Kamikaze di 18 anni tra i curdi: strage in Turchia


Marta Ottaviani - La Stampa


Trenta morti e un centinaio di feriti a Suruc. Colpito il centro che stava organizzando aiuti per Kobane.


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Mancava poco a mezzogiorno quando a Suruc, la cittadina curda vicino al confine con la Siria e di fronte a Kobane, si è scatenato l’inferno. Una forte esplosione, provocata da una kamikaze, ha ucciso 30 persone e ne ha ferite oltre 100, fra cui alcune in modo grave. Ci sono volute meno di due ore per confermare quello che era fin troppo chiaro a molti già dall’inizio: la cittadina, che da mesi ospita migliaia di rifugiati siriani provenienti da Kobane, è stata colpita da un brutale attentato. 

Il ministero dell’Interno turco per il momento ha confermato solo il bilancio. «Sono preoccupato – ha detto il ministro degli Interni provvisorio, Sebahattin Ozturk -. Il bilancio potrebbe aumentare nelle prossime ore perché molti feriti sono gravi. Troveremo gli autori del gesto e li processeremo». Negli stessi minuti, fonti vicine al governo di Ankara hanno fatto sapere che a compiere il gesto è stata una ragazza di 18 anni, simpatizzante di Isis, che si è fatta esplodere davanti al Centro culturale Amara. La struttura ospitava una delegazione di 300 persone della SGDF, l’Associazione dei giovani socialisti turca. La kamikaze ha aspettato per fare detonare l’ordigno che molti fossero fuori nel giardino a organizzare la logistica e a presentare alla cittadinanza e alla stampa il loro obiettivo, ossia organizzarsi con squadre e mezzi per portare viveri proprio alla cittadina di Kobane, da tempo un vero e proprio simbolo della lotta curda contro Isis e che lo scorso anno ha resistito eroicamente a un assedio durato mesi. Più o meno alla stessa ora, un’esplosione oltre confine ha ucciso cinque membri dello Ypg, l’esercito del Kurdistan siriano. 

Il presidente Erdogan non ha cambiato il suo programma e si è diretto a Cipro per celebrare il 41mo anniversario dell’invazione dell’isola. Una scelta che ha fatto discutere. L’Akp, il Partito islamico-moderato per la Giustizia e lo Sviluppo fondato dal Presidente turco Recep Tayyip Erdogan, ha parlato di «attacco alla Turchia». Le vittime della strage, però sono tutti giovani ragazzi curdi. Durissimo il Pkk, il Partito dei Lavoratori del Kurdistan, con cui Erdogan stava portando avanti difficili negoziati per la cessazione della lotta armata in cambio di riconoscimenti costituzionali per la minoranza, che in Turchia conta circa 15 milioni di persone. «Ormai – ha scritto l’organizzazione in un comunicato – non distinguiamo più fra militanti dell’Isis e agenti dell’intelligence turca. Questo massacro è stato perpetrato dall’Akp». Polemiche anche sul comportamento della polizia che, secondo testimoni citati dai quotidiani turchi, ha allontanato in modo violento le persone che dopo l’esplosione cercavano di portare aiuto ai loro compagni e avrebbe addirittura impedito ad alcuni feriti di raggiungere l’ospedale. 

Le dichiarazioni del Pkk contrastano con quanto scritto da alcuni media filogovernativi, secondo i quali con questo attentato la Turchia paga il prezzo per la lotta al terrorismo. I rapporti fra Ankara e lo Stato Islamico sono ambigui e al centro di numerose polemiche. I turchi che hanno lasciato le loro case per andare a combattere Isis sono oltre 3000. Lo Stato Islamico è accusato di avere infiltrato pressoché indisturbato quartieri di tutte le più importanti città della Mezzaluna fino a Istanbul. Il confine turco è considerato il punto di passaggio preferito per chi si vuole congiungere da tutta Europa alle truppe di Al-Baghdadi. Non solo.

La Turchia ha sempre tenuto una discussa e netta linea anti Assad nella gestione della crisi siriana, tanto da essere accusata di essere in qualche modo in contatto con Isis per fare cadere il dittatore siriano e indebolire i curdi che premono nel nord del Paese. Proprio durante l’assedio di Kobane ci sono stati momenti di forte tensione interna con la minoranza perché, nonostante l’autorizzazione data dal Parlamento, le armate della Mezzaluna non sono mai intervenute per difendere la popolazione della cittadina. Infine, c’è chi ritiene che l’Akp abbia tutto l’interesse ad appropriarsi di questa strage per avere un casus belli e quindi un motivo per entrare in Siria, puntando però contro Assad.

Fonte: www.lastampa.it

20 luglio 2015

 

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