Gaza, Israele se ne va all’alba. Operazione conclusa: 109 morti
L'Unità
Hamas esulta, ancora razzi su Ashqelon. L’operazione "inverno caldo" è terminata all’alba, ma la pace a Gaza appare ancora molto lontana. Oltre cento le vittime.
L’inverno caldo, forse, è finito. L’incursione di Israele nei territori palestinesi è in via di conclusione. Dopo aver toccato la cifra di 109 morti, l’esercito israeliano ha finalmente decretato che «l'operazione è in via di conclusione» e fa sapere che «quasi tutte le nostre forze sono già rientrate in Israele». Hamas canta vittoria: «Questo ritiro è il segno del fallimento dei soldati israeliani contro i combattenti delle Brigate di Ezzedine Al-Qassam», ha detto un portavoce del movimento islamico, Sami Abu Zuhri; il premier Ehud Olmert «dovrebbe imparare la lezione». Ma la situazione non sembra essersi definitivamente stabilizzata.
L’ultimo attacco era arrivato nella notte e aveva ucciso altri cinque attivisti palestinesi: gli aerei israeliani si erano concentrati contro un'officina metallurgica, considerata luogo di produzione dei razzi Qassam. All’alba, alcuni testimoni dicono che i carri armati israeliani hanno iniziato a ritirarsi dal campo profughi di Jabaliya, a nord della città di Gaza. Fonti militari a Tel Aviv hanno detto che il ritiro dei soldati è dovuto al fatto che la operazione si era «esaurita», ossia che la Brigata Ghivati aveva ormai terminato le perlustrazioni nella zona prescelta. Resta comunque aperta la possibilità, come riferisce la stampa locale, che nel prossimo futuro l'esercito israeliano lanci all'interno di Gaza operazioni analoghe.
«Entro breve tempo – ha dichiarato il presidente della Commissione parlamentare per gli affari esteri e la difesa, Zahi Hanegbi – il governo prenderà la decisione che Zahal (acronimo delle forze armate) vada in guerra per abbattere il regime terroristico di Hamas, e per assumere il controllo sull'Asse Filadelfi (il confine fra Gaza e l'Egitto) e sul nord della Striscia di Gaza». «Non c'è alternativa» ha proseguito Hanegbi. Un conflitto del genere, ha precisato, deve essere preparato minuziosamente, anche per quanto riguarda il richiamo di riservisti. «Tanto prima agiremo, tanto meglio», ha concluso.
Domenica era arrivato lo stop anche da Washington all'invasione di gaza da parte dell'esercito israeliano. «La violenza deve cessare e i negoziati devono riprendere», ha dichiarato alla fine il portavoce della Casa Bianca, Gordon Johndroe, preoccupato per lo stop ai negoziati di pace tra Abu Mazen e Ehud Olmert imbastiti a Annapolis sotto l'egida dell'amministrazione Bush.
Gli attacchi israeliani contro la Striscia di Gaza che in 48 ore hanno causato oltre 100 morti e centinaia di feriti, in maggioranza civili, non sono certo un aiuto alla pace. I negoziati tra il presidente Abu Mazen e Tel Aviv sono «morti sotto le macerie», per usare l'espressione del capo negoziatore palestinese Saab Erekat. E Israele è più sola. L'Onu ha infine condannato il «suo sproporzionato uso della forza» – parole del segretario generale Ban Ki Moon al termine di una riunione straordinaria nella notte del Consiglio di Sicurezza – la Ue e la comunità internazionale prendono le distanze, unitamente alla continuazione dei lanci di qassam nel Neghev.
I lanci di razzi Qassam contro Sderot e le altre cittadine israeliane del deserto del Neghev continuano in ogni caso e anche lunedì mattina sette razzi hanno raggiunto Ashqelon. In più Hamas e Fatah si stanno riavvicinando. È l'attacco, la strage di civili e bambini, che sta riportando la pace tra le due fazioni contrapposte del popolo palestinese. Il presidente Abu Mazen, con un gesto che negli ochi dei palestinesi ricorda molto il defunto Yasser Arafat, ha donato il sangue per i feriti di Gaza: un gesto di forte natura simbolica.
E il portavoce di Hamas, Taher al-Nunu ha dichiarato che ora, di fronte a questa carneficina e alle manifestazioni di solidarietà scoppiate spontanee anche in Cisgiordania, è indispensabile «formare di un governo di unità nazionale di emergenza per porre fine alle divisioni tra Gaza e la Cisgiordania» Finora tutti gli appelli di Hamas erano caduti nel vuoto, dopo il sanguinoso colpo di mano con cui lo scorso giugno l'organizzazione estromise Fatah, il partito di Abu Mazen, e assunse il controllo dalla Striscia di Gaza.
Tra i morti dell'attacco – compiuto con cannoneggiamenti della città palestinese di Jebalya, con raid di caccia e bombardamenti a Beit Hanoun sabato e rastrellamenti con carri armati e truppe di terra che hanno catturato anche numerosi prigionieri a Erez, domenica- ci sono molti bambini. Due finora i soldati israeliani uccisi dal fuoco dei miliziani palestinesi, sabato. Mentre si registra un palestinese ucciso a Hebron in Cisgiordania durante le manifestazioni di protesta domenicali. Si chiamava Mahmoud Musalameh, e aveva appena 14 anni.
Karen Abu Zayd, Commissario generale dell'Unrwa, l'Agenzia dell'Onu per i rifugiati palestinesi ha detto di essere «disgustato dalle violenze che hanno colpito Gaza, dove il bilancio delle vittime civili, soprattutto dei bambini, non cessa di crescere ad ogni ora». Drammatica la situazione degli ospedali della Striscia di Gaza intasati dai feriti e a corto di medicinali e di sangue.
Domenica il presidente israeliano Shimon Peres intervenendo all' apertura di una campagna per la raccolta di fondi a favore di bambini disabili, a proposito delle operazioni militari israeliane in corso nel nord della striscia di Gaza, aveva detto: «Israele non odia i palestinesi e non intende colpire la popolazione innocente, ma gli abitanti di Gaza, con Hamas in testa, devono capire che la migliore protezione per i loro figli è la fine assoluta del fuoco di razzi su Israele».
Fonte: www.unita.it
pubblicato il 3 marzo 2008