Mare Monstrum
Valerio Cataldi
C’erano donne e bambini su quella barca di legno che ora è poggiata sul fondo del mare portandosi dietro chissà quanti bambini, quante donne, quanti uomini. Mentre le navi, armate di cannoni, si affannavano ad inseguire altre barche, altri disperati.
Il barcone è spuntato all’improvviso intorno alle piattaforme petrolifere. 100 miglia a sud di lampedusa. Ha superato il filtro del dispositivo Mare Nostrum senza che nessuno se ne accorgesse, come succede ogni tanto. L’ha segnalato l’equipaggio di un rimorchiatore della piattaforma. Avevano l’incarico di seguirlo, di “ombreggiarlo” come si dice in codice, cosicchè i radar potessero segnalarne la posizione. Poi, all’improvviso, il barcone si è piegato su un fianco e la gente a bordo e finita in acqua.
Il soccorso è partito immediatamente dall’equipaggio del rimorchiatore. Due navi cargo sono state dirottate sul posto. Hanno tirato su uomini, donne e moltissimi bambini. Immagini che abbiamo visto già il 3 ottobre a pochi metri dalle coste di Lampedusa, poi l’11 ottobre 70 miglia a sud di Lampedusa. E i numeri dell’ennesimo naufragio nel canale di Sicilia sono ancora in evoluzione, i soccorsi ancora in atto in questo momento in cui scriviamo. E soprattutto non è chiaro quanti fossero a bordo: forse quattrocento, forse cinquecento, venivano dall’africa subsahariana e medio oriente riferiscono i soccorritori. Eritrea e Siria in fuga dalla dittatura e dalla guerra. Due o trecento i dispersi. La conta dei morti potrebbe crescere drammaticamente.
Rimbalzano a lampedusa quei numeri al cellulare di del sindaco Giusi Nicolini. “L’ennesima tragedia, dice, che nonostante gli sforzi Mare Nostrum non riuscirà a fermare”. E poi lancia una proposta: “basterebbe che Mare Nostrum si spostasse di qualche miglio sulla costa nord africana, se non è possibile in Libia, si individua una rotta alternativa, e Mare Nostrum diventerebbe un corridoio umanitario. È l’unico modo per impedire che la gente continui a morire in mare: dargli la possibilità di chiedere asilo a terra e partire verso la destinazione con un biglietto aereo in tasca.” Il corridoio umanitario è la soluzione. Lo dice il Comitato 3 Ottobre, lo dicono l’Alto Commissariato per i Rifugiati delle Nazioni Unite, lo dice Save the Children, l’Organizzazione Internazionale delle Migrazioni.
In queste ore chi è sul posto del naufragio comunica che la barca non è completamente affondata. Qualcuno dei soccorritori è anche salito a bordo per cercare altri superstiti e per capire cosa sia successo. Sotto la supervisione di due navi della marina militare i superstiti vengono trasbordati dalle navi cargo alle motovedette della guardia costiera e della guarda di finanza, come è stato fatto tante altre volte.
Verranno portati a Catania, a Pozzallo, qualcuno anche a Lampedusa si era stabilito inizialmente ma avrebbero passato la notte all’aperto con l’unico riparo di una tettoia di lamiera sul molo Favaloro perchè il centro di accoglienza è ancora chiuso e i lavori di ricostruzione dei padiglioni distrutti 4 anni fa da un incendio non sono ancora finiti. Giusi Nicolini ha detto di no. L’Europa oggi si dice scioccata dell’ennesima tragedia, ma era ovvio che prima o poi sarebbe successo di nuovo, che qualcuno sarebbe sfuggito al filtro delle navi militari e sarebbe passato con quelle barche di legno fradicio e quei gommoni di cartapesta.
C’erano donne e bambini su quella barca di legno che ora è poggiata sul fondo del mare portandosi dietro chissà quanti bambini, quante donne, quanti uomini. Mentre le navi, armate di cannoni, si affannavano ad inseguire altre barche, altri disperati.
Fonte: www.articolo21.org
12 maggio 2014