news.it

3 febbraio 2016

 

 

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