Ilaria Alpi: dopo 20 anni, basta false verità


Eva Grippa


Esce oggi “La strada di Ilaria” di Francesco Cavalli, libro che ripercorre i fili della matassa di uno dei più inquietanti misteri irrisolti italiani. Da qui, e dai documenti della Commissione d’inchiesta che a breve saranno desecretati, bisogna ripartire per cercare la verità.


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Il 20 marzo 1994 la giornalista del Tg3 viene uccisa, assieme all’operatore Miran Hrovatin, lungo una strada di Mogadiscio, in Somalia. A venti anni dalla sua morte il collega Francesco Cavalli, tra gli ideatori del premio giornalistico che della ragazza porta il nome, in un libro ripercorre i fili della matassa di uno dei più inquietanti misteri irrisolti italiani. Da qui, e dai documenti della Commissione d’inchiesta che a breve saranno desecretati, bisogna ripartire per cercare la verità.

Gli elementi per capire come realmente fossero andate le cose ci sono sempre stati tutti: prove mediche (l’autopsia no, non è stata ritenuta necessaria), taccuini, testimoni, confessioni. Alcuni sono stati “smarriti”, altri distrutti, altri rubati (a partire dai bagagli di Italia, arrivati con sigilli rotti in italia), molti secretati. La convinzione che la giornalista del Tg3 e il suo operatore siano stati uccisi su preciso mandato perché avevano scoperto un traffico di rifiuti tossici dal nostro Paese alla Somalia è ancora viva, eppure non sono bastate tre relazioni della Commissione parlamentare d’inchiesta a provarlo. Un tentativo di rapina o sequestro, si è detto. Sfortuna. Il caso. Molti cocciuti colleghi di Ilaria per anni hanno indagato, tornando sul luogo dell’omicidio, ripercorrendo gli eventi che hanno portato Ilaria e Miran sulla strada che collega Garowe a Bosaso, la strada della cooperazione italiana, costruita con i fondi del Fai fra il 1987 e il 1989 su cui Ilaria aveva deciso di investigare: 1400 miliardi di investimento, che fine hanno fatto? Si chiedeva nei suoi appunti. Ilaria ha “inciampato” in un affare più grosso di lei.
Francesco Cavalli, giornalista e autore di La strada di Ilaria (leMilieu edizioni, 13 euro), in questi venti anni in Somalia è tornato più e più volte: “là dove i fatti non sono comprovati, ma restano nondimeno ragionevolmente possibili, è lecito tendere dei fili per cercare di colmare i vuoti” scrive Pietro Veronese nella premessa al libro. “Fili narrativi che tessono una trama di romanzo (…). La sua matassa, però, è costituita di fatti e non di fantasie. Questo costituisce forse il punto più vicino alla verità sulla fine di Ilaria e Mirian che riusciremo mai a raggiungere”.

Ma chi era, Ilaria Alpi? Negli pochi anni in cui è riuscita, con competenza e rigore, a professare il giornalismo, anche chi tra i colleghi non l’ha conosciuta di persona ne ha seguito i servizi con rispetto, cosciente della preparazione di questa giovane arabista che dopo un concorso vinto in Rai si era gettata a capofitto nel mestiere di inviato. Ilaria e Mirian erano in Somalia per documentare il ritiro delle truppe italiane dopo il fallimento della missione multinazionale “Restor Hope”. Ma volevano spingersi oltre: Ilaria aveva scoperto un traffico illecito di rifiuti tossici, oltre che di armi, dall’Italia alla Somalia, sapeva di una nave sequestrata dal sultano di Bosaso, parte della flotta donata da Bettino Craxi all’ex dittatore Siad Barre. Ilaria viene minacciata, ma va avanti nelle indagini. Continua a far domande. Si spinge oltre la “linea verde” nonostante lei stessa avesse scritto tra i suoi appunti: “nessuno senza un motivo particolarmente valido passa da una zona all’altra; qualunque spostamento deve essere accuratamente organizzato”. Forse ha un appuntamento, qualcuno le tende una trappola. Dopo poche ore, un commando di uomini armati assalta la Land Rover del TG3.

Francesco Cavalli, hai conosciuto Ilaria di persona?
“Non da viva. L’ho conosciuta attraverso i racconti di Giorgio e Luciana, i genitori. In questi anni ho frequentato la loro casa, la loro sofferenza. Attraverso il loro impegno e la loro costanza nella ricerca di giustizia sulla morte della figlia è emerso quale fosse il temperamento, il carattere di Ilaria. Giorgio è venuto a mancare 3 anni e mezzo fa ma Luciana è ancora lì, con l’elmetto in testa, con la stessa grinta di sempre combatte in trincea per ottenere giustizia”.

Perché, e quando, hai iniziato a ripercorrerne le tracce in Somalia? “Sono stato lì tre volte: due nel 2005 e di nuovo nel 2007. Il progetto di indagare su questo omicidio era stato maturato da tempo assieme ad altri due colleghi giornalisti, quando finalmente le condizioni politiche lo hanno permesso siamo partiti. Ancora oggi la situazione nel Paese è tesa e complicata, l’elezione del governo di transizione con il presidente Abdullahi Yusuf hanno aperto per breve tempo uno spiraglio e permesso l’ingresso nel Paese agli operatori, prima che la Somalia ricadesse nelle lotte intestine. Dai nostri viaggi sono nati, oltre a questo libro, diversi lavori giornalistici, reportage per la tv e la carta stampata”.

