Battir, Beit Jala, Cremisan, ansia per la sentenza sul Muro


Rossana Zampini - Nena News


Il 30 luglio l’udienza che deciderà il futuro della Cisgiordania meridionale: un ordine militare del 2006 prevede la requisizione dell’area e la costruzione del Muro di separazione per ”motivi di sicurezza”.


CondividiShare on FacebookTweet about this on TwitterEmail to someoneGoogle+
OLYMPUS DIGITAL CAMERA

La Corte Suprema Israeliana ha fissato per il 30 Luglio la nuova udienza che deciderà il futuro della Cisgiordania Meridionale: un ordine militare del 2006 prevederebbe infatti la requisizione dell’area e la costruzione del muro di separazione, giustificate dalla reiterata formula ”motivi di sicurezza”, dietro la quale sembra celarsi l’idea di occupare la zona per collegare le colonie, illegali secondo gli accordi internazionali, di Gilo, Har Gilo e Givat Hamatos.

La sentenza decreterà la sorte di 58 famiglie, della Valle del Cremisan e del villaggio palestinese di Battir. In questa zona, per gran parte situata in area C, Israele – di cui ha il pieno controllo civile e di sicurezza- ha già confiscato 22 dunam di terre e costruito 22 insediamenti: l’espropriazione di terreno e abitazioni è favorita infatti dalla difficoltà dei palestinesi di provarne la proprietà e ha come obiettivo quello di ostacolare l’espansione delle città.

Battir. Le terre fertili sulle quali fonda la sua economia di scambio con Gerusalemme passano lungo la Green Line, linea di armistizio tra Israele e Cisgiordania a seguito della Guerra dei Sei Giorni, e potrebbero subire un duro colpo se il muro venisse costruito. Ma forse una speranza c’è: le colline terrazzate che la contraddistinguono da oltre 2000 anni sono già state premiate nel 2011 dall’UNESCO per la loro singolare importanza culturale: l’Autorità Nazionale Palestinese potrebbe quindi far pressione affinchè Battir ottenga lo status di Patrimonio Mondiale dell’Umanità, con una richiesta d’urgenza alle Nazioni Unite, e salvare in tal modo la vitalità di un villaggio che persiste da millenni (secondo notizie giunte nelle ultime ore, l’Anp avrebbe presentato una richiesta urgente di riconoscimento di Battir da parte dell’Unesco).

La Valle del Cremisan. Il complesso cristiano nel Cremisan è costituito dal Convento e dal Monastero salesiani e sono ad essi connessi un asilo, una scuola primaria, una scuola per bambini disabili e una struttura per attività educative pomeridiane: lo frequentano, in quanto gratuito, circa 400 bambini bisognosi e di ceto basso. Chiuderlo significherebbe negar loro il diritto all’istruzione.

Un’ altra importante risorsa è la cantina vinicola, una sfida che il Volontariato Internazionale per lo Sviluppo persegue da oltre 100 anni: un progetto economico, per salvaguardare le specie vitigne autoctone e garantire posti di lavoro alla popolazione locale, e politico, per impedire l’ulteriore espropriazione delle terre palestinesi.

Erigere qui il muro, oltre a violare la Convenzione di Ginevra e la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, significherebbe spezzare in due le sue terre, lasciando da un lato il convento e la scuola e dall’altro il monastero e la cantina.

Il muro. Il serpente di cemento e filo spinato si dirama dal 2002 lungo questi luoghi ed essendo l’85% del suo percorso oltre la Green Line, continua a mangiare terreno e rischia di soffocare anche la Cisgiordania Meridionale. E non è tutto. Oltre il muro germogliano insediamenti, con un aumento del 176% dal 4° trimestre del 2012 al 1° trimestre del 2013; tra il Gennaio e il Settembre 2013 inoltre sono state demolite 413 strutture in area C (il 59% della Cisgiordania) e 80 a Gerusalemme Est, con il conseguente spostamento rispettivamente di 615 e 257 persone: 90000 residenti di Gerusalemme Est vivono ad oggi ad est della barriera.

La sentenza. Dall’inizio della controversia, invece di intraprendere un percorso costruttivo di contrasto all’occupazione, come ”soluzione” il Consiglio di Pace e Sicurezza ha indicato percorsi alternativi al tracciato del muro. Il rinvio della sentenza dovrebbe quindi dare il tempo di riflettere sulle vere strategie politiche da attuare nel territorio: non basta mai agire solo sul particolare, ma occorre considerare le cause economiche, sociali, storiche e culturali nel loro insieme per comprendere cosa ha generato il fenomeno e cercare di fare qualcosa perchè sia gestito ed eliminato nella sua interezza. Superare il settorialismo vuol dire contrastare la normalizzazione.

La Society of St. Yves che ha promosso l’azione legale e tutti i vescovi e sacerdoti che l’hanno sostenuta dovrebbero adoperare il loro prestigio, anche all’estero, per far pressione affinchè il muro venga smantellato, e con esso tutto il sistema di blocchi, controlli e checkpoint.

”Verrà un giorno senza confini in cui l’unico passaporto sarà il cuore”. Queste parole, incise all’ingresso della scuola salesiana del Cremisan, esprimono ancora speranza per un futuro in cui non soltanto la Valle, il ”polmone verde” di Betlemme, ma tutta la Cisgiordania potrà tornare a respirare.

Fonte: http://nena-news.it
18 febbraio 2014

CondividiShare on FacebookTweet about this on TwitterEmail to someoneGoogle+

Lascia un commento