Dimenticare Tahrir


Paola Caridi - invisiblearabs.com


Da Tahrir a Emaar Square. Il titolo dell’articolo del Guardian è di quelli che attirano l’attenzione di chi, come me, è affascinata da come lo spazio urbano diventa protagonista a suo modo della storia.


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Da Tahrir a Emaar Square. Il titolo dell’articolo del Guardian è di quelli che catturano l’attenzione. O perlomeno attirano l’attenzione di chi, come me, è affascinata da come lo spazio urbano diventa non solo palcoscenico, ma protagonista a suo modo della storia. E anche della storia sociale. Da Tahrir a Emaar Square. Emaar Square? Mai sentita. Ma dal Cairo manco da tempo, e conoscere tutta la megalopoli significa mentire.

Se di Emaar non ho sentito parlare, però, c’è una ragione. Piazza Emaar non esiste. Almeno per il momento. È un progetto, di quelli che conoscendo l’Egitto speculativo ed edilizio sarà fatto a spron battuto. Completato e venduto. Il progetto della UpTown Cairo, con quel vezzo tipicamente egiziano di occhieggiare all’America quando conviene. Perché a New York sì, e non anche al Cairo? Anche il Cairo ha una sua UpTown, a dire il vero una collinetta, un altopiano di poche centinaia di metri (duecento? Forse) dalle parti della Cittadella da cui i turisti hanno ammirato la grandezza della città, lo sterminato affastellarsi di case, palazzi più o meno fatiscenti, quartieri nuovi. E poi quell’infinito rincorrersi di luci, alla sera, quando l’inquinamento risparmia per qualche giorno il Cairo e ne fa risaltare il fascino struggente e comunque polveroso.

Emaar, insomma, sorgerà lì. Dalle parti del Moqattam, di quell’area enorme e complessa, fatta di zone popolari, di altre residenziali per la nuova borghesia, della cittadella dell’immondizia degli zabaleen (costruita letteralmente sui rifiuti). Lì sorgerà Emaar Square al centro di UpTown. Un tipico luogo del potere, perché comunica con tutto: pochi chilometri la separeranno dal centro del Cairo, dalla zona industriale, dai quartieri-bene. E dentro, dentro questo luogo del potere, ci sarà tutto per poter vivere tranquilli, sorridenti come in un Truman Show che non ha niente di cinematografico, ed è tragicamente reale.

Lontano da Tahrir, e se possibile per dimenticare Tahrir. Il sito che pubblicizza la nuova UpTown (grazie al Guardian che l’ha scovato e ne ha parlato) lo fa capire. Ma ancor di più lo fa comorendere la proprietà dell’enorme terreno su cui UpTown verrà costruito: il ministero della difesa egiziano, che allestirà una cittadina sicura, una cittadella. Lontano dalla polvere, e poi dal sangue, di Tahrir, della città storica e reale. Della città in cui la rivoluzione si è consumata.

È successo già prima del 25 gennaio del 2011, quando attorno al Cairo sono sorte cittadine fornite di tutto, dalla scuola all’ospedale, lontane dalla contaminazione della megalopoli, da quel mix incredibile di povertà e borghesia, grandi alberghi e bambini di strada, carretti e Suv. Cittadine igienizzate dal melting del Cairo, che ti si attacca addosso e non ti lascia. Ora UpTown promette di igienizzare tutto addirittura dentro il Cairo. E di far dimenticare Tahrir. Ma fino a quando?

Fonte: http://invisiblearabs.com
9 aprile 2014

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