30 x 30: Art. 8 “Diritto alla giustizia”
La redazione
Oggi, lunedì 17 novembre 2008, leggiamo insieme l’ottavo articolo della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani. Segue il commento del prof. Antonio Papisca.
della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani
Art. 8
“Diritto alla giustizia”
La Tavola della pace rinnova l’appello ai direttori dei TG della RAI:
bastano pochi secondi al giorno nei TG
Oggi, lunedì 17 novembre 2008, leggiamo insieme l’ottavo articolo della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani.
Articolo 8 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani
“Ogni individuo ha diritto ad un’effettiva possibilità di ricorso a competenti tribunali contro atti che violino i diritti fondamentali a lui riconosciuti dalla costituzione o dalla legge”.
Segue il commento del prof. Antonio Papisca.
“Tutti devono essere in grado di adire un tribunale ‘competente’, certamente non per il gusto di intasare i palazzi di giustizia con dibattimenti e camere di consiglio fini a se stessi. L’obiettivo è di ottenere giustizia, a cominciare dall’accertamento imparziale dei fatti per arrivare alla riparazione e all’eventuale condanna.
La possibilità di ricorso deve essere effettiva per tutti. Questo significa che anche chi è analfabeta o povero o straniero deve essere messo nella reale condizione di avvalersi degli strumenti di garanzia dei suoi diritti. Il cosiddetto patrocinio gratuito o la presenza di un interprete nei casi in cui parte processuale sia uno straniero configurano altrettante possibilità concrete.
La carenza di cultura, se non proprio l’analfabetismo, e la povertà non devono costituire cause ostative per l’applicazione dell’articolo in questione. Se così fosse, ci sarebbe diniego di diritti fondamentali.
“Tribunali competenti”: quando fu proclamata la Dichiarazione universale, tali erano soltanto i tribunali interni ai vari stati, i quali erano tenuti ad applicare quanto disposto dalle rispettive costituzioni e leggi nazionali. Oggi, la possibilità di ricorso ha uno spazio molto più ampio, va al di là della giurisdizione domestica. Abbiamo infatti, almeno in alcune ‘regioni’ del mondo, tribunali internazionali competenti proprio nella materia che qui interessa: la Corte europea dei diritti umani, la Corte interamericana dei diritti umani, la Corte africana dei diritti dell’uomo e dei popoli. Un volta esaurita la via giudiziaria ‘interna’ (in Italia, i tre gradi di giudizio: primo grado, appello, cassazione) è possibile per la singola persona adire direttamente queste magistrature sopranazionali, citando così sul banco degli accusati addirittura gli Stati. Ci si può rivolgere anche ai Tribunali speciali riguardanti i crimini perpetrati nella ex Jugoslavia e nel Rwanda, la Corte penale internazionale, la stessa Corte di giustizia dell’Unione Europa (che si interessa anche di diritti fondamentali). Occorre sottolineare che in virtù dello sviluppo organico del Diritto internazionale dei diritti umani, i tribunali nazionali, a cominciare dalle Corti costituzionali, devono applicare direttamente anche norme e principi di tale Diritto riconoscendo la primazìa sul diritto interno.
L’espressione “tribunali competenti” in sede internazionale deve essere intesa in modo più ampio, tale cioè da comprendere anche quegli organismi sopranazionali che svolgono funzioni di garanzia quasi-giudiziaria, in risposta a ‘ricorsi individuali’: tali sono i Comitati delle Nazioni Unite preposti a varie Convenzioni giuridiche (in materia di diritti civili e politici, tortura, discriminazione razziale, diritti dei bambini, discriminazioni contro le donne, diritti dei valoratori migranti, diritti delle persone con disabilità).
E’ importante segnalare che la tutela dei diritti umani può essere, oggi, perseguita anche per via extra-giudiziaria, per esempio ricorrendo al Difensore Civico, al Tutore Pubblico dei Minori, alla Commissioni Nazionali per i Diritti Umani (ove esistenti). L’Italia ha Difensori civici a livello comunale, provinciale e regionale, ma non anche a livello nazionale. A questo livello, non ha neppure la Commissione Nazionale, come raccomandato con insistenza dalle Nazioni Unite e dal Consiglio d’Europa. L’Italia è uno dei tre paesi, fra i quarantasette membri del Consiglio d’Europa, che non è dotato di “competenti Istituzioni Nazionali per i Diritti Umani”. Tra i motivi: sospetti e resistenze nel mondo politico (si temono ‘contraltari’), sacche di ottusità e formalismo giuridico in altre sedi (che bisogno c’è, dicono, di Difensore civico se abbiamo degli ottimi Tar?). Non hanno capito niente. Tra gli altri Paesi, la Svezia si tiene ben caro il suo Ombudsman (di antica istituzione). In Spagna, il Difensore Civico si chiama ‘Defensor del Pueblo’ ed ha status di organo costituzionale.
Importante annotazione: ai Tribunali si ricorre quanto la presunta violazione dei diritti è avvenuta e si pagano profumatamente le spese processuali. Il Difensore Civico agisce in via preventiva e non costa nulla.
Antonio Papisca
Cattedra UNESCO “Diritti umani, democrazia e pace” presso il Centro interdipartimentale sui diritti della persona e dei popoli dell’Università di Padova (antonino.papisca@unipd.it).
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Perugia, 17 novembre 2008
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