Ora che avete visto
Clan Uragano - Riccione 1
La toccante testimonianza di 50 tra ragazzi e capi Scout del Clan Uragano Riccione 1 che hanno trascorso le vacanze di Natale nella missione di Padre Bernardo Coccia in Etiopia.
Dov’è l’Etiopia?
Molti sanno che si trova all’altezza del Corno d’Africa, tra la Somalia, il Kenya e il Sud Sudan, ma fin dal momento della partenza ci siamo resi conto che quella tra noi e loro non è una distanza che si copre solo con il viaggio: dopo quasi una giornata, scesi dal pulmino, sembra di essere approdati non solo in un nuovo continente, ma in un pianeta del tutto differente.
A posteriori, tornati alla nostra vita quotidiana e ad un tempo che ha perso tutta la magia del “vivere alla giornata”, l’esperienza in quelle terre è impossibile da raccontare a pieno: mancherà sempre qualcosa, quell’enorme sorriso di un bambino, quell’odore di polvere ed origano, quel pianto illogico al cielo stellato; mancherà forse il motivo stesso per cui siamo andati fin laggiù: come dice Padre Bernardo “vieni, vedi e poi decidi”.
Tra Shashemene, piccola città a sei ore da Addis Abeba, Kofele, l’ancor più piccolo villaggio che ospita la parrocchia di Padre Bernardo, Godee, Denda, Dodola e gli altri villaggi poco lontani, c’era un intero mondo da vedere ma, soprattutto, da vivere.
Perché è questo quello che Padre Bernardo ha pensato per il nostro gruppo scout di cinquanta persone, tra ragazzi ed adulti: sentire sulla nostra pelle, per qualche attimo, la semplicità di un campo di grano mietuto con il falcetto, percepire l’accoglienza fatta di piccoli gesti, come il lavarti le mani fuori dalle loro capanne, condividere il lavoro fisico o le strane parole di un “Abbaa Keenya” (“Padre Nostro”), da insegnare ai bambini.
Semplicemente cercare di vivere come loro: semplicemente.
Il tempo passava senza un programma che riuscisse a mantenersi coerente per tutta la giornata: per quanto di continuo ci veniva da chiedere “cosa facciamo dopo?” questi ritmi africani, alla fine, sono riusciti a farci breccia.
E poi le persone, e i bambini, con la loro forza nel prenderti la mano (anche se erano molti più di due a volerlo fare): i primi giorni ti viene da pensare “poverini”, paragonarli, magari senza volerlo, con la nostra ricchezza, chiamando la loro “povertà”. Eppure più tempo passi nei loro villaggi, più condividi i loro pasti, che si sottraggono solo perché sei loro ospite, più cerchi di penetrare la loro vita, più capisci che la nostra, in confronto, è una povertà molto più grande: la dignità che vedevano in quegli occhi è stata la vera scoperta, la nuova visione che gi ha regalato l’Etiopia.
Alla fine sei tu, lo spettatore, a sentirti povero.
Le giornate passate ad Addis Abeba, dove abbiamo trascorso i quattro giorni finali, sono state per molti aspetti diverse: molte meno cose da fare, molto più da vedere. Nella capitale le esperienze di missione sono tantissime ma, paradossalmente, è tra i palazzoni di vetro e i grandi grattacieli che si mostra la vera povertà. Quando passi con il pulmino per le moderne strade, tra i cartelloni pubblicitari, non puoi fare a meno di notare quanto stonino i giovani ragazzini mendicanti ai loro margini.
Alla fin fine, solo l’ultimo giorno, ti rendi conto che il viaggio in Africa è un viaggio di contrasti: non solo perché è quella terra a vivere la spaccatura tra una ricchezza povera ed una povertà ricchissima, ma anche perché tutto ciò che ti eri aspettato alla partenza è stato completamente travolto; l’Africa “è diversa”, diversa da come te la immagini, diversa da come la descrivono.
Ecco perché, ora lo abbiamo capito, il vero viaggio comincia con il ritorno: per quanto difficile sia, ora che abbiamo visto non possiamo far finta di non averlo fatto, come ci ha detto Bernardo consegnandoci il suo mandato. La nostra non è stata una semplice visita, una visita che sarebbe stata facile da raccontare. La nostra è diventata una missione: portare l’Africa in Italia.
Abbiamo permesso all’Africa di entrarci nel cuore, di farci innamorare dei suoi paesaggi, della sua terra rossa e, soprattutto, della sua umanità. L’Etiopia non è più sul Corno d’Africa.
L’Etiopia, ora, è dentro di noi.
S.C. C.G. E.P.