Tua convinzione è che la verità sulla morte di Ilaria sia stata sotterrata, come i rifiuti tossici il cui traffico aveva scoperto. Quale pensi possa essere invece l’effetto di risvegliare la memoria di questo caso irrisolto all’attenzione della pubblica opinione? “Dopo tanti anni c’è ancora un procedimento penale aperto presso la Magistratura di Roma, ed è recente la notizia della volontà espressa dall’onorevole Boldrini di desecretare i documenti archiviati dalle commissioni bicamerali d’inchiesta delle ultime tre legislature. È in atto una campagna che sollecita a farlo, e in tempi brevi. Penso si possa ancora fare chiarezza su questo duplice omicidio e sui traffici illeciti che sono oggetto della Commissione.

L’impegno annunciato della presidente della Camera è IL segno di speranza di cui parli in chiusura del libro? “È uno dei segni importanti di questi ultimi mesi, ma va sostenuto anche dal basso”.

Pensi sia possibile far venire a galla la verità, dopo tanti anni? “Cosa “penso” in questo momento deve essere superato da cosa “spero”, mi impegno a mantenermi sulla direzione di speranza. È normale che dopo 20 anni lo sconforto e la demoralizzazione possa prendere il sopravvento ma dobbiamo evitare che questo accada, lo dobbiamo non solo alla memoria di Ilaria e Miran, ma anche all’Italia”.

IL LIBRO Si chiama La strada di Ilaria eppure Ilaria, tra le sue pagine, non è mai presente. La “sua” storia emerge da quella dei luoghi in cui ha trascorso i suoi ultimi giorni e da quella di altre persone compagni di avventura di Cavalli durante i suoi viaggi in Somalia: i bambini Abubakar e Hassan, futuri migranti a Lampedusa, i colleghi Alex e Luciano, la bellissima interprete Mariam protagonista di una segreta storia d’amore con un operaio italiano che durante la costruzione della “strada di Ilaria” si occupa di sotterrare sotto di essa rifiuti tossici, in bidoni scaricati direttamente da navi italiane. Questo libro è la storia di tante verità nascoste, tra mafia, massoni e colpevole assenso dei poteri forti. Questo libro è un piacevole romanzo che colpisce con la sua verità – atti d’inchiesta, taccuini di Ilaria, confessioni – come un pugno nello stomaco. La storia di un segreto che per troppi anni l’Italia si è sforzata di tacere.

LO SPECIALE TV In prima serata su Rai30, giovedì 20 marzo ore 21, andrà in onda La strada della verità, diretta tv condotta da Andrea Vianello. Testimonianze, letture, ricordi della mamma Luciana e di amici, colleghi e artisti che si alterneranno tra memoria e denuncia. Per la prima volta parla Ian Hrovatin, il figlio di Miran che all’epoca dell’assassinio del padre aveva solo 8 anni e l’unico colpevole riconosciuto per il duplice omicidio, il somalo Hashi Omar Hassan, condannato in via definitiva a 26 anni, che mentre sconta la sua pena nel carcere di Padova si definisce “un ostaggio, una persona sequestrata, un capro espiatorio”. Interventi in diretta, tra gli altri, di Dario Fo, Federica Sciarelli, Isabella Ragonese, Roberto Saviano, Enrico Bertolino, Rocco Hunt, Franco Di Mare, Dacia Maraini, Barbara De Rossi, Riccardo Iacona, Domenico Iannacone. #veritàperIlaria

IL PREMIO Francesco Cavalli è anche tra gli ideatori del Premio giornalistico Ilaria Alpi dedicato a servizi e inchieste su temi di impegno civile e sociale, oggi alla ventesima edizione: “L’estate successiva alla morte di Ilaria abbiamo pensato, assieme ad alcuni colleghi e amici, di intitolare un premio alla sua memoria, a Riccione, quando ancora ero ero presidente di Comunità Aperta, che poi ha preso il nome di associazione Ilaria Alpi. La prima edizione si è tenuta nel primo anniversario dell’uccisione”. C’è tempo fino al 31 maggio per presentare servizi e inchieste televisive, la premiazione (5 premi assegnati più due menzioni speciali) si tiene a Riccione dal 4 al 7 settembre 2014.

LA MOSTRA Mi richiama talvolta la tua voce è il titolo della fotografica di Paola Gennari Santori, un racconto di Ilaria Alpi nella sua dimensione più personale: com’era veramente? Cosa le piaceva? Com’è nata la passione per il mondo arabo e per l’Africa? Come svolgeva il suo lavoro? La risposta è in 15 immagini; come sottotitolo, parole e commenti di personalità del mondo della cultura, dello spettacolo e del giornalismo come Giovanna Botteri, Dario Fo, Marcello Fois, Paolo Fresu, Carlo Lucarelli, Dacia Maraini, Margareth Mazzantini, Valeria Parrella. A cura di Ludovico Pratesi, presso il MAXXI Corner D, via Guido Reni 4a – Roma.

Fonte: http://d.repubblica.it
19 marzo 2014

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