Rifugiati: “Il 2013 anno tragico”


Redattore Sociale


Sempre più difficile trovare casa e lavoro. Il Centro Astalli presenta il rapporto annuale: circa 37 mila persone hanno chiesto aiuto, “Italia tragicamente incapace di dare risposte”. E intanto “continua la silenziosa strage”.


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Un corteo organizzato a Napoli da profughi libici arrivati in Italia durante la crisi della Libia, l'11 dicembre 2012.
ANSA/CESARE ABBATE/

A fare il punto sulle condizioni di vita e di accoglienza dei richiedenti protezione internazionale e rifugiati in Italia è il Rapporto annuale 2014 del Centro Astalli, presentato oggi a Roma. A rivolgersi a tutte le sedi dell’associazione diffuse in Italia, lo scorso anno, sono state circa 37 mila persone, di cui 21 mila solo a Roma.

Secondo il Centro Astalli, il punto debole dell’attuale scenario dell’accoglienza italiano sono le misure di integrazione: “Molti titolari di protezione si trovano di fatto abbandonati a loro stessi, con ben poche opportunità di crearsi un percorso autonomo”.

Preoccupano le difficoltà a trovare alloggio e lavoro per le famiglie. Presso il centro Pedro Arrupe di Roma, il periodo medio di permanenza ha ormai superato i 12 mesi: “Mancano sul territorio strutture di seconda accoglienza o di semiautonomia dove si potrebbero accompagnare i nuclei familiari a una graduale autosufficienza. Un percorso quotidiano che si è fatto arduo anche per le famiglie italiane, che pure spesso possono contare su reti di sostegno parentali e amicali, diventa per le famiglie rifugiate una sfida impari”.

Un quadro che “conferma tragicamente l’incapacità del sistema di accoglienza italiano di dare risposte – spiega il rapporto -, persino ai bisogni più immediati”. Secondo padre Giovanni La Manna “sarebbe necessario e urgente rivedere tutta la politica in materia di migrazioni, con un’attenzione particolare ai profughi e ai rifugiati”.

Ma, mentre si attendono politiche strutturate anche a livello europeo, “continua la silenziosa strage nel mare e nel deserto – aggiunge La Manna -, le cui vittime sono uomini, donne e bambini colpevoli solamente di cercare un posto sicuro dove vivere”. Positivo il giudizio sull’operazione Mare Nostrum: “Ha salvato moltissime vite ed è uno sforzo importante da parte delle autorità italiane – spiega La Manna -. Resta però senza risposta la domanda più importante: come si può evitare che persone che hanno diritto alla protezione siano costrette a viaggiare in condizioni tanto rischiose e costose? Da tempo chiediamo di creare canali umanitari che permettano di far arrivare in sicurezza chi ha diritto a chiedere asilo in un Paese democratico, sottraendo a trafficanti senza scrupoli il destino di migliaia di rifugiati”.

Per La Manna, il 2013 è stato un “anno tragico”. A partire da Roma, dove a gennaio sono morti due rifugiati somali in un sottopassaggio. “Fuggiti dai pericoli vissuti nel loro Paese hanno perso la vita proprio dove avrebbero dovuto trovare protezione e aiuto”. Ma la triste lista continua. “Il 14 febbraio 2013 – aggiunge -, un giovane richiedente asilo della Costa d’Avorio si è dato fuoco all’aeroporto di Fiumicino, terrorizzato all’idea di essere espulso. A dicembre un eritreo di appena 21 anni si è suicidato nel Cara di Mineo. Sono solo alcuni esempi della profonda solitudine e disperazione che sembra accomunare rifugiati e italiani in questo periodo di crisi economica. Una comunità dovrebbe interrogarsi seriamente davanti a tragedie come queste”. Ma il 2013 sarà ricordato soprattutto per le tragedie del mare, già dimenticate dai media e dalla politica. “Il 3 ottobre 2013 abbiamo assistito impotenti al naufragio di Lampedusa – scrive La Manna -. Le proporzioni eccezionali di quella tragedia (366 eritrei morti, tra i quali donne e bambini) potevano essere l’occasione per un cambiamento. Invece c’è stata la solita onda emotiva e, dopo l’emozione, di nuovo indifferenza e silenzio”.

Fonte: www.redattoresociale.it
8 aprile 2014

